Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 30537 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 30537 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nata. a PORTO SAN GIORGIO il 27/08/1962
avverso l’ordinanza del 01/04/2025 della CORTE APPELLO di L’AQUILA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata, la Corte di appello di L’Aquila ha dichiarato inammissibile la richiesta di revisione avanzata dalla ricorrente avverso la sentenza emessa dalla Corte di cassazione, Sesta sezione penale, in data 8 febbraio 2023, con la quale, in parziale accoglimento del ricorso ordinario, era stata qualificata la condotta contestata all’imputata – in origine attribuitale ai sensi dell’art. 314 cod. pen. – come appropriazione indebi aggravata, dichiarandosi estinto il reato per intervenuta prescrizione con conferma delle statuizioni civili.
2.La Corte di appello ha rilevato, a giustificazione del provvedimento, che la richiesta di revisione era del tutto analoga nei contenuti ad altra già decisa dalla medesima Corte con
ordinanza di inammissibilità del 24 gennaio 2025, non soggetta ad impugnazione e per questo irrevocabile rebus sic stantibus in assenza di elementi nuovi.
Ad avviso della Corte territoriale, la ricorrente, ora come allora, si doleva del fatto che seguito della diversa qualificazione giuridica della condotta, la Corte di cassazione avrebbe erroneamente ritenuto che la prescrizione del reato fosse maturata dopo e non prima della sentenza di primo grado, da ciò avendone fatto conseguire la conferma delle statuizioni civili le quali, invece, avrebbero dovuto essere revocate.
In ogni caso, secondo la Corte di appello, la richiesta di revisione era stata proposta fuori dai casi previsti dall’art. 630 cod. proc. pen.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME deducendo:
violazione di legge per non avere la Corte ritenuto ammissibile la richiesta di revisione tenuto conto del fatto che, nella precedente occasione, il medesimo giudice territoriale non era entrato nel merito, ritenendo che non vi fossero nuove prove.
Inoltre, il termine per proporre la seconda richiesta di revisione era pendente all’epoca della sua riproposizione ed essa non era del tutto sovrapponibile rispetto alla prima;
violazione di legge per non avere la Corte rilevato, alla luce di quanto il ricors ribadisce, l’intervenuta prescrizione del reato di appropriazione indebita – siccome qualificato dalla Corte di cassazione – prima della sentenza di primo grado, circostanza che avrebbe imposto la revoca delle statuizioni civili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4,
Al di là della verifica della possibilità di proporre una seconda richiesta di revisione la ricorrente assume essere diversa dalla precedente – vi è che la censura posta alla base del ricorso, come ha correttamente rilevato la Corte di appello, esula del tutto dai casi i cui può essere proposta la richiesta di revisione siccome previsti dall’art. 630 cod. proc
Quello di cui la ricorrente si duole, attraverso argomentazioni la cui fondatezza non importa verificare, è un errore di fatto di natura percettiva nel quale sarebbe incorsa l Corte di cassazione, consistente nel non avere rilevato – a seguito della diversa qualificazione giuridica della condotta – l’intervenuta prescrizione del reato appropriazione indebita prima e non dopo la sentenza di primo grado, con le necessarie
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi non consentiti. pen. implicazioni inerenti alle statuizioni civili.
2, Tuttavia, la (supposta) esistenza di tale errore di fatto avrebbe dovuto essere veicolata attraverso altro rimedio straordinario, del tutto diverso nei suoi presupposti rispetto al revisione della sentenza – circostanza che impedisce in questa sede una diversa qualificazione della impugnazione – e, cioè, attraverso il ricorso straordinario ai sens
dell’art. 625-bis cod. proc. pen. (in questo senso, Sez. U, n. 37505 del 14/07/2011,
COGNOME Rv. 250528-01; Sez. 3, n. 10417 del 25/02/20, COGNOME Rv. 279065-01).
g, Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle
Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa della stessa ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso, il 15/07/2025.