Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21804 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21804 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 12/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Sorrento il 26/02/1980
avverso la sentenza n. 27749 del 13/06/2024 della Corte di Cassazione visti gli atti, il provvedimento impugnato e ericors0 udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME Di NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Seconda Sezione della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli del 30 ottobre 2023 che ne confermava la condanna per i delitti di trasferimento fraudolento di valori (capo A), estorsione ai danni di NOME COGNOME (capo B) ed estorsione ai danni di NOME COGNOME (capo C2).
NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso straordinario, ai sensi dell’art. 625-bis, cod. proc. pen., chiedendo la correzione di errori di fatto di tipo percettivo, consistenti nell’omesso esame dei motivi di ricorso.
2.1. Il primo motivo censura la sentenza impugnata per non avere valutato la censura volta ad escludere che il ricorrente fosse il “compariello” indicato nell’intercettazione n. 2407 nonostante le argomentazioni difensive contenute alle pagine 7 ed 11 del ricorso in cui si dimostrava che nell’occasione, peraltro esclusa da Somma, vi fosse anche NOME COGNOME.
2.2. Il secondo motivo censura la medesima sentenza della Corte di cassazione per avere omesso ogni risposta alle censure difensive relative alla qualificazione dell’estorsione come contrattuale nonostante l’assenza proprio di un contratto.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, ai sensi dell’ar 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla I. n. 176 del 2020, i cui effetti sono stati successivamente prorogati, in mancanza di richiesta nei termini di discussione orale.
All’udienza dell’8 aprile 2025 il processo è stato rinviato al fine di acquisire il ricorso in cassazione proposto dalla parte e non disponibile in atti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto presentato per motivi diversi da quelli consentiti.
Ai sensi dell’art. 625-bis, cod. proc. pen. costituisce errore di fatto quello percettivo, causato da una svista o da un equivoco, in cui la Corte di cassazione è incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso, tanto da influenzare processo formativo della volontà e determinare una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso (Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Basile, Rv.221280). Detto errore, quindi, va identificato soltanto in una fuorviata rappresentazione percettiva, con esclusione delle ipotesi in cui la decisione abbia contenuto valutativo (Sez. U, n. 18651 del 26/03/2015, COGNOME, Rv. 263686).
Peraltro, come puntualmente sottolineato dalla requisitoria del Procuratore generale, l’art. 625-bis cod. proc. pen. non si applica nel caso di omesso esame di un motivo di ricorso per cassazione o di incompletezza della motivazione della sentenza allorché, pur in mancanza di espressa disamina, il motivo proposto debba considerarsi implicitamente disatteso perché incompatibile con la struttura e con l’impianto della motivazione (Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Basile, cit.).
Il ricorso ha ritenuto sussistente l’errore percettivo, nei termini dell’omesso esame dei motivi di ricorso, in tutti gli assunti che hanno portato la Corte di cassazione, con la sentenza n. 27749 del 13 giugno 2024, a rigettare tutte le censure poste.
3.1. In ordine al primo motivo, non risulta alcun errore percettivo della sentenza impugnata in quanto dalla lettura dell’originario ricorso in cassazione (pag. 11) non emerge essere stata svolta una specifica censura volta ad escludere espressamente che “compariello” – esecutore dell’estorsione ai danni di NOME COGNOME menzionato da COGNOME nell’intercettazione successiva al delitto – fosse proprio il COGNOME.
3.2. Il secondo motivo di ricorso non indica alcun errore percettivo della sentenza impugnata, sempre nei termini dell’omissione, in quanto la censura, relativa alla qualificazione giuridica del fatto di cui al capo C) come estorsione contrattuale, ha trovato precisa risposta nella sentenza impugnata, a pag. 10, lì
dove ha richiamato le intercettazioni valorizzate dalla Corte di appello, ulteriormente riscontrate dagli accertamenti della polizia giudiziaria dimostrative
della coartazione della persona offesa, NOME COGNOME circa la scelta dei lavoratori dipendenti assunti come buttafuori della discoteca.
4. Alla luce degli argomenti esposti, la sentenza impugnata non reca alcun errore percettivo nei termini omissivi rappresentati, così da determinare la
declaratoria di inammissibilità del ricorso cui consegue, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione
delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende
Così deciso il 12 maggio 2025.