Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9388 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9388 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Gioia Tauro il 17/01/1978
avverso la sentenza del 26/06/2024 della Corte di cassazione di Roma udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; uditi i difensori, avv. NOME COGNOME e avv. NOME COGNOME che hanno concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 32036 del 26/06/2024, depositata il 06/08/2024, la Sesta Sezione di questa Corte rigettava il ricorso presentato da NOME COGNOME
L’imputato, a mezzo dei difensori, ha interposto ricorso straordinario per errore di fatto ai sensi dell’art. 625bis cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 625bis cod. proc. pen., in relazione agli artt. 3, 24, commi 1 e 2, 25, comma 1, 111, commi 2, 3 e 4 Cost. e 6, commi 1 e 3, lett. b) e d), CEDU, con riferimento all’art. 238bis cod. proc. pen. per errore di fatto. Dopo aver premesso che Ł ammesso il ricorso straordinario per cassazione in presenza di violazioni della Costituzione o della CEDU, rileva che nel caso di specie la Corte di legittimità ha violato il disposto di cui all’art. 238bis cod. proc. pen., ritenendo di poter giudicare, quale giudice della cognizione piena, sostituendosi di fatto al sindacato del giudice di merito e violando il dettato di cui agli artt. 3, 24, 25, 111 Cost. e la norma sovranazionale di cui all’art. 6 CEDU; che, acquisita la sentenza definitiva pronunciata nei confronti del coimputato NOME COGNOME la Corte di cassazione avrebbe dovuto annullare la sentenza e rimettere il ricorrente davanti al giudice del merito, per consentirgli di esercitare il diritto di difesa innanzi al giudice naturale precostituito per legge; che, dunque, il giudice di legittimità si Ł sostituito a quello di merito nella valutazione delle prove, che necessitavano di essere corroborate da altri elementi di riscontro ai sensi dell’art. 238bis cod. proc. pen., che l’imputato non ha potuto
offrire nel giudizio di legittimità; che, di conseguenza, il ricorrente non ha avuto un processo giusto ed equo davanti al giudice precostituito per legge, nØ ha avuto il tempo, a seguito della sentenza definitiva emessa nei confronti del coimputato, di preparare la difesa davanti al giudice di merito e di far esaminare testimoni; che, invece, la Corte di cassazione, dopo aver acquisito detta sentenza definitiva, ha ritenuto di poterla valutare, confrontandola con quella di secondo grado pronunciata nei confronti dell’odierno ricorrente e, infine, giudicatala indifferente rispetto alla posizione del COGNOME, ha rigettato il ricorso; che in tal modo il giudice di legittimità ha reinterpretato i fatti posti a base della decisione impugnata, sovrapponendo la propria valutazione delle prove a quella effettuata negli altri gradi di giudizio, sindacato questo che Ł precluso, dovendo il giudizio della Corte di legittimità essere limitato al controllo sulla corretta applicazione delle regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno fondato una determinata scelta rispetto ad altre; che, in definitiva, la sentenza impugnata ha finito con il riservare a se stessa il giudizio di cui all’art. 238bis cod. proc. pen. in ordine alla valenza probatoria della sentenza pronunciata nei confronti del COGNOME e degli elementi probatori in essa contenuti, sottraendone lo scrutinio, da compiersi ai sensi degli artt. 187 e 192 cod. proc. pen., al giudice di merito che ne detiene l’esclusiva cognizione; che, di conseguenza, risulta violato anche il principio del contraddittorio, atteso che il ricorrente davanti al giudice di legittimità non ha potuto partecipare al giudizio e far valere, a fronte di una nuova evenienza processuale, le proprie ragioni e difese che avrebbe invece potuto proporre davanti al giudice di merito; che, in conclusione, vi Ł stato uno sconfinamento della giurisdizione e competenza del giudice di legittimità, che ha posto in essere un confronto tra le risultanze probatorie della sentenza COGNOME e quelle della sentenza COGNOME contraddicendo la giurisprudenza di legittimità, che ha piø volte ribadito che non spetta al giudice della Corte di cassazione, esulando dai suoi compiti, procedere ad una valutazione di resistenza, prevalenza o indifferenza degli elementi posti a fondamento della decisione irrevocabile, con la conseguenza che l’annullamento con rinvio al giudice di merito rimane una soluzione obbligata.
2.2. Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 625bis , comma 1, cod. proc. pen. per errore di fatto in relazione alla valutazione probatoria, ai sensi dell’art. 238bis cod. proc. pen., della sentenza COGNOME. Osserva che l’errore di fatto in cui Ł incorsa la Suprema Corte emerge dalla lettura della sentenza di appello che riguarda l’odierno ricorrente, tenuto conto che tratteggia il ruolo del COGNOME attivo nella pianificazione, nella chiamata ai carabinieri e nella collocazione, unitamente al COGNOME, della sostanza stupefacente nell’autovettura di NOME COGNOME, circostanze queste clamorosamente smentite dalla sentenza di assoluzione del coimputato, che, dunque, inficia tutta la ricostruzione effettuata nella sentenza COGNOME; che, in altri termini, la Corte di legittimità, nel valutare i fatti contenuti nella sentenza COGNOME, commette un evidente errore di fatto, inquadrabile nell’alveo dell’art. 625bis cod. proc. pen., in quanto omette di valutare tutti gli elementi probatori offerti e valorizzati in quel provvedimento, ritenendo che quella sentenza spieghi solamente che l’unico compito del Memushi fosse quello di effettuare la chiamata al 112, non percependo per una evidente svista che quella sentenza non solo mette in dubbio la data di commissione del fatto, ma afferma che il coimputato non pianificò, nØ partecipò ad alcun piano criminoso concepito ed eseguito insieme al COGNOME, giungendo ad affermare che non vi Ł prova che l’odierno ricorrente si recò in Baranzate di Bollate per introdurre la sostanza stupefacente nell’autovettura della Vismara.
2.3. Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 625bis , comma 1, cod. proc. pen., in relazione all’inesistenza di una prova posta a fondamento della decisione del ricorso che ha condotto all’errore di fatto. Evidenzia che la Corte di legittimità Ł incorsa in un ulteriore errore di fatto laddove ha affermato che al Furci venne sequestrata la sim telefonica utilizzata per effettuare la chiamata al 112 la sera del 03/01/2020, come risulta dal verbale di sequestro, che non comprende tra quelle sequestrate la predetta sim; che nemmeno dai successivi accertamenti Ł emerso che la
sim da cui partì la telefonata al 112 fosse stata nella disponibilità del COGNOME; che, dunque, Ł stato utilizzato un dato processuale inesistente per rigettare il ricorso.
2.4. Con il quarto motivo si duole della violazione dell’art. 625bis , comma 1, cod. proc. pen. per errore di fatto, in relazione all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., per mancato esame dei motivi nuovi. Rileva che, pur avendo premesso che deve escludersi che spetti al giudice di legittimità il confronto probatorio tra gli elementi di fatto accertati e posti a sostegno della sentenza passata in giudicato con la situazione probatoria propria del processo nel quale viene acquisita, la decisione impugnata incorre in un errore di fatto laddove omette di dar conto delle ragioni per le quali ha deciso di superare detto indirizzo della giurisprudenza di legittimità, riportato nei motivi di ricorso; che detta omissione ha rivestito carattere decisivo, atteso, che se il motivo fosse stato vagliato, si sarebbe pervenuti ad una sentenza di annullamento con rinvio.
2.5. Con il quinto motivo deduce la violazione dell’art. 625bis , comma 1, cod. proc. pen. per errore di fatto, in relazione all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., per mancato esame dei motivi aggiunti in ordine al trattamento sanzionatorio. Osserva che nei motivi aggiunti la difesa aveva evidenziato come la sentenza COGNOME andasse ad incidere anche sull’entità della pena irrogata al COGNOME, che aveva tenuto conto della partecipazione del coimputato alla fase ideativa ed a quella esecutiva; che, invero, la sentenza di appello pronunciata nei confronti dell’odierno ricorrente ha valorizzato il concorso di piø persone nel reato e per tale motivo si era attestata su una pena base pari al doppio del minimo edittale; che, invece, la Corte di legittimità ha omesso di riportare nella parte dedicata ai motivi aggiunti tale doglianza, concentrandosi solo sul profilo probatorio e neppure successivamente ha affrontato il tema della dosimetria della pena, per cui il motivo non Ł stato nØ esaminato, nØ implicitamente disatteso, essendo la decisione intervenuta su questioni giuridiche diverse, con argomenti inidonei ad assorbire il motivo non affrontato; che, dunque, Ł evidente l’errore di percezione, laddove la Corte di cassazione, pur giustificando il trattamento sanzionatorio dei giudici di merito, non ha percepito che la pena base era stata determinata anche in considerazione della partecipazione di un complice nella pianificazione ed esecuzione, poi assolto con sentenza definitiva; che l’errore Ł stato decisivo, atteso che ha comportato il rigetto del ricorso in luogo dell’annullamento con rinvio alla Corte di appello, la sola in grado di verificare in che misura il venir meno della partecipazione del Memushi alla realizzazione del reato si riverbera sul quantum della pena.
