Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 15510 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 15510 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a NAPOLI il 28/07/1981
avverso l’ordinanza del 12/11/2024 del GIP TRIBUNALE di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il G.U.P. del Tribunale di Napoli dichiarava inammissibile l’istanza proposta nell’interesse di NOME COGNOME per ottenere, ai sensi dell’art. 130 cod. proc. pen., la correzione dell’errore materiale contenuto nel dispositivo della sentenza di condanna emessa in data 26 giugno 2024, nei suoi confronti, dal medesimo Giudice, laddove veniva indicata la pena detentiva di 9 anni di reclusione anziché di 6 anni di reclusione, come risultava pacificamente dalla motivazione.
A ragione della decisione, il Giudice di merito osservava che trattavasi di questione deducibile con i motivi di appello, attesa l’impossibilità di modificare il dispositivo letto e pubblicato in udienza.
Propone ricorso per cassazione l’interessato, per il tramite del difensore, deducendo, quale unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 130 cod. proc. pen.
Si contesta in ricorso la mancata applicazione della procedura prevista dall’art. 130 cod. proc. pen. in un caso, come quello di specie, di contrasto tra dispositivo e motivazione meramente apparente, posto che dalla motivazione era possibile con chiarezza ricostruire la reale volontà del giudicante: in particolare, quella di applicare alla pena di 9 anni di reclusione la riduzione di un terzo per il rito abbreviato onde pervenire alla pena finale di 6 anni di reclusione.
Il Procuratore generale di questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.
L’avv. NOME COGNOME nell’interesse del ricorrente, ha fatto pervenire memoria difensiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
Occorre assicurare continuità all’orientamento di legittimità, secondo cui l’eventuale contrasto tra dispositivo letto in udienza e motivazione – laddove il dispositivo GLYPH acquista GLYPH rilevanza GLYPH esterna GLYPH prima GLYPH della GLYPH motivazione GLYPH ed indipendentemente da essa – non dedotto nella fase di cognizione, non può essere rilevato nella fase esecutiva con la richiesta di correzione dell’errore materiale (Sez. 1, n. 20877 del 21/03/2023, COGNOME, Rv. 284503 – 01; Sez. 1, n. 43048 del 25/09/2012, Dicanosa, Rv. 253630 – 01; Sez. 5, n. 4973 del 18/10/1999, dep. 2000, COGNOME, Rv. 215769 – 01).
Il principio va inteso nel senso che la difformità deve essere oggetto di specifica deduzione nel corso del procedimento fino al momento in cui la sentenza
della quale si eccepisce il vizio relativo alla difformità tra dispositivo e motivazione non sia passata in giudicato.
In senso coerente all’orientamento citato, si segnala anche il principio affermato da Sez. 6, n. 2306 del 15/10/2013, dep. 2014, Settimo, Rv. 258141
secondo cui «l’eventuale errore verificatosi nel calcolo della pena conseguente all’esclusione in appello di una circostanza aggravante ad effetto speciale, non
dedotto nella fase di cognizione, non può essere rilevato nella fase esecutiva con la richiesta di errore materiale».
Nella fase esecutiva, la richiesta di correzione dell’errore materiale relativa al contrasto tra dispositivo e motivazione, secondo l’opzione interpretativa alla
quale si presta adesione, e che trova conforto normativo anche nell’art. 619, comma 2, cod. proc. pen., non può essere fatta valere: ciò in ragione del fatto che
il vizio dedotto non sempre comporta una mera constatazione, potendo, invece, implicare un’attività valutativa non suscettibile di essere compiuta in sede
esecutiva.
La giurisprudenza richiamata dal ricorrente (Sez. 2, n. 35424 del
13/07/2022, COGNOME, Rv. 283516 – 01; Sez. 2, n. 3186 del 28/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258533 – 01) non si attaglia al caso di specie, perché riguarda la differente situazione di contrasto tra la motivazione e il dispositivo redatto in calce alla sentenza-documento.
In conclusione, il ricorso va rigettato, dal che consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2025
Il Consigliere estensore