Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 32055 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 32055 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 09/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 17/08/2000
avverso l’ordinanza del 24/03/2025 del TRIBUNALE di VELLETRI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, in persona del sostituto NOME COGNOME con cui è stato chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con provvedimento del 24 marzo 2025 il Gip del Tribunale di Velletri, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di correzione dell’errore materiale avanzata da NOME COGNOME asseritamente contenuto nel decreto penale di condanna, nella parte in cui non è stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena benché fosse stato richiesto dal Pubblico Ministero. Il Gip, in particolare, nel rigettare la richiesta “di correzione” ha affermato che l’art. 459 cod. proc. pen. non ha efficacia vincolante quanto al beneficio della sospensione condizionale anche quando sia stato richiesto dal P.M.
Avverso il suddetto provvedimento di rigetto è stato proposto ricorso nell’interesse del Palade, affidato a un unico motivo con cui si deduce violazione dell’art. 459 cod. proc. pen. oltre che dell’art. 130 cod.proc. pen. Ad avviso della difesa il dato letterale dell’art. 459, co. 3 cod. proc. pen., indica genericamente la “richiesta avanzata dal Pubblico Ministero” senza operare alcuna distinzione in merito alle componenti della pena e dei benefici. In altri termini, la norma pone il Gip dinanzi a tre alternative: accogliere la richiesta; emettere sentenza ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.; restituire gli atti al Pubblico Ministero. Non sarebbe, dunque, previsto, in capo al giudice, alcun potere di “modifica” rispetto alla richiesta avanzata dall’Ufficio di Procura. La conferma dell’assunto difensivo si ricaverebbe dalla lettera dell’art. 460 cod. proc. pen. che, al secondo comma, GLYPH utilizza GLYPH l’espressione “concede” la GLYPH sospensione condizionale della pena.
Il P.G. ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non merita accoglimento.
Per una migliore comprensione della vicenda in esame occorre premettere che nei confronti del Palade è stato emesso decreto penale di condanna n. 1756/2020 in relazione alla contravvenzione di cui all’art. 186 bis, lett. a) e co. 3 in relazione all’art. 186, co. 2, lett. c) e sexies strada. Il Pubblico Ministero aveva chiesto applicarsi la pena di euro
10.250,00 di ammenda con la concessione della sospensione condizionale della pena. Il Giudice recepiva la richiesta quanto alla pena ma non concedeva il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Con istanza del 19 marzo 2025, veniva chiesto al Gip, quale giudice dell’esecuzione di emendare il decreto penale nella parte in cui, diversamente da come richiesto dal Pubblico Ministero, era stata omessa la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Il Gip rigettava la richiesta rilevando che l’art. 459 cod. proc. pen. vincola il giudice alla misura della pena detentiva e alla sua specie e non anche alle sue conversioni né tantomeno lo vincola in relazione alla concessione della sospensione condizionale della pena. Escludeva, dunque, il decidente la ricorrenza di “alcun errore materiale”.
Il provvedimento impugnato non merita le censure che gli vengono mosse. In proposito va, innanzitutto, rammentato che la correzione dell’errore materiale è ammessa solo quando sussista la necessità di porre rimedio ad una disarmonia tra la formale espressione della decisione e il suo reale contenuto, rimanendo, al contrario preclusa, allorquando si risolva nella sostituzione o nella modifica essenziale della decisione (Sez. 5, ordinanza n. 11064 del 07/11/2017, dep. 2018, Rv. 272658 – 01; Sez. 1, n. 42897 del 25/09/2013, Rv. 257158 – 01).
Come condivisibilmente rilevato dal P.G., l’art. 460, co. 2, cod. proc. pen., stabilendo che “il giudice applica la pena nella misura richiesta dal Pubblico Ministero” chiarisce che il vincolo cui il giudice è inderogabilmente tenuto è legato solo alla misura della pena indicata.