2.6. Con il sesto motivo eccepisce la violazione dell’art. 625bis , comma 1, cod. proc. pen. per errore di fatto, in relazione al mancato esame del quarto motivo del ricorso introduttivo. Rileva che un ulteriore errore percettivo deve rinvenirsi nel mancato esame del quarto motivo di ricorso, relativo alla sussistenza del reato di cui all’art. 73, comma 5, del D.P.R. n. 309/1990, solo in apparenza valutato; che, invero, a fronte delle numerose questioni sollevate con specifico riferimento all’offensività della condotta ed alla tutela della salute pubblica, la Corte di legittimità si limita a ritenere integrato il reato con l’acquisto ai fini di cessione dello stupefacente, senza rispondere al quesito sottopostole dalla difesa, che era incentrato non sull’acquisto ai fini di cessione, quanto piuttosto sull’assenza del reato in ragione della carenza dell’offensività rispetto al bene tutelato dalla norma – la salute pubblica – e su cui il giudice di legittimità non si confronta neppure implicitamente.
2.7. Con il ricorso si chiede, altresì, la sospensione della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 625, comma 2, cod. proc. pen. Ritiene, in particolare, la difesa che il pagamento dell’elevata provvisionale e l’ordine di carcerazione già notificato all’imputato siano elementi che, unitamente alla presenza delle condizioni di cui all’art. 625bis , comma 2, cod. proc. pen., rendono evidente la necessità di scongiurare gli effetti dirompenti della sentenza impugnata sulla vita del ricorrente.
2.8. In data 19/02/2025 Ł pervenuta articolata memoria difensiva con cui si insiste per l’accoglimento del ricorso.
2.9 All’odierna comparizione camerale, inizialmente fissata per la discussione dell’istanza di sospensione dell’esecuzione, sull’accordo delle parti, Ł stato valutato il merito del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile.
1.1. Va innanzitutto premesso che la giurisprudenza di legittimità, nella sua piø autorevole composizione, ha avuto modo di affermare che l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del rimedio previsto dall’art. 625bis cod. proc. pen. consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso. Di conseguenza, i )- qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non Ł configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio; ii )-sono estranei all’ambito di applicazione dell’istituto gli errori di interpretazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, ovvero la supposta esistenza delle norme stesse o l’attribuzione ad esse di una inesatta portata, anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi giurisprudenziali consolidati, nonchØ gli errori percettivi in cui sia incorso il giudice di merito, dovendosi questi ultimi far valere anche se risoltisi in travisamento del fatto – soltanto nelle forme e nei limiti delle impugnazioni ordinarie; iii )- l’operatività del ricorso straordinario non può essere limitata alle decisioni relative all’accertamento dei fatti processuali, non risultando giustificata una simile restrizione dall’effettiva portata della norma in quanto l’errore percettivo può cadere su qualsiasi dato fattuale (Sez. U, n. 16103 del 27/3/2002, COGNOME, Rv. 221280 – 01; Sez. 2, n. 29450 del 08/05/2018, COGNOME, Rv. 273060 – 01; Sez. 6 n. 46065 del 17/09/2014, COGNOME, Rv. 260819 – 01; Sez. 2, n. 2241 del 11/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259821 – 01).
1.2. Orbene, nel caso di specie e con riferimento ai primi tre motivi di ricorso – che, attenendo alla valutazione della sentenza di assoluzione del coimputato ed alle altre emergenze probatorie in punto di responsabilità del COGNOME, possono essere trattati congiuntamente -, ritiene, in primo luogo, il Collegio che le osservazioni in merito ai risvolti che la sentenza di assoluzione del coimputato ha nei fatti scrutinati, effettuate dal giudice di legittimità, non risultano essere state determinate da errori percettivi o da sviste, costituendo invece l’esito conclusivo di un percorso motivazionale avente contenuto squisitamente valutativo (Ł stata ritenuta la non pertinenza della sentenza di assoluzione, sia perchØ giudicata incidente solo sulla identificazione del correo, sia in considerazione degli esiti degli accertamenti successivamente svolti). In altri termini, la Corte ha operato una valutazione nel merito, opinabile quanto si vuole, ma comunque un apprezzamento delle risultanze processuali, ritendo assorbenti taluni elementi.
In secondo luogo, osserva il Collegio che anche il giudizio di indifferenza degli elementi posti a fondamento della decisione irrevocabile, effettuata dalla Corte di legittimità, potrebbe al piø costituire errore di diritto, