Errore materiale: quando una svista non annulla la sentenza
Nel complesso mondo del diritto processuale, la forma è spesso sostanza. Tuttavia, non ogni imprecisione in un atto giudiziario ne determina automaticamente l’invalidità. La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ribadisce un principio fondamentale: la distinzione tra un vizio procedurale invalidante e un semplice errore materiale. Quest’ultimo, se non incide sulla comprensibilità e sulla logica della decisione, non è sufficiente a far crollare l’intero impianto accusatorio. Analizziamo come gli Ermellini siano giunti a questa conclusione.
Il caso: un ricorso per vizi formali
Un imputato presentava ricorso in Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello, lamentando una serie di imprecisioni formali. Nello specifico, il ricorrente evidenziava l’erronea indicazione del capo d’imputazione, del dispositivo della sentenza di primo grado e persino della data della stessa sentenza d’appello impugnata. Secondo la difesa, queste inesattezze avrebbero dovuto condurre alla dichiarazione di nullità del provvedimento, in quanto violavano norme processuali fondamentali.
La valutazione dell’errore materiale da parte della Cassazione
La Suprema Corte ha respinto la tesi del ricorrente, qualificando gli errori segnalati come meri errori materiali. Il fulcro del ragionamento dei giudici risiede in un’analisi sostanziale anziché puramente formalistica. La Corte ha verificato se, al di là delle sviste, il provvedimento fosse chiaro, comprensibile e logicamente ancorato ai fatti del processo.
L’ordinanza afferma che, sebbene gli errori fossero presenti e “rilevanti”, essi non inficiavano in alcun modo il provvedimento impugnato. La motivazione della sentenza d’appello risultava infatti “pienamente conferente ai fatti di causa oggetto della confermata sentenza di primo grado”. In altre parole, non vi era alcuna incertezza o ambiguità sull’oggetto del processo, sulle accuse e sulle ragioni della decisione.
Le motivazioni della decisione
La Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La motivazione si basa sul principio secondo cui un errore materiale non determina la nullità di un atto quando non ne compromette la finalità. In questo contesto, la finalità della sentenza è comunicare in modo chiaro le ragioni di fatto e di diritto che hanno portato a una determinata decisione. Poiché gli errori non hanno impedito questa comprensione e non hanno leso i diritti di difesa, essi non possono essere considerati vizi invalidanti.
La decisione si allinea con un orientamento consolidato che tende a preservare la validità degli atti giudiziari di fronte a vizi che non ne alterano la sostanza. La dichiarazione di inammissibilità ha comportato, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le conclusioni: implicazioni pratiche
Questa pronuncia rafforza il principio di prevalenza della sostanza sulla forma nel diritto processuale penale. Insegna che non è sufficiente individuare un’imprecisione per ottenere l’annullamento di una sentenza. È necessario dimostrare che tale errore abbia generato un concreto pregiudizio, creando incertezza sul contenuto della decisione o ledendo le garanzie difensive.
Per gli operatori del diritto, ciò significa che le impugnazioni basate su cavilli puramente formali, senza un impatto sostanziale sulla decisione, hanno scarse probabilità di successo. Per i cittadini, rappresenta una garanzia che la giustizia non si arresti di fronte a semplici sviste, ma prosegua il suo corso quando la decisione è, nel suo nucleo logico-giuridico, corretta e comprensibile.
Un errore nell’indicazione del capo d’imputazione in una sentenza la rende sempre nulla?
No, secondo questa ordinanza, se si tratta di un mero errore materiale che non genera incertezza sull’oggetto del processo e la motivazione è coerente con i fatti, la sentenza non è nulla.
Che cos’è un errore materiale in un provvedimento giudiziario?
È una svista o un’inesattezza (come una data sbagliata o un refuso) che non influisce sul contenuto logico e giuridico della decisione e non pregiudica la comprensione del provvedimento.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una sanzione di tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14559 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14559 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2024
ORDINAN2:A
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME (CU][ DATA_NASCITA), nato in EQuador il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/03/2023 della Corte d’appello di Genova dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, cori il quale si deduce l’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità in relazione all’erronea indicazione del capo d’imputazione, del dispositivo della sentenza di primo grado e della data della sentenza di appello, è manifestamente infondato poiché i seppur rilevanti errori evidenziati sono meri errori materiali che non inficiano il provvedimento impugnato, la cui motivazione è pienamente conferente ai fatti di causa oggetto della confermata sentenza di primo grado, sicché non vi è alcuna incertezza sull’oggetto del processo;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 6 marzo 2024.