Il giudice, infatti, conserva il sindacato completo sulla richiesta avanzata. Sul punto la Corte Costituzionale, con sentenza n. 502 del 19-30 dicembre 1991 ha precisato che «il controllo che è demandato al giudice attiene non solo ai presupposti del rito ma anche al merito della richiesta tant’è che può sfociare nella emissione di una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 (art. 450, terzo comma) e che in caso di accoglimento il decreto penale di condanna deve contenere “la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata, comprese le ragioni dell’eventuale diminuzione di pena al di sotto del minimo edittale”. Tale valutazione è estesa anche alla congruità della pena in relazione al fatto contestato; ma poiché il giudice nell’emettere il decreto penale è tenuto ad applicare la pena “nella misura richiesta dal Pubblico Ministero” ove gli ritenga che sia da irrogare una pena superiore (ovvero inferiore)
non può che rigettare la richiesta e restituire gli atti allo stesso pubblic ministero». Appare evidente che il riferimento operato è solo ed esclusivamente alla pena nella misura richiesta e non anche al beneficio, pure richiesto, il cui riconoscimento o meno rientra nei poteri discrezionali del giudice ai sensi dell’art. 163 cod. pen.
6. Il tema è che il decreto penale di condanna risalente al 2020 non è stato opposto e che rispetto al riconoscimento (o all’omesso riconoscimento) del beneficio della sospensione condizionale della pena non può oggi invocarsi la procedura della correzione dell’errore materiale che, come sopra detto, dovrebbe porre rimedio ad una disarmonia tra la formale espressione della decisione e il suo reale contenuto. La richiesta avanzata, invero, si risolverebbe nella sostituzione e/o nella modifica essenziale della decisione che presuppone una attività valutativa da parte del giudice di merito, peraltro, non consentita in sede esecutiva.
Sul punto è stato osservato che l’art. 676 cod. proc. pen. individua le “altre competenze” del Giudice dell’esecuzione con una elencazione che deve considerarsi tassativa dopo la eliminazione della locuzione “provvede altresì in casi analoghi” che figurava nel testo originario. In particolare questa Corte di legittimità ha avuto modo di affermare che «la procedura di correzione degli errori materiali è applicabile nel caso in cui la sentenza abbia omesso statuizioni obbligatorie per legge e di natura accessoria (fattispecie in tema di sentenza di patteggiamento per reati tributari in cui il giudice aveva omesso di disporre la confisca obbligatoria per equivalente ai sensi dell’art. 322 ter cod. pen.» (Sez. 3, n. 39081 del 17/0/2017, Rv. 270793 – 01). Principio questo, ribadito più di recente, nel senso che «l’omissione in sentenza di una statuizione obbligatoria di natura accessoria e a contenuto predeterminato non ne determina la nullità ed è emendabile con la procedura di correzione dell’errore materiale» (Sez. 3, n. 16714 del 12/03/2024, Rv. 286197 – 01).
Quanto detto trova conferma nell’orientamento espresso da questa Corte che ha ritenuto legittima la concessione o l’estensione del beneficio della sospensione condizionale della pena «contestualmente all’applicazione in executivis della disciplina del concorso formale o della continuazione tra reati giudicati con sentenze diverse allorché le condizioni per la relativa spettanza insorgano o si manifestino proprio per effetto dell’applicazione di tale disciplina e il beneficio non sia stato espressamente escluso dal giudice» (Sez. 1, n. 35478 del 24/03/2023, non
mass. in motivazione; Sez. 1, n. 17871 del 25/01/2017, Rv. 269844 – 01; Sez. 1 n. 23 2331 – 01).
Ne consegue che correttamente l’istanza di correzione dell’errore materiale è stata rigettata poiché il carattere materiale e ricognitivo dell’operazione richiesta non poteva legittimare una formulazione ex novo della volontà giudiziale.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Deciso il 9 luglio 2025
– rovere