Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 8380 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 8380 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CAMPOFRANCO il 28/04/1954
avverso la sentenza del 15/11/2023 della CORTE DI CASSAZIONE di Roma lette le conclusioni in data 10/01/2025 del Sostituto Procuratore generale, Dottor NOME
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Prima Sezione penale di questa Corte ha rigettato il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza della Corte di assise di appello di Caltanissetta del 13 gennaio 2023, che aveva confermato la condanna all’ergastolo inflittagli per l’omicidio di NOME COGNOME commesso in Niscemi in data 8 novembre 1983.
Ha proposto ricorso straordinario per errore materiale o di fatto, ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen., il difensore e procuratore speciale di NOME COGNOME e con un solo motivo, articolato in più censure – quivi enunciate nei termini strettamente necessari
per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen. denunciato l’omessa valutazione da parte del Collegio della decisione impugnata dei fat e delle prove del processo, siccome risultanti dagli atti di causa ed incidenti sulla dec finale; tanto in riferimento: I.) all’omesso esame delle censure con le quali erano evidenziati elementi di fatto, desunti dalle risultanze investigative em nell’immediatezza dell’omicidio (segnatamente, quelle cristallizzate nella C.N.R. reda dai Carabinieri di Niscemi), confliggenti con il portato delle dichiarazioni dei collabor di giustizia e tali da mettere in correlazione l’omicidio di NOME COGNOME con altri fatti di sangue verificatisi, all’epoca, in Niscemi, ossia: l’omicidio di NOME COGNOME duplice tentato omicidio di NOME COGNOME e di NOME COGNOME e l’omicidio di NOME COGNOME; II.) all’omesso esame delle doglianze sviluppate sulla base di sentenze passate giudicato, oggetto di produzione documentale, atte a comprovare l’inattendibili estrinseca dei collaboratori di giustizia COGNOME e COGNOME, le cui dichiar accusatorie, rese in altri processi, non erano state ritenute utili a sostenere gli di omicidio mossi agli imputati di quei processi; III.) all’omesso esame di eleme probatori atti a mettere in dubbio il coinvolgimento di NOME COGNOME nella fas deliberativa ed esecutiva dell’omicidio di NOME COGNOME elementi che, invece, sarebbero dovuti considerare atteso che le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia solo non erano né univoche né convergenti in ordine al movente del delitto all’individuazione dei mandanti del delitto, ma erano anche caratterizzate da vistose f logiche e mnemoniche in riferimento alle circostanze nelle quali i propalanti erano venu a conoscenza del protagonismo del COGNOME nell’uccisione del COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Tramite un’esposizione prolissa e confusa di elementi di fatto, presentata come riepilogativa delle questioni che non avrebbero trovato adeguata risposta da parte de Corte di Cassazione, il ricorrente pretende di censurare la sentenza n. 21125 del 202 resa dalla Prima Sezione, ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen..
Si deve, allora, dare atto di come la sentenza censurata, richiamati gli appro della giurisprudenza di legittimità in tema di valutazione della chiamata in reità o corr ha riscontrato come correttamente operata da parte dei giudici di merito la valutazio delle dichiarazioni accusatorie dei collaboratori di giustizia COGNOME e COGNOME, in qu convergenti rispetto al nucleo essenziale del racconto, ossia, nell’indicazione di COGNOME come uno degli esecutori materiali dell’agguato ai danni di NOME COGNOME;
partecipazione della quale erano venuti a conoscenza tramite lo stesso COGNOME, che l’aveva loro riferita. Donde, secondo il giudice di legittimità, i rilievi difensivi nell’intere del ricorrente, non confrontandosi con il complessivo tenore delle chiamate in reità, si risolvevano nella prospettazione di una valutazione atomistica degli elementi di prova, come tale inidonea ad incidere in maniera decisiva sulla ricostruzione del fatto e della responsabilità del COGNOME, per come desumibile dalle decisioni di merito.
3. Alla stregua di quanto riportato nella motivazione della sentenza attinta dal rimedio straordinario, la quale, oltretutto, ha espressamente esaminato: I.) il rilievo relativo alla ‘diversa pista’ originariamente seguita dagli investigatori, richiamando le lineari e non illogiche ragioni per le quali essa era stata successivamente abbandonata; II.) le deduzioni difensive circa il ‘mancato peso assegnato a precedenti giudicati’, che avrebbero definitivamente sancito l’inattendibilità di COGNOME e COGNOME, evocando l’insegnamento impartito da questa Corte in ordine alla necessità di una valutazione autonoma, in ciascun processo, ed eventualmente frazionata, delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e dando conto delle ragioni per le quali la chiamata in reità nei distinti contesti processuali non si era rivelata decisiva; III.) il tema delle discrasie emerse dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, in ordine alle questioni del ‘mandato aperto’ per l’omicidio di NOME COGNOME formulato dai vertici di ‘Cosa Nostra’, e della prova della partecipazione di COGNOME alla materiale esecuzione del reato (cfr. punto 3.2.2., pagg. 25-26), emerge come il ricorrente, con la presente impugnativa, non si sia affatto attenuto, nel formularne le ragioni a sostegno, all’insegnamento impartito dal diritto vivente in materia.
Le Sezioni Unite di questa Corte, infatti, hanno stabilito che l’errore di fatto, verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen., consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso (Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Rv. 221280 – Rv. 221283) e hanno chiarito che persino l’omesso esame di un motivo di ricorso per cassazione non dà luogo ad errore di fatto rilevante a norma dell’art. 625-bis cod. proc. pen., né determina incompletezza della motivazione della sentenza allorché, pur in mancanza di espressa disamina, il motivo proposto debba considerarsi implicitamente disatteso perché incompatibile con la struttura e con l’impianto della motivazione, nonché con le premesse essenziali, logiche e giuridiche che compendiano la ratio decidendi della sentenza medesima, ovvero quando l’omissione sia soltanto apparente, risultando le censure formulate con il relativo motivo assorbite
dall’esame di altro motivo preso in considerazione, giacché, in tal caso, esse sono state comunque valutate, pur essendosene ritenuta superflua la trattazione per effetto della disamina del motivo ritenuto assorbente.
Per tutto quanto esposto, s’impone la declaratoria d’inammissibilità del ricorso, cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così è deciso, 29/01/2025
Il Presidente
Il Consigliere estensore
IRENE SCORDAMAGLIA
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