Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19163 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19163 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME COGNOME NOME
Data Udienza: 27/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GATTI NOME
NOMENOME> nato a TORTONA il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza del 30/11/2023 della CORTE DI APPELLO DI TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 20 dicembre 2021, depositata il 31 gennaio 2022, il Tribunale di Alessandria condannava alla pena ritenuta di giustizia NOME COGNOME per il reato di appropriazione indebita.
In data 25 marzo 2022 il difensore di fiducia dell’imputato trasmetteva l’atto di appello, firmato digitalmente, alla casella di posta elettronica certifica della Corte di Appello di Torino e non a quella della cancelleria del Tribunale di Alessandria, da ciò derivando il passaggio in giudicato della suddetta pronuncia.
Con “richiesta di procedimento d’esecuzione ex artt. 666 e 670 c.p.p. per la restituzione nel termine per impugnazione sentenza contumaciale”, presentata al Tribunale di Alessandria, lo stesso difensore deduceva che l’appello era stato dalla cancelleria della Corte territoriale erroneamente trasmesso per competenza a quella del Tribunale di Torino e chiedeva che il giudice adito disponesse la restituzione nel termine per impugnare la sentenza emessa dal Tribunale di Alessandria il 20 dicembre 2021.
Con ordinanza del 24 maggio 2023, il Tribunale di Alessandria, quale giudice della esecuzione, dichiarava inammissibile la richiesta.
Con sentenza del 20 ottobre 2023 la Prima Sezione di questa Corte, pronunciandosi sul ricorso per cassazione presentato nell’interesse di COGNOME avverso detta ordinanza, rilevava che la competenza a provvedere sulla domanda di restituzione nel termine per proporre impugnazione, ai sensi dell’art. 175, comma 4, cod. proc. pen., spettava al giudice che sarebbe stato competente sulla impugnazione, vale a dire alla Corte di appello di Torino, cui disponeva la trasmissione degli atti, previo annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.
La Corte di appello di Torino, con ordinanza del 30 novembre 2023, ha rigettato l’istanza.
Ha proposto nuovo ricorso per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza in ragione dei seguenti motivi.
2.1. “Inosservanza o erronea applicazione della legge penale” (art. 175 cod. proc. pen.) in relazione alla erronea esclusione della causa di forza maggiore, costituita dalla fuorviante p.e.c. inviata al difensore dalla cancelleria della Corte di appello di Torino con la quale, il giorno dopo la presentazione del gravame, gli era stato comunicato che “il suo appello stato inoltrato per competenza” alla casella di posta elettronica per il deposito atti del Tribunale di Torino.
Il difensore, facendo affidamento su detta comunicazione, “riteneva legittimamente che l’errore commesso in prima battuta fosse stato regolarmente sanato e che l’appello fosse stato inviato all’ufficio idoneo a riceverlo”.
2.2. “Omessa e/o contraddittoria/illogica” motivazione, con riferimento alla valutazione della irrilevanza giuridica della erronea informazione trasmessa dalla cancelleria della Corte di appello di Torino.
L’ordinanza, richiamando solo per relationem il precedente provvedimento annullato dalla Corte di cassazione, ha analizzato il dato formale dell’invio dell’appello a un indirizzo erroneo, omettendo ogni forma di argomentazione sul
perché la suddetta comunicazione ufficiale possa rimanere priva di conseguenze giuridiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi manifestamente infondati.
Va premesso che l’art. 89 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 del 2022 ha previsto l’applicazione delle nuove disposizioni dell’articolo 175 del codice di procedura penale con riferimento solo alle sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del decreto stesso, circostanza non ricorrente nel caso di cui si tratta.
L’art. 175, comma 1, cod. proc. pen., nel testo previgente, prevedeva che la richiesta per la restituzione nel termine fosse presentata dalle parti qualora provassero «di non averlo potuto osservare per caso fortuito o forza maggiore».
Secondo la tesi difensiva, la comunicazione (non dovuta) della cancelleria della Corte di appello avrebbe sanato l’errore del difensore circa il deposito del gravame nella cancelleria del giudice ad quem anziché presso quella del giudice a quo, avvenuto in contrasto con il chiarissimo dettato dell’art. 582, comma 1, cod. proc. pen. (che richiede il deposito dell’atto di impugnazione «nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento»).
La tesi non è condivisibile in quanto l’inosservanza da parte del difensore della citata norma non può costituire causa di forza maggiore, essendo a lui stesso imputabile, né può essere successivamente sanata.
Va anche evidenziato che con la successiva comunicazione della cancelleria della Corte di appello, ritenuta dal ricorrente rilevante, si informava il difensore che l’atto di appello sarebbe stato trasmesso alla cancelleria del tribunale di Torino, vale a dire a un ufficio giudiziario che non aveva competenza alcuna, essendo stata la sentenza impugnata emessa dal Tribunale di Alessandria.
Si tratta di una situazione del tutto diversa da quella della errata informazione ricevuta dalla cancelleria circa l’omesso tempestivo deposito della sentenza nei termini di rito, circostanza ostativa al tempestivo esercizio della facoltà di impugnazione che, se provata rigorosamente, può integrare un fatto costituente forza maggiore (Sez. 2, n. 17708 del 31/01/2022, COGNOME, Rv. 283059; Sez. 2, n. 44509 del 07/07/2015, COGNOME, Rv. 264965; Sez. 6, n. 21901 del 03/04/2014, COGNOME., Rv. 259699; Sez. 5, n. 10796 del 03/02/2010, COGNOME, Rv. 246368).
Va ricordato anche che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la decadenza dell’imputato dal termine per proporre appello non può ritenersi incolpevole e giustificare la rimessione in termini, ove sia avvenuta per errore di diritto ascrivibile al difensore, poiché all’imputato personalmente spetta la facoltà di impugnare, in via autonoma e concorrente rispetto al difensore; lo stesso imputato ha l’onere di vigilare sulla esatta osservanza dell’incarico conferito (Sez. 5, n. 29340 del 19/04/2023, COGNOME, Rv. 284816; Sez. 2, n. 13803 del 10/03/2021, Pinna, Rv. 281033; Sez. 3, n. 12456 del 12/01/2021, COGNOME, Rv. 281068; Sez. 4, n. 55106 del 18/10/2017, COGNOME, Rv. 271660; Sez. 6, n. 18716 del 31/03/2016, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 266926).
Alla inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativannente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 27/03/2024.