Errore Manifesto: Quando si Può Impugnare una Sentenza di Patteggiamento?
La possibilità di impugnare una sentenza emessa a seguito di patteggiamento è un tema di grande interesse pratico nel diritto processuale penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante occasione per chiarire i limiti di tale impugnazione, soffermandosi in particolare sul concetto di errore manifesto nella qualificazione giuridica del fatto. La Suprema Corte, con una decisione netta, ha ribadito il suo orientamento restrittivo, sottolineando come solo un vizio palese ed eclatante possa aprire le porte del giudizio di legittimità.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) di un tribunale marchigiano. L’imputato lamentava un’errata qualificazione giuridica del fatto contestatogli, un motivo di ricorso specificamente previsto dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Sostanzialmente, il ricorrente riteneva che il reato per cui aveva patteggiato la pena fosse stato inquadrato in una fattispecie giuridica non corretta, e chiedeva alla Corte di Cassazione di annullare la sentenza per questo motivo.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: la possibilità di ricorrere per cassazione contro una sentenza di patteggiamento, denunciando un’errata qualificazione giuridica, è circoscritta ai soli casi di errore manifesto. Nel caso in esame, i giudici hanno ritenuto che non sussistesse alcun errore di tale natura, precludendo così un esame nel merito del ricorso.
La Corte ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende, una conseguenza tipica della declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Errore Manifesto: Le Motivazioni della Suprema Corte
Le motivazioni dell’ordinanza sono cruciali per comprendere la portata del principio applicato. La Corte chiarisce che il legislatore, con la riforma del 2017 (legge n. 103/17), ha voluto limitare l’accesso al giudizio di cassazione per le sentenze di patteggiamento, al fine di non vanificare la natura deflattiva di tale rito processuale.
Per questo motivo, il concetto di ‘errore manifesto’ assume un significato particolarmente stringente. Secondo la Corte, un errore può definirsi ‘manifesto’ solo quando la qualificazione giuridica del fatto, così come contenuta nella sentenza, risulti:
* Di indiscussa immediatezza: l’errore deve essere riconoscibile a prima vista, senza la necessità di complesse analisi o interpretazioni.
* Senza margini di opinabilità: non deve esserci spazio per dubbi o diverse possibili letture giuridiche. L’errore deve essere oggettivo e inequivocabile.
* Palesemente eccentrica: la qualificazione data dal giudice deve essere chiaramente anomala e irragionevole rispetto al fatto descritto nel capo di imputazione.
Citando propri precedenti (Cass. n. 14377/2021 e n. 13749/2022), la Corte ha stabilito che nel caso specifico non ricorreva alcuna di queste condizioni. La qualificazione giuridica operata dal GIP non era così palesemente errata da giustificare l’intervento della Cassazione.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale rigoroso che ha importanti implicazioni pratiche per gli avvocati e i loro assistiti. Chi intende impugnare una sentenza di patteggiamento per errata qualificazione giuridica deve essere consapevole che la soglia di ammissibilità del ricorso è molto alta. Non è sufficiente prospettare una diversa e plausibile interpretazione giuridica del fatto, ma è necessario dimostrare un errore macroscopico, evidente e non controvertibile.
La decisione mira a preservare la stabilità delle sentenze di patteggiamento, che si basano su un accordo tra le parti, evitando che il ricorso in Cassazione diventi uno strumento per rimettere in discussione valutazioni che non presentano vizi eclatanti. Di conseguenza, la scelta di accedere a questo rito alternativo richiede un’attenta ponderazione preliminare, anche in relazione alla qualificazione giuridica del fatto, poiché le successive possibilità di impugnazione sono, come ribadito dalla Corte, estremamente limitate.
È sempre possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento per errata qualificazione giuridica del fatto?
No, non è sempre possibile. La giurisprudenza costante della Corte di Cassazione limita questa possibilità ai soli casi di ‘errore manifesto’, ovvero un errore palese ed evidente che non lascia spazio a dubbi interpretativi.
Cosa si intende per ‘errore manifesto’ secondo la Corte di Cassazione?
Per ‘errore manifesto’ si intende una qualificazione giuridica che risulta, con indiscutibile immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione.
Quali sono le conseguenze se un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, determinata equitativamente dal giudice, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 29088 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29088 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MACERATA il 27/04/1997
avverso la sentenza del 04/03/2025 del GIP TRIBUNALE di MACERATA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Motivi della decisione
1. Il ricorrente in epigrafe ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. dal Tribunale di Macerata in relazione al reato d
all’art.73, commi 1 e 4, DPR 309/1990.
L’esponente deduce l’erroneità della qualificazione giuridica del fatto, rientrante ne ipotesi lieve, nonché vizio di motivazione in ordine alla mancata motivazione circa gli aument
per la continuazione.
2. Va dichiarata l’inammissibilità del ricorso senza formalità ai sensi dell’art. 610, comm
5-bis cod. proc. pen, introdotto dall’art. 1, comma 62, della legge 23.6.2017 n. 103, a decorrere
dal 3 agosto 2017. Ed invero, a far tempo da tale ultima data, successive alla quale sono sia l richiesta di patteggiamento che la relativa impugnativa (cfr. art. 1, co. 51, della L. 23.6.201
103) il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena ex artt. 444 e sg. cod. proc. pen. “solo per motivi attinen
all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sen all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena e della misura di sic
(art. 143, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge n.103/17). Ciò premesso, la giurisprudenza di questa Corte è costante nel ritenere che la possibilità di ricorrere cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manif configurabile quando tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione (Sez. 2, n. 14377 del 31/03/2021 , Rv. 281116 – 01; Sez. 4, n. 13749 del 23/03/2022, Rv. 283023 – 01). Orbene, é agevole rilevare che non ricorre alcun caso di errore manifesto.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila, determinata secondo equità, in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 8 luglio 2025