Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20375 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 3 Num. 20375 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME, nato a Grannmichele il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/05/2023 della Corte di cassazione
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, per il tramite dei difensori di fiducia muniti di procura speciale, propone ricorso straordinario ai sensi dell’art. 625-bis cod.proc.pen. avverso la sentenza n. 35896/2023 emessa dalla Quarta Sezione di questa Corte in data 03/05/2023, con la quale è stato rigettato il ricorso proposto dal predetto avverso la sentenza del 11/10/2022 della Corte di appello di Salerno.
Il ricorrente articola un unico motivo di ricorso, con il quale deduce che la Corte di cassazione è incorsa in errore di fatto per omessa considerazione di alcuni dei motivi del ricorso originario per cassazione; in particolare, era stata omessa la trattazione dei motivi 2 (concernente la pratica del “tramacco”, considerata dai giudici di merito la principale prova a carico dell’imputato), 3 (assenza dell’elemento soggettivo) e 4 (materiale probatorio provenuto da altro procedimento – dichiarazioni di cd collaboranti- ed esaltato dai giudici di merito quale prova di colpevolezza dell’imputato) dell’originario ricorso, aventi carattere di decisività
Chiede, quindi, l’annullamento della sentenza impugnata e l’adozione dei provvedimenti conseguenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Dalla lettura della sentenza impugnata emerge la manifesta infondatezza del ricorso, in quanto i motivi dei quali si lamenta l’omessa considerazione sono stati esaminati e valutati da parte della Corte di cassazione (cfr. pp 7 e 8 della sentenza impugnata).
2.La censura del ricorrente costituisce, in sostanza, la mera riproposizione dei motivi dell’originario ricorso, motivatamente disattesi dalla Corte di Cassazione nella sentenza impugnata.
Essi, quindi, rappresentano un errore di giudizio, che, come tale, involgerebbe l’aspetto valutativo della decisione e si concreterebbe, pertanto, in una errata valutazione giuridica e non in un errore materiale o di fatto.
Una siffatta doglianza, quindi, non è deducibile con il rimedio straordinario previsto dall’art. 625 bis cod.proc.pen.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità, infatti, l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità deve consistere in un erro percettivo determinato da una svista in cui sia incorsa la Corte di Cassazione e non in un errore di valutazione di fatti esposti nella sentenza a suo tempo impugnata; sono, pertanto estranei all’ambito di applicazione dell’istituto gli errori
di interpretazioni di norme giuridiche, sostanziali e processuali, ovvero la supposta esistenza delle norme stesse o l’attribuzione ad esse di una inesatta portata, anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi giurisprudenziali consolidati, la deduzione di una errata valutazione di elementi probatori (Sez. Un. n.16103 del 30/04/2002, rv. 221280; sez. 6 n.12893 del 20/03/2003, Rv. 224156; Sez.2, n.45654 del 24/09/2003, Rv.227486;Sez.U, n.37505 del 14/07/2011, Rv.250527; Sez.6, n.35239 del 21/05/2013, Rv.256441; Sez.U,n.18651 del 26/03/2015, Rv.263686).
Ed è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 625- bis cod. proc. pen.nella parte in cui esclude che con lo speciale mezzo di impugnazione possa essere dedotto l’errore valutativo o di giudizio, precisandosi che tale disciplina è compatibile con la fisionomia dell’istituto, introdotto al solo fine di porre riparo a mere sviste o errori percezione nei quali sia incorso il giudice di legittimità e non anche per introdurre un ulteriore grado di giudizio, ciò che si porrebbe, del resto, in contrasto con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo (Sez.5, n.37725 del 05/04/2005, Rv.232313).
Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura ritenuta equa indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18/04/2024