Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25117 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25117 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/04/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
lette le conclusioni del PG in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso adottando i provvedimenti di cui all’art. 616 cod. proc.
sul ricorso proposto da: COGNOME COGNOME nato a MILANO il 14/08/1978 avverso l’ordinanza del 04/02/2025 del GIP TRIBUNALE di Milano udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME pen.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 4 febbraio 2025 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza con la quale NOME COGNOME ha chiesto la sospensione dell’esecuzione della pena detentiva ai sensi dell’art. 656, comma 5,cod. proc. pen.
COGNOME Ł stato condannato con sentenza n. 1840/2024 (irrevocabile il 16 ottobre 2024) del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano alla pena di sei anni e otto mesi di reclusione.
Al momento della pronuncia della sentenza si trovava in custodia cautelare per quel titolo e in esecuzione della pena definitiva di cinque anni e quattro mesi di reclusione inflitta con sentenza n. 173/2021 del Tribunale di Monza, con scadenza pena al 26 settembre 2026.
Per effetto della sentenza del Giudice per le indagini preliminari milanese, i reati giudicati con le sentenze sono stati ritenuti in continuazione e la pena finale Ł stata rideterminata, previa quantificazione di quella per il reato giudicato dal Tribunale di Monza in mesi due di reclusione.
Il 19 dicembre 2024 Ł stato emesso il provvedimento di esecuzione con fine pena determinato al 1° maggio 2027.
Avverso il provvedimento propone ricorso per cassazione NOME COGNOME per violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all’art. 656, commi 5 e 10 cod. proc. pen.
Afferma che, al momento in cui Ł stato emesso il provvedimento di esecuzione delle pene concorrenti era in posizione giuridica ‘mista’, ossia detenuto per l’ordine di esecuzione della Procura di Monza in conseguenza di sentenza definitiva di condanna e agli arresti domiciliari per l’altro procedimento definito dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano.
Ancora prima che venisse emesso il provvedimento di esecuzione di pene concorrenti, in seguito al ridimensionamento della pena inflitta dal Tribunale di Monza per il reato divenuto satellite,il ricorrente aveva chiesto la scarcerazione.
In sostanza, al momento del passaggio in giudicato della sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano avrebbe dovuto essere disposta la scarcerazione del condannato per il titolo definitivo e ciò a seguito della riduzione della pena per effetto della riconosciuta
continuazione.
Diversamente da quanto sostenuto nel precedente richiamato dal giudice dell’esecuzione, nel caso di specie, si Ł verificata una modificazione dell’entità della pena in sede di cognizione, con la conseguenza che avrebbe dovuto essere disposta la scarcerazione del condannato che, pertanto, si sarebbe trovato ristretto solo agli arresti domiciliari per il procedimento milanese e sarebbe stato destinatario di un ordine di esecuzione sospeso con prosecuzione degli arresti domiciliari esecutivi in attesa della decisione del Tribunale di sorveglianza.
3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non Ł meritevole di accoglimento.
Secondo il ricorrente, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Monza avrebbe dovuto provvedere, al momento del passaggio in giudicato della sentenza del giudice milanese, alla scarcerazione, essendo stata scontata la pena inflitta dal Tribunale di Monza, operando il successivo ricalcolo della pena, previa detrazione di presofferto e fungibilità.
Pertanto, avrebbe dovuto essere emesso un ordine di esecuzione con contestuale decreto di sospensione e prosecuzione in regime di arresti domiciliari (misura applicata per il reato oggetto del procedimento deciso dal Giudice per le indagini preliminari), tenuto conto del residuo della pena da espiare, con contestuale scarcerazione sull’ordine di esecuzione relativo alla sentenza del Tribunale di Monza, a causa della totale espiazione della pena ad essa relativa.
