Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1942 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1942 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME COGNOME nato a Milano 1’11/12/1974
avverso l’ordinanza emessa il 10/10/2024 dal Tribunale di Milano lette le conclusioni del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME l’annullamento senza rinvio del decreto impugnato.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 10 ottobre 2024, adottata de plano, il Tribunale di Milano rigettava l’istanza di correzione di errore materiale della sentenza emessa dal Tribunale di Milano 1’11 novembre 2021 nei confronti dell’imputato NOME COGNOME presentata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, ai sensi dell’art. 130 cod. proc. pen.
Occorre, in proposito, precisare che la decisione di primo grado, sopra citata, veniva riformata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, dalla sentenza emessa dalla Corte di appello di Milano il 6 febbraio 2024, con cui le parti processuali concordavano l’applicazione della pena ex art. 599-bis cod. proc. pen.; la sentenza di secondo grado, infine, diventava irrevocabile il 7 aprile 2014.
Occorre precisare ulteriormente che il presente procedimento traeva origine da un’istanza di correzione di errore materiale presentata dalla Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Firenze il 28 agosto 2024, ex art. 130 cod. proc. pen., in relazione al provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso il 14 agosto 2024 nel procedimento n. 317/24 S.I.E.P., sul quale la Corte di appello di Firenze si dichiarava incompetente. L’errore materiale del quale si chiedeva la correzione, in particolare, riguardava la data di commissione del reato contestato al capo A della sentenza emessa dal Tribunale di Milano 1’11 novembre 2021, indicata nel 21 maggio 2015 e non nel 16 giugno 2011, nella quale il Tribunale di Milano aveva dichiarato il fallimento della società “RAGIONE_SOCIALE
La Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Firenze, quindi, il 12 settembre 2024, disponeva la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, che, a sua volta, si rivolgeva al Tribunale di Milano, quale Giudice dell’esecuzione, riproponendo lo strumento di cui all’art. 130 cod. proc. pen. per correggere la data di commissione del reato contestato al capo A della sentenza emessa dal Tribunale di Milano 1’11 novembre 2021.
Il Tribunale di Milano, infine, con ordinanza emessa de plano il 10 ottobre 2024, senza l’instaurazione del contraddittorio tra le parti, rigettava l’istanza della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, che costituiva una sostanziale riproposizione dell’originaria richiesta di correzione di errore materiale presentata dalla Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Firenze, ai sensi dell’art. 130 cod. proc. pen.
Ricevuta la notifica dell’ordinanza del 10 ottobre 2024, con istanza del 19 ottobre 2024, NOME COGNOME chiedeva al Tribunale di Milano la revoca del diniego della richiesta presentata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano ex art. 130 cod. proc. pen. e la conseguente correzione di errore materiale della sentenza emessa dal Tribunale di Milano l’11 novembre 2021.
A sostegno di tale istanza, si deduceva che il Tribunale di Milano aveva rigettato la richiesta di correzione di errore materiale presentata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano con procedura de plano, in violazione del combinato disposto degli artt. 127 e 130 cod. proc. pen., che imponeva l’instaurazione del contraddittorio.
Si deduceva, al contempo, la fondatezza dell’istanza di correzione di errore materiale, essendo incontroverso che la data di commissione del reato di cui al capo A della sentenza emessa dal Tribunale di Milano 1’11 novembre 2021, indicata nel 21 maggio 2015, era erronea, essendo stato il fallimento della società “RAGIONE_SOCIALE” dichiarato dal Tribunale di Milano il 16 giugno 2011.
Il Tribunale di Milano, infine, qualificava l’istanza presentata da NOME COGNOME il 19 ottobre 2010, quale ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., disponendo la trasmissione degli atti alla Corte di cassazione.
2.1. Dopo la trasmissione degli atti alla Corte di cassazione, NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Milano il 10 ottobre 2024, articolando due censure difensive.
Con il primo motivo di ricorso si deduceva la violazione di legge del provvedimento impugnato, per essersi il Tribunale di Milano pronunciato sull’istanza di correzione di errore materiale presentata da NOME COGNOME con provvedimento de plano, sebbene il combinato disposto degli arte 127 e 130 cod. proc. pen., impone4t l’instaurazione del contraddittorio tra le parti processuali. ykt
Con il secondo motivo di ricorso si deduceva il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, conseguente alla fondatezza dell’istanza di correzione di errore materiale presentata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, che costituiva una riproposizione di quella legittimamente proposta dalla Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Firenze, essendo pacifico che la data di commissione del reato di cui al capo A, contestato nella sentenza emessa dal Tribunale di Milano 1’11 novembre 2021, indicata nel 21 maggio 2015, era palesemente erronea, essendo stato il fallimento della
società “RAGIONE_SOCIALE” deliberato dal Tribunale di Milano il 16 giugno 2011.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è inammissibile, risultando incentrato su motivi manifestamente infondati.
Occorre premettere che l’assunto processuale da cui trae origine il presente procedimento, che prende le mosse dall’istanza di correzione di materiale presentata, ai sensi dell’art. 130 cod. proc. pen., dalla Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Firenze il 28 agosto 2024 alla Corte di appello di Firenze, in relazione al provvedimento di esecuzione pene concorrenti emesso il 14 agosto 2024 nel procedimento n. 317/24 S.I.E.P., è incontroverso.
Occorre, in proposito, precisare che, con tale istanza di correzione di errore materiale – riproposta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, dopo che la Corte di appello di Firenze, originariamente adita, si era dichiarata incompetente con ordinanza del 12 settembre 2024 – si chiedeva la correzione della data di commissione del reato di cui al capo A, così come contestato nella sentenza emessa dal Tribunale di Milano 1’11 novembre 2021 nei confronti dell’imputato NOME COGNOME. Si deduceva, infatti, che il tempus commissi delicti era stato erroneamente indicato nella data del 21 maggio 2015 e non in quella, corretta, del 16 giugno 2011, nella quale era stata dichiarato il fallimento della società “RAGIONE_SOCIALE” da parte del Tribunale di Milano.
Ne derivava che l’indicazione del 21 maggio 2015 quale tempus commissi delicti del reato contestato al capo A del processo di cognizione presupposto non poteva ritenersi corretta, atteso che in quella data non veniva pronunciato il fallimento della società “RAGIONE_SOCIALE“, deliberato il 16 giugno 2011, ma veniva rigettata l’istanza di revoca della declaratoria di fallimento pronunciata dal Tribunale di Milano.
Tanto premesso, occorre verificare se, nel caso di specie, lo strumento della correzione di errore materiale originariamente attivato dalla Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Firenze, ai sensi dell’art. 130 cod. proc. pen., che veniva successivamente riproposto dalla Procura della Repubblica
presso il Tribunale di Milano, era esperibile per correggere l’erronea indicazione della data di commissione del reato controverso.
A tale quesito occorre fornire risposta negativa.
Non può, in proposito, non rilevarsi che la soluzione procedimentale originariamente seguita dalla Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Firenze, per porre rimedio all’erronea indicazione del tempus commissí delictí del reato contestato al capo A del procedimento definito con la sentenza emessa dal Tribunale di Milano 1’11 novembre 2021, così come riformata dalla decisione della Corte di appello di Milano del 6 febbraio 2024, non era concretamente attivabile.
Si consideri che, attraverso la procedura prevista dall’art. 130 cod. proc. pen., è consentita soltanto la correzione delle sentenze, delle ordinanze e dei decreti inficiati da errori od omissioni che non determinano nullità, la cui eliminazione non comporta una modificazione essenziale della struttura dell’atto processuale.
A tale ambito, però, non può essere ricondotta la revisione integrale della data di commissione del reato, che, nel caso di NOME COGNOME, comporterebbe una modificazione essenziale delle statuizioni della sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti, individuando un diverso nucleo sostanziale dell’addebito, che verrebbe retrodato dal 21 maggio 2015 al 16 giugno 2011.
Né potrebbe essere diversamente, dovendosi, in proposito, richiamare il principio di diritto affermato da Sez. 5, n. 48727 del 13/10/2014, COGNOME, Rv. 261229 – 01, che si attaglia perfettamente al caso di specie, secondo cui: «La precisazione della data di commissione del reato non costituisce modifica del capo di imputazione quando non tocca il nucleo sostanziale dell’addebito, così da non incidere sulla possibilità di individuazione del fatto da parte dell’imputato e sul conseguente esercizio del diritto di difesa».
Queste conclusioni, a ben vedere, si impongono per la natura dello strumento previsto dell’art. 130 cod. proc. pen., che è esperibile solo quando ci si trovi di fronte a una difformità meramente esteriore tra la volontà dell’autorità giudiziaria e la sua manifestazione, rilevabile dal mero raffronto dell’atto con il contenuto del provvedimento. Sul punto, non si può che richiamare il principio di diritto, risalente ma tuttora insuperato, affermato da Sez. 1, n. 3961 del 06/10/1993, Rutigliano, Rv. 195447 – 01, secondo cui: «L’errore materiale, alla cui correzione si procede a norma dell’art. 130 cod. proc. pen., ricorre solo quando si tratta di difformità meramente esteriori tra il pensiero del giudice e la sua manifestazione, ossia tra la sua volontà e la forma in cui essa è stata
espressa, quando tale difformità sia rilevabile dal mero raffronto degli atti con il contenuto del provvedimento».
Ne discende che l’eccentricità processuale dello strumento di cui all’art. 130 cod. proc. pen. rispetto agli obiettivi perseguiti, che avrebbe dovuto essere richiesto dalle parti processuali o attivato ex officio nel processo di cognizione, rende irrilevante la circostanza che il provvedimento impugnato sia stato adottato dal giudice dell’esecuzione de plano, essendo incontroverso che la procedura di correzione dell’errore materiale concretamente seguita non era comunque idonea a determinare la modifica della data del reato contestato al capo A del procedimento presupposto, comportando la correzione invocata l’individuazione di un diverso nucleo sostanziale dell’addebito mosso a NOME COGNOME
2.1. A tali, pur dirimenti, considerazioni deve aggiungersi che la decisione di primo grado, emessa dal Tribunale di Milano 1’11 novembre 2021 veniva riformata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, dalla sentenza pronunciata dalla Corte di appello di Milano il 6 febbraio 2024, con cui le parti processuali concordavano l’applicazione della pena ex art. 599-bis cod. proc. pen., che diventava irrevocabile il 7 aprile 2014.
In questa cornice, deve rilevarsi che le parti del processo di cognizione presupposto raggiungevano un accordo ex art. 599-bis cod. proc. pen., che non consentiva, nemmeno in tale sede, la modifica del concordato nei termini controversi con lo strumento di cui all’art. 130 cod. proc. pen. Ne consegue che, nello stesso processo di cognizione, la procedura correttiva non poteva essere attivata, essendosi, sull’accordo delle parti, pronunciata la Corte di appello di Milano con una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., che, com’è noto, ha reintrodotto nel nostro sistema processuale l’istituto del concordato sui motivi di appello.
Né, in sede di cognizione, sul punto controverso, poteva essere proposto ricorso per cassazione, dovendosi, in proposito, richiamare la giurisprudenza di legittimità, da tempo consolidata, secondo cui: «In tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc.·pen. ed, altresì, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa da quella prevista dalla legge» (Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, COGNOME
NOME, Rv. 276102 – 01; si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 5, n. 15505 del 19/03/2018, COGNOME, Rv. 272853 – 01).
Le considerazioni esposte impongono conclusivamente di dichiarare inammissibile il ricorso proposto da NOME COGNOME con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuale e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 1’11 dicembre 2024.