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Errore materiale sentenza: no multa se ricorso rigettato

La Corte di Cassazione ha corretto un’ordinanza per un errore materiale in sentenza. Un ricorrente era stato condannato al pagamento di una somma alla Cassa delle Ammende, nonostante il suo ricorso fosse stato rigettato e non dichiarato inammissibile. La Corte ha stabilito che tale condanna, obbligatoria solo in caso di inammissibilità, costituiva un errore materiale e l’ha eliminata dal dispositivo, poiché una condanna facoltativa in caso di rigetto avrebbe richiesto una motivazione specifica, assente nel provvedimento originale.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Errore materiale sentenza: quando la condanna alla Cassa Ammende è illegittima

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale della procedura penale: la differenza tra rigetto e inammissibilità del ricorso e le sue conseguenze economiche per il ricorrente. Il caso analizzato riguarda un errore materiale in sentenza che ha portato all’illegittima condanna al pagamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende. Vediamo come la Suprema Corte ha risolto la questione, riaffermando un principio di garanzia procedurale.

I fatti del caso

Un cittadino, tramite il suo difensore, presentava un’istanza alla Corte di Cassazione per la correzione di un errore materiale contenuto in una sentenza emessa precedentemente. Nello specifico, il dispositivo della sentenza lo condannava al pagamento di 3.000 euro alla Cassa delle Ammende.

Tuttavia, l’istante faceva notare che il suo ricorso era stato rigettato nel merito e non dichiarato inammissibile. Questa distinzione è cruciale: la legge prevede la condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria come conseguenza automatica e obbligatoria solo in caso di inammissibilità del ricorso. In caso di rigetto, tale condanna è solo facoltativa e deve essere specificamente motivata dal giudice. Poiché la motivazione della sentenza originale non faceva alcun cenno a tale sanzione, l’istante ne chiedeva la cancellazione.

Analisi della Corte e la correzione dell’errore materiale in sentenza

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente la richiesta, riconoscendo la presenza di un palese errore materiale in sentenza. I giudici hanno osservato che la condanna alla sanzione pecuniaria appariva unicamente nel dispositivo, mentre era del tutto assente sia nella motivazione della sentenza sia nel dispositivo del ruolo d’udienza, che riportava solo la condanna al pagamento delle spese processuali.

La Suprema Corte ha ribadito che, secondo l’articolo 616 del codice di procedura penale, la condanna obbligatoria alla Cassa delle Ammende si applica solo in caso di inammissibilità. Per il rigetto, invece, la condanna è discrezionale e, come tale, richiede una motivazione specifica che spieghi le ragioni della sua applicazione. L’assenza di tale motivazione rendeva la statuizione illegittima.

La procedura di correzione “de plano”

Di conseguenza, la Corte ha attivato la procedura di correzione degli errori materiali prevista dall’articolo 130 del codice di procedura penale. Questo strumento permette di emendare la sentenza senza intaccare il contenuto intrinseco della decisione, ma intervenendo su aspetti accessori e consequenziali. Trattandosi di un errore evidente che non richiedeva alcuna valutazione discrezionale, la Corte ha provveduto “de plano”, ossia con una procedura semplificata, senza la necessità di un’udienza formale.

Le motivazioni

La decisione della Corte si fonda su principi chiari. In primo luogo, la statuizione finale del precedente giudizio era di rigetto e non di inammissibilità, un presupposto che esclude l’applicazione automatica della sanzione pecuniaria. In secondo luogo, la condanna era presente solo nel dispositivo finale, in contrasto con la motivazione e gli altri atti del procedimento. Questo scollamento tra motivazione e dispositivo ha confermato la natura di mero errore materiale. Infine, la Corte ha sottolineato che una sanzione discrezionale, come quella prevista in caso di rigetto, non può mai essere implicita, ma deve essere supportata da un’adeguata giustificazione, qui totalmente mancante.

Le conclusioni

La Corte ha quindi disposto la correzione della sentenza precedente, ordinando l’eliminazione delle parole: “e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende”. Questa pronuncia riafferma un importante principio di legalità e garanzia: le sanzioni pecuniarie, soprattutto quelle discrezionali, devono essere applicate con rigore e sempre supportate da una motivazione esplicita. Un semplice errore di battitura o una svista nella redazione del dispositivo non può tradursi in un onere economico ingiusto per il cittadino. La possibilità di ricorrere alla procedura di correzione si rivela, quindi, uno strumento essenziale per ristabilire la correttezza formale e sostanziale delle decisioni giudiziarie.

Qual è la differenza tra rigetto e inammissibilità del ricorso riguardo la condanna alla Cassa delle Ammende?
In caso di inammissibilità del ricorso, la condanna al pagamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende è obbligatoria per legge (art. 616 c.p.p.). In caso di rigetto, invece, tale condanna è facoltativa e discrezionale, e il giudice deve fornire una specifica motivazione per applicarla.

Cosa si intende per errore materiale correggibile?
Si tratta di un’inesattezza o svista nel testo di una sentenza che non riguarda la sostanza della decisione, ma solo la sua formulazione. In questo caso, l’errore consisteva nell’aver inserito nel dispositivo una condanna pecuniaria non prevista nella motivazione e non applicabile automaticamente al caso di specie (rigetto del ricorso).

Come ha proceduto la Corte per correggere l’errore?
La Corte ha utilizzato la procedura di correzione degli errori materiali (art. 130 c.p.p.) “de plano”, cioè in modo semplificato e senza un’udienza formale. Ha disposto l’eliminazione, dal dispositivo della sentenza originale, della parte che imponeva il pagamento della somma di tremila euro alla Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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