Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 2999 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 2999 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il 09/05/1974
avverso l’ordinanza del 03/04/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sulle conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Milano con ordinanza del 3 aprile – 3 maggio 2024 ha rigettato la richiesta di riparazione per errore giudiziario avanzata nell’interesse di NOME COGNOME alias NOME COGNOME destinatario di sentenza del 9 settembre 2022 della Corte di appello di Milano di revoca, in sede di revisione, della condanna inflitta dal Tribunale di Novara il 16 ottobre 2009, riformata in punto di pena dalla Corte di appello di Torino il 12 febbraio 2014 é divenuta irrevocabile il 23 aprile 2015 (pena eseguita a partire dal 20 ottobre 2016 in poi), con conseguente assoluzione dell’imputato dall’accusa di concorso in sfruttamento violento della prostituzione a suo tempo ritenuto sussistente.
Ricorre per la cassazione dell’ordinanza NOME COGNOME alias NOME COGNOME tramite Difensore di fiducia, affidandosi a due motivi con i quali denunzia violazione di legge (il primo motivo) e vizio di motivazione (il secondo motivo).
2.1. Con il primo motivo lamenta violazione dell’art. 643 cod. proc. pen., per avere la Corte di appello ritenuto che l’errore giudiziario costituito dalla sentenza di condanna, poi revocata in sede di revisione, fosse stato causato da colpa grave del ricorrente (come si legge alle pp. 5-7 dell’ordinanza impugnata).
Ripercorsi gli antefatti, puntualizzata la durata, ad avviso della Difesa, della carcerazione patita ingiustamente, richiamati i principi di diritto che si stimano applicabili al caso di specie, si analizzano e si sottopongono a censura le motivazioni svolte dalla Corte territoriale per sostenere la sussistenza di colpa grave in capo al ricorrente: in primo luogo, il ritardo nel presentare domanda di revisione (arresto in data 20 ottobre 2016, richiesta di revisione il 12 ottobre 2021), circostanza successiva a quella tenuta nel processo concluso con la condanna ingiusta e pertanto – si stima – irrilevante al fine in esame; inoltre, essere l’imputato rimasto latitante nel corso del processo e non avere svolto una difesa efficace, avendo indicato testimoni poi rivelatisi inattendibili, avendo cambiato nome all’estero ed avendo “condizionato” con la propria condotta, tramite l’invio di “emissari”, la ritrattazione della persona offesa; poi, non essersi presentato personalmente agli inquirenti per mostrare – ciò che era evidente – la inconciliabilità tra le proprie fattezze e quelle della persona indicata dalla vittima come suo sfruttatore dopo avere esaminato l’album fotografico.
Nessuna delle tre riferite circostanze potrebbe avere rilievo, poiché nel caso di errore giudiziario la condotta dell’imputato, per poter essere ostativa, deve essere tale da avere determinato, da sola, la condanna, essere stata cioè unica ed esclusiva causa, condicio sine qua non, della condanna medesima.
2.2. Tramite il secondo motivo censura difetto di motivazione, che sarebbe palesemente illogica e contraddittoria rispetto al contenuto della sentenza di assoluzione in sede di revisione (pp. 12-13 della stessa).
Si sottolinea come l’ordinanza impugnata indica come unico elemento di novità contenuto nella sentenza di revisione, tale da scardinare la condanna, il nuovo album fotografico predisposto nel 2021, in quanto documento dirompente per dimostrare la evidente incompatibilità tra la effettiva fisionomia dell’imputato e quello del soggetto riconosciuto dalla persona offesa all’interno dell’album fotografico. In realtà – assume la Difesa – la sentenza di revisione contiene altri elementi “scardinanti” e cioè l’errata valutazione di prove testimoniali e l’erronea valutazione da parte della Corte di appello delle dichiarazioni contenenti la ritrattazione della persona offesa fatte in udienza.
Pertanto – assume il ricorrente – nella motivazione dell’ordinanza impugnata ridurre l’accoglimento della sentenza di revisione unicamente alla prova decisiva del riconoscimento fotografico del 2021 si pone in contrasto con la parte motivazionale della sentenza di revisione, che non soltanto ha evidenziato tale elemento ma che ha reso una precisa valutazione critica della valutazione delle prove presentate dal ricorrente alla Corte di appello di Torino; si sottolinea che le motivazioni della sentenza di revisione sono ben più ampie e articolate di come si legge nel provvedimento impugnato e che non possono assolutamente essere ridotte ad un solo elemento, cioè al riconoscimento fotografico.
Si chiede, dunque, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
L’Avvocatura erariale con la memoria del 19 settembre 2024, pervenuta il giorno seguente, ha chiesto dichiararsi inammissibile o, in subordine, rigettarsi il ricorso; in ogni caso, con vittoria di spese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato e deve essere rigettato, per le seguenti ragioni.
2.11 motivo centrale che sostiene il provvedimento impugnato (p. 7) consiste nella constatazione circa lo scambio di persona, scambio che non è stato tempestivamente denunziato e che però, quando ciò è avvenuto, con forte ritardo, ha condotto all’assoluzione dell’imputato. Si tratta di argomento, tratto dalla p. 11, righe 1-5, della sentenza del 9 settembre 2023 (testualmente: «Da tanto discende che ora, in presenza di un nuovo album fotografico in cui il ricorrente appare dotato di fattezze del volto diverse da quelle di ogni uomo ritratto in fotografia e sottoposto in visione alla persona offesa in fase di indagini
preliminari, si presenta come strutturalmente insufficiente e comunque non sufficientemente attendibile l’unica fonte di prova sull’individuazione del ricorrente come l’autore dei reati, noto la persona offesa come NOME»), che il ricorso non scalfisce, concentrandosi essenzialmente su aspetti differenti e di contorno (quali il ritardo nel presentare l’istanza di revisione e la latitanza dell’imputato), che non costituiscono l’in sé, insomma l'”ossatura” della decisione.
Correttamente, quindi, e con motivazione immune da vizi sindacabili in sede di legittimità, la Corte di appello ha individuato nel caso di specie un’ipotesi di colpa grave causativa, e non già soltanto con-causativa, dell’errore giudiziario, in adesione al seguente, consolidato, principio di diritto:
«In tema di riparazione dell’errore giudiziario, la colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto, diversamente da quanto previsto dall’art. 314 cod. proc. pen. per la riparazione per l’ingiusta detenzione, deve aver causato l’errore giudiziario e non solo concorso alla sua verificazione, sicché, per verificarne la ricorrenza, è necessario accertare l’eventuale sussistenza di una condotta colposa concorrente del danneggiato e l’apporto di essa alla verificazione dell’evento» (Sez. 3, n. 25653 dell’11/05/2022, Sassano, Rv. 283621-02);
«In tema di riparazione dell’errore giudiziario, la colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto, a differenza di quanto previsto per la riparazione per l’ingiusta detenzione dall’art. 314 cod. proc. pen., deve aver dato causa all’errore giudiziario e non semplicemente concorso alla verificazione dello stesso, per cui ne consegue la necessità di uno specifico onere di valutazione che accerti la sussistenza di una condotta colposa concorrente del danneggiato e il suo apporto alla verificazione dell’evento» (Sez. 3, n. 49321 del 17/05/2016, COGNOME, Rv. 268494);
«La colpa grave è ostativa al diritto alla riparazione dell’errore giudiziario quando abbia dato causa all’errore medesimo e non anche quando si sia limitata ad essere una delle cause concorrenti, come, al contrario, è sufficiente ai fini dell’esclusione del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione. (Fattispecie nella quale il diritto alla riparazione dell’errore giudiziario era stato escluso in considerazione del reiterato mendacio dell’imputato circa il proprio alibi, valutato, peraltro, come condotta meramente concorrente alla causazione dell’errore giudiziario)» (Sez. 4, n. 9213 del 04/02/2010, NOME, v. 246803).
Il ricorso, pertanto, va rigettato, con condanna del ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
Nulla per le spese al Ministero resistente, che nella propria memoria non ha svolto argomenti che abbiano contribuito all’adozione della decisione.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla per le spese al Ministero resistente. Così deciso il 16/10/2024.