Il giudice dell’esecuzione ha rigettato l’istanza sulla base del principio per cui «la rideterminazione della pena in sede esecutiva entro i limiti di cui all’art. 656, comma 5, cod. proc. pen., a seguito del riconoscimento della continuazione in un momento successivo all’inizio dell’esecuzione, non determina l’annullamento dell’ordine di esecuzione e non legittima la ripetizione della fase di sospensione antecedente alla sua emissione» (Sez. 1, n. 10275 del 26/11/2021, dep. 2022, Nonaj, Rv. 282788 – 01).
Si tratta di principio di diritto richiamato in termini pertinenti nel provvedimento impugnato.
In particolare, nella motivazione del citato arresto, si Ł evidenziato come «deve ritenersi (…) la non suscettibilità (…) del provvedimento applicativo della continuazione fra reati a determinare ex post la caducazione o, comunque, la declaratoria di inefficacia dell’ordine di esecuzione legittimamente emesso: rispetto al momento dell’emissione dell’ordine, e non rispetto alla situazione sopravvenuta in virtø della rideterminazione della pena, occorreva e occorre, quindi, verificare la sussistenza o meno delle condizioni legittimanti il procedimento sospensivo di cui all’art. 656 cod. proc. pen.»
Si tratta di orientamento che si colloca in termini di stretta coerenza con quello ulteriore in base al quale «l’annullamento dell’ordine di carcerazione da parte del giudice dell’esecuzione non può trovare giustificazione nella circostanza che la pena – rideterminata a seguito della ritenuta continuazione a norma dell’art. 671 cod. proc. pen. – sia stata ridotta nei limiti previsti dall’art. 656, comma 5, cod. proc. pen.: invero, la rideterminazione della pena comporta soltanto l’obbligo di comunicazione all’istituto di detenzione della nuova data di scadenza della pena, ma non può avere come conseguenza l’annullamento di un ordine di carcerazione legittimamente emesso, la sospensione della cui esecuzione può avvenire esclusivamente – ricorrendone i presupposti – a seguito dell’istanza delle misure alternative alla detenzione» (Sez. 1, n. 39752 del 21/07/2017, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 6359 del 31/01/2006, COGNOME, Rv. 233441 – 01; Sez. 1, n. 2349 del 30/03/2000. Esposito, Rv. 216086 – 01).
In definitiva, essendo l’esecuzione della pena già iniziata ed essendo stata spostata la sola data finale di scadenza della stessa, non vi Ł alcuna possibilità di regressione al fine di attivare il
procedimento di cui all’art. 656, comma 5, cod. proc. pen. per effetto del riconoscimento della continuazione (anche in sede di cognizione) che riguardi anche il reato per il quale quella esecuzione era in corso.
Alle considerazioni che precedono, va aggiunto il riferimento ad altro principio di diritto che deve trovare applicazione nella fattispecie.
Va, infatti, ribadito che «il riconoscimento della continuazione tra piø reati in sede esecutiva, con la conseguente determinazione di una pena complessiva inferiore a quella risultante dal cumulo materiale, non comporta che la differenza così formatasi sia automaticamente imputata alla detenzione da eseguire, operando anche in detta eventualità il disposto dell’art. 657, comma quarto, cod. proc. pen., per cui a tal fine vanno computate solo custodia cautelare sofferta e pene espiate “sine titulo” dopo la commissione del reato, e dovendosi conseguentemente scindere il reato continuato nelle singole violazioni che lo compongono» (Sez. 1, n. 25186 del 17/02/2009, COGNOME, Rv. 243809 – 01 Sez. 1, n. 45259 del 27/09/2013, COGNOME, Rv. 257618 – 01; Sez. 1, n. 17531 del 22/02/2023, COGNOME, Rv. 284435 – 01).
Nel caso di specie, il ricorrente ha invocato il computo, ai fini della determinazione della pena concretamente eseguibile per effetto della sentenza che ha radicato la competenza del giudice dell’esecuzione, della fungibilità e del presofferto, omettendo di precisare, in concreto la ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 657, comma 4, cod. proc. pen. ai quali non Ł possibile derogare nel caso in cui la rideterminazione della pena per effetto dell’applicazione della continuazione avvenga da parte del giudice della cognizione.
Alla luce di quanto sin qui esposto, discende il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 15/04/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME