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Errore di nome: cancellazione condanne dal casellario

La Corte di Cassazione annulla l’ordinanza di un tribunale che aveva negato la cancellazione di condanne iscritte per un errore di nome. La Suprema Corte chiarisce che il giudice dell’esecuzione deve basarsi su prove oggettive come codici identificativi e impronte digitali per accertare la vera identità del condannato e correggere il casellario giudiziale, senza che sia necessaria una confessione del vero colpevole che ha usurpato l’identità altrui.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Errore di Nome e Casellario Giudiziale: Come Ottenere Giustizia

Essere condannati per un reato mai commesso è un incubo. Quando ciò accade a causa di un errore di nome, ovvero un furto d’identità, le conseguenze possono essere devastanti. Un cittadino si è trovato con cinque sentenze di condanna iscritte nel proprio casellario giudiziale, relative a reati commessi da un’altra persona che aveva utilizzato le sue generalità. La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha fornito chiarimenti fondamentali su come il sistema giudiziario debba rettificare tali ingiustizie, valorizzando le prove oggettive rispetto a formalismi superati.

I Fatti del Caso: Una Condanna per Sbaglio

Un cittadino si rivolgeva al Tribunale, in qualità di giudice dell’esecuzione, per chiedere la cancellazione di cinque condanne dal suo certificato penale. La sua tesi era semplice e supportata da prove: le condanne erano state erroneamente attribuite a lui, mentre il vero responsabile era un altro soggetto che aveva usato illecitamente la sua identità. A sostegno della sua richiesta, evidenziava di non trovarsi in Italia nel periodo in cui i reati erano stati commessi e che i dati identificativi, come le impronte digitali, non corrispondevano ai suoi.

Inizialmente, il Tribunale aveva respinto la richiesta. La motivazione del rigetto si basava sulla mancanza di una prova decisiva: l’assenza di una dichiarazione di assunzione di responsabilità da parte del vero colpevole. In altre parole, secondo il primo giudice, senza la “confessione” di chi aveva usurpato l’identità, non era possibile procedere alla cancellazione delle condanne.

L’intervento della Cassazione e il principio sull’errore di nome

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente la decisione del Tribunale, accogliendo il ricorso del cittadino. La Suprema Corte ha richiamato i principi che regolano l’errore di nome, delineati dall’articolo 668 del codice di procedura penale. Questo articolo distingue due scenari:

1. Correzione dell’errore materiale: Se la persona giusta è stata processata ma il suo nome è stato scritto in modo errato nella sentenza, il giudice dell’esecuzione può semplicemente correggerlo.
2. Revisione del processo: Se è stata processata e condannata la persona sbagliata, si deve procedere con la revisione del processo, un rimedio più complesso.

Il ruolo del giudice dell’esecuzione, ha chiarito la Corte, è cruciale: deve verificare chi sia stata, nella sua identità fisica, la persona effettivamente citata in giudizio. Questa verifica non può essere superficiale, ma deve basarsi su tutti gli elementi disponibili.

L’importanza dei dati oggettivi nell’errore di nome

Il punto centrale della sentenza risiede nel valore attribuito alle prove oggettive. Il ricorrente aveva sottolineato che i codici identificativi (CUI) e le impronte dattiloscopiche associate alle condanne non erano i suoi, ma quelli del vero colpevole. La Cassazione ha affermato che questi dati sono più che sufficienti per risolvere ogni dubbio. I registri del sistema informativo interforze (SIC), che utilizzano il CUI come dato identificativo univoco, permettevano di attribuire con certezza le condanne al soggetto che aveva usurpato l’identità.

Contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale, il giudice dell’esecuzione aveva già in suo possesso tutti gli elementi documentali per accogliere l’istanza e disporre la cancellazione. Attendere una dichiarazione di responsabilità dal vero colpevole sarebbe stato un requisito illogico e non previsto dalla legge.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che il provvedimento del Tribunale era viziato. Il giudice di primo grado non aveva correttamente valutato la documentazione prodotta, che dimostrava in modo inequivocabile la discrepanza tra l’identità del ricorrente e quella della persona effettivamente condannata. I certificati penali e i dati del sistema SIC collegavano inequivocabilmente le sentenze in questione al soggetto con un CUI e impronte diverse. Pertanto, il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto concludere che le iscrizioni erano errate e disporne la cancellazione, senza richiedere prove ulteriori e non necessarie come l’ammissione di colpa dell’usurpatore.

Le conclusioni

In conclusione, la Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata e ha rinviato il caso al Tribunale per un nuovo giudizio, che dovrà attenersi ai principi enunciati. Questa sentenza rafforza un principio di garanzia fondamentale: un cittadino vittima di furto d’identità ha il diritto di vedere ripristinata la propria integrità e di ottenere la pulizia del proprio casellario giudiziale. La giustizia non può fermarsi di fronte a formalismi, ma deve utilizzare tutti gli strumenti oggettivi a sua disposizione, come i dati biometrici e i codici identificativi, per accertare la verità e correggere gli errori.

Cosa si intende per ‘errore di nome’ in un processo penale?
Per ‘errore di nome’ si intende una situazione in cui una persona viene condannata al posto di un’altra a causa di uno sbaglio sulla sua identità, spesso derivante da un furto di generalità.

Quali prove sono decisive per correggere un errore di nome nel casellario giudiziale?
Secondo la sentenza, le prove oggettive come i codici identificativi univoci (CUI) e le impronte dattiloscopiche sono decisive. Questi elementi permettono di accertare con certezza la vera identità della persona condannata, superando ogni dubbio.

Chi è competente a decidere sulla cancellazione di una condanna per errore di nome?
La competenza spetta al Giudice dell’esecuzione. Questo magistrato ha il dovere di verificare l’identità fisica della persona effettivamente coinvolta nel processo e, se accerta un errore, deve provvedere alla correzione o, nei casi più gravi, trasmettere gli atti per la revisione del processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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