Errore materiale sentenza: Quando la Cassazione corregge se stessa
Nel complesso mondo del diritto, la precisione è fondamentale. Ogni parola, ogni numero in un atto giudiziario ha un peso specifico. Ma cosa succede quando, per una semplice svista, una sentenza riporta un dato errato? La legge prevede uno strumento apposito: la correzione dell’errore materiale sentenza. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come funziona questo meccanismo, dimostrando che anche il più alto grado di giudizio può incorrere in un lapsus e, soprattutto, sa come porvi rimedio.
I fatti del caso: un numero sbagliato
La vicenda ha origine da un ricorso presentato dal Procuratore Generale presso la Corte di Appello avverso una sentenza di condanna emessa dal Tribunale. La Sesta Sezione penale della Corte di Cassazione aveva accolto tale ricorso. Nel redigere la parte dispositiva della propria decisione, tuttavia, la Corte aveva commesso un errore: aveva indicato la pena rideterminata in ‘dieci mesi’ di reclusione.
Il problema era evidente. La sentenza di secondo grado, oggetto del ricorso del Procuratore, prevedeva già una pena di un anno. L’accoglimento del ricorso proposto dalla pubblica accusa non poteva che comportare un aumento della pena, non una sua diminuzione. La corretta quantificazione della sanzione, in base alla decisione dei giudici, doveva essere di ‘un anno e un mese’ di reclusione.
Il meccanismo di correzione dell’errore materiale sentenza
Di fronte a questa palese incongruenza, è stata attivata la procedura di correzione dell’errore materiale sentenza, disciplinata dall’articolo 130 del codice di procedura penale. Questo istituto permette di emendare quegli errori che non incidono sulla sostanza della decisione e sul percorso logico-giuridico seguito dai giudici, ma che riguardano la mera rappresentazione materiale della loro volontà.
Il Procuratore Generale presso la stessa Corte di Cassazione ha quindi richiesto di procedere alla correzione, evidenziando come l’indicazione di una pena inferiore fosse in netto contrasto con l’esito del giudizio, che aveva dato ragione all’accusa. Non si trattava di rimettere in discussione il verdetto, ma solo di allineare il testo scritto alla decisione effettivamente presa.
La decisione della Corte di Cassazione
La Corte, riconosciuta la sussistenza dell’errore, ha emesso un’apposita ordinanza per correggerlo.
Le motivazioni
I giudici hanno spiegato che l’errore era di natura puramente materiale. L’accoglimento del ricorso del Procuratore Generale comportava ‘di necessità’ una correzione in aumento della pena, non una sua diminuzione. Pertanto, l’indicazione di ‘dieci mesi’ anziché ‘un anno e un mese’ era una svista nella redazione del dispositivo, un errore di trascrizione che non rispecchiava la volontà decisoria del collegio. L’ordinanza ha quindi disposto la modifica del dispositivo della precedente sentenza, specificando che la pena corretta è di un anno e un mese di reclusione.
Le conclusioni
Questo caso ci insegna un principio fondamentale della giustizia: la ricerca non solo della correttezza sostanziale, ma anche di quella formale. La procedura di correzione dell’errore materiale sentenza è uno strumento di garanzia che assicura la coerenza e la chiarezza degli atti giudiziari. Dimostra che il sistema è in grado di riconoscere e rimediare ai propri sbagli, anche a quelli puramente formali, per garantire che il testo di una decisione rifletta sempre, senza ambiguità, la volontà del giudice e l’esatta applicazione della legge.
Cosa si intende per errore materiale in una sentenza?
Si tratta di una svista puramente formale, come un errore di calcolo o di trascrizione, che non influisce sul ragionamento giuridico che ha portato alla decisione. Nel caso specifico, è consistito nell’indicare una pena di ‘dieci mesi’ invece della corretta misura di ‘un anno e un mese’.
Come si rimedia a un errore materiale?
Attraverso una specifica procedura di correzione, prevista dall’art. 130 del codice di procedura penale. Il giudice, d’ufficio o su richiesta di parte, emette un’ordinanza che rettifica il testo della sentenza, senza modificarne la sostanza decisionale.
Perché la pena di ‘dieci mesi’ era chiaramente un errore?
Perché la Corte di Cassazione aveva accolto il ricorso del Procuratore Generale, che mirava a un inasprimento della pena rispetto a quella di un anno inflitta in secondo grado. Una diminuzione della pena a dieci mesi sarebbe stata in totale contraddizione con l’esito del ricorso stesso, configurandosi quindi come un palese errore materiale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 46228 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 6 Num. 46228 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
ORDINANZA
nella procedura di correzione di errore materiale nel proc. n. 7923/2024, ricorrente il Procuratore Generale avverso la sentenza n. 3451/23 del Tribunale di Bergamo nel proc. nei confronti di COGNOME COGNOME n. Oslo Sotto (Bg) 14/05/1977
udita la relazione del consigliere NOME COGNOME letta la nota del pubblico ministero in persona del Procuratore Generale NOME
Senatore, che ha chiesto di procedere alla correzione
rilevato
che con la sentenza del 20/06/2024 nel proc. iscritto al n. 7923/2024 R.G. N.R. la Sesta Sezione penale ha accolto il ricorso del Procuratore Generale presso la Corte di appello di Brescia proposto avverso la sentenza del Tribunale
di Bergamo n. 3451/23 resa in data 21/12/2023 nei confronti dell’imputato COGNOME COGNOME
che nel redigere il dispositivo delle decisione, si è verificato l’errore materiale di indicare la pena rideterminata ex art. 620, comma1, lett. I) cod. proc. pen. in misura di dieci mesi anziché correttamente di un anno e un mese di reclusione;
che in secondo grado l’imputato era stato condannato alla pena di un anno di reclusione e l’accoglimento del ricorso del Procuratore Generale distrettuale comportava di necessità la correzione in aumento e non in diminuzione del trattamento sanzionatorio;
visto l’art. 130 cod. proc. pen.
P. Q. M.
Dispone la correzione dell’errore materiale contenuto nel dispositivo della sentenza della Sesta Sezione penale emessa il 20/06/2024 nel procedimento n. 7923/2024 relativo al ricorso del Procuratore Generale avverso la sentenza n. 3451/2023 del Tribunale di Bergamo nei confronti di COGNOME COGNOME nel senso che la pena deve essere indicata nella misura di un anno e un mese di reclusione.
Così deciso, 29 ottobre 2024
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