Errore materiale nel verbale d’arresto: quando non invalida l’atto?
Un errore materiale in un atto giudiziario, come un verbale di arresto, è sempre causa di nullità? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4863/2025, ha fornito importanti chiarimenti su questo punto, analizzando un caso in cui un verbale riportava una data palesemente impossibile. La decisione sottolinea un principio fondamentale: la forma non deve prevalere sulla sostanza, specialmente quando i diritti fondamentali della difesa non sono stati concretamente violati.
I Fatti del Caso: Il Ricorso contro l’Ordine di Esecuzione
Il caso nasce dal ricorso di un cittadino straniero contro un’ordinanza del Tribunale di Imperia. Quest’ultimo aveva respinto la sua richiesta di annullare un ordine di esecuzione per una pena detentiva. Il ricorrente basava le sue lamentele su due motivi principali:
1. La nullità del verbale di arresto esecutivo: il documento riportava una data futura e impossibile (28 ottobre 2024), un vizio che, a suo dire, non poteva essere considerato un semplice errore materiale, ma un eccesso di potere che invalidava l’atto.
2. La violazione del diritto di difesa: sosteneva di non conoscere la lingua italiana e che la mancata traduzione di tutti gli atti processuali aveva leso i suoi diritti, rendendo nulla l’intera procedura, inclusa l’esecuzione della sentenza.
Il Tribunale, in prima istanza, aveva respinto entrambe le eccezioni, qualificando la data errata come un mero errore materiale e ritenendo che la conoscenza della lingua italiana da parte del ricorrente fosse dimostrata dal suo comportamento processuale.
L’errore materiale sulla data del verbale: una questione di forma o sostanza?
La Corte di Cassazione ha confermato la decisione del Tribunale, definendo il ricorso ‘manifestamente infondato’. Per quanto riguarda la data errata, i giudici hanno ribadito che si tratta di un palese errore materiale. La ragione è semplice e logica: l’arresto era stato seguito immediatamente dalla traduzione in carcere. Pertanto, la data e l’ora esatte dell’inizio della privazione della libertà personale erano facilmente e inequivocabilmente desumibili dai registri dell’istituto penitenziario.
L’errore era talmente evidente – la data indicata era addirittura successiva alla proposizione dell’incidente di esecuzione stesso – da non poter ingenerare alcun dubbio o pregiudizio per la difesa. La Corte ha stabilito che un vizio formale di questo tipo non può portare all’annullamento dell’atto se non ha prodotto una lesione concreta ed effettiva dei diritti difensivi, come ad esempio l’impossibilità di calcolare con precisione i termini della custodia.
La Conoscenza della Lingua Italiana e il Diritto di Difesa
Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Corte ha osservato che il ricorrente non si era confrontato adeguatamente con le motivazioni dell’ordinanza impugnata. Durante l’intero processo, egli non aveva mai manifestato una mancata conoscenza della lingua italiana. Al contrario, aveva risposto all’interrogatorio senza l’ausilio di un interprete, aveva formulato un’istanza di patteggiamento e, successivamente, aveva richiesto una misura alternativa alla detenzione.
Questo comportamento attivo dimostrava, secondo i giudici, una conoscenza della lingua e delle procedure penali italiane sufficiente a escludere una violazione del diritto di difesa. Inoltre, la Corte ha ricordato che la difesa tecnica, garantita obbligatoriamente dall’ordinamento, serve proprio a tutelare l’imputato in modo approfondito, colmando eventuali lacune di comprensione delle complesse dinamiche procedurali.
Le Motivazioni e le Conclusioni della Corte
Le motivazioni della Suprema Corte si basano sul principio di concretezza e di effettività della tutela giurisdizionale. Un vizio procedurale, per determinare la nullità di un atto, deve aver causato un pregiudizio reale ai diritti dell’imputato. Nel caso dell’errore materiale sulla data, nessun pregiudizio era ravvisabile, poiché il momento dell’arresto era certo e verificabile aliunde. Per quanto riguarda la lingua, la condotta processuale del ricorrente ha smentito le sue stesse affermazioni, dimostrando una capacità di interazione con il sistema giudiziario che escludeva la necessità di una traduzione sistematica degli atti.
In conclusione, questa ordinanza rafforza l’orientamento secondo cui non ogni irregolarità formale inficia la validità di un atto processuale. La valutazione deve essere sempre condotta caso per caso, verificando se l’errore abbia effettivamente compromesso le garanzie difensive. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, non essendo emersa una sua incolpevolezza nel determinare la causa di inammissibilità.
Un errore sulla data del verbale di arresto rende sempre l’atto nullo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, un errore palese sulla data, come indicarne una futura e impossibile, costituisce un mero errore materiale che non causa la nullità dell’atto se il momento esatto dell’inizio della privazione della libertà personale è facilmente accertabile da altre fonti (es. i registri del carcere) e se non ha causato un concreto pregiudizio ai diritti di difesa.
Quando un imputato straniero ha diritto alla traduzione degli atti processuali?
L’imputato straniero ha diritto alla traduzione se non conosce la lingua italiana. Tuttavia, se dal suo comportamento processuale (come rispondere all’interrogatorio senza interprete, formulare istanze di patteggiamento o di misure alternative) emerge una sufficiente comprensione della lingua, la mancata traduzione degli atti non costituisce una violazione del diritto di difesa. La presenza obbligatoria di un difensore tecnico garantisce inoltre un’adeguata tutela legale.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso non venga esaminato nel merito perché privo dei requisiti di legge. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, come in questo caso, al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver proposto un ricorso senza fondamento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4863 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4863 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CANTARINI NOME nato il 06/06/1957
avverso l’ordinanza del 12/09/2024 del TRIBUNALE di IMPERIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME per mezzo dei suoi difensori avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME ha proposto ricorso contro l’ordinanza emessa in data 12 settembre 2024 con cui il Tribunale di Imperia, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto le sue richieste di annullare l’ordine di esecuzione emesso dal pubblico ministero per l’esecuzione della sentenza emessa dal Tribunale di Imperia in data 18 gennaio 2021, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., divenuta definitiva in data 05 febbraio 2021, ritenendo che l’omessa traduzione degli atti non ha leso i diritti difensivi dell’imputato perché non è mai emerso che egli, arrestato in flagranza di reato e giudicato con rito direttissimo, non conoscesse la lingua italiana e ignorasse le procedure, dal momento che egli stesso chiese una misura alternativa alla detenzione/ tanto che l’ordine di esecuzione della condanna fu sospeso e nuovamente emesso dopo la reiezione della richiesta di misura alternativa; rilevato altresì che, secondo l’ordinanza impugnata, l’indicazione, nel verbale di arresto esecutivo, di una data diversa dal vero è un mero errore materiale, che non ha leso i diritti difensivi;
rilevato che il ricorrente deduce la violazione di legge e il vizio della motivazione, per avere l’ordinanza erroneamente ritenuto un mero errore materiale il fatto che il verbale di arresto per l’esecuzione della condanna riporti la data impossibile del 28 ottobre 2024, peraltro mai corretta, mentre trattasi di un vizio che causa nullità o inesistenza dell’atto, costituendo un eccesso di potere l’apporre una data t a piacere del verbalizzante, ed avendo la CEDU ritenuto che le errate indicazioni sul verbale di arresto violino il diritto ad un giusto processo, perché impediscono di stabilire l’esatto momento dell’arresto; deduce, inoltre, la nullità di tutti gli atti processuali, compresa l’esecuzione, per l’omessa traduzione degli stessi in lingua nota al ricorrente, che, diversamente da quanto asserito nell’ordinanza, parlava solo qualche parola di italiano e non era in grado di comprendere le fattispecie procedimentali;
ritenuto che il ricorso sia manifestamente infondato, in quanto l’ordinanza impugnata ha correttamente qualificato la non corretta data di arresto come un mero errore materiale che non ha leso i diritti difensivi, dal momento che all’arresto ha fatto immediatamente seguito la traduzione in carcere, per cui la data e l’orario in cui è iniziata la privazione della libertà personale sono facilmente desumibili dai dati dell’istituto penitenziario, ed essendo palese l’errore nell’apposizione della data sul verbale di arresto, perché addirittura successiva alla proposizione dell’incidente di esecuzione;
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ritenuto manifestamente infondato anche il motivo di ricorso relativo alla omessa traduzione degli atti processuali, in quanto il ricorso non si confronta con l’ordinanza, secondo cui, nel corso del processo i il ricorrente non ha mai manifestato la mancata conoscenza della lingua italiana, atteso che rispose all’interrogatorio senza richiedere un interprete, formulò istanza di patteggiamento, e in seguito presentò una richiesta di misura alternativa alla detenzione, dimostrando così di conoscere sufficientemente anche le varie fattispecie della procedura penale italiana, la cui ignoranza, peraltro, non è causa di violazione dei diritti difensivi, dal momento che gli è stata sempre assicurata la difesa tecnica, che l’ordinamento penale impone come obbligatoria proprio per consentire all’imputato di tutelare in modo approfondito e corretto il proprio diritto di difesa;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, per l’insussistenza dei vizi dedotti, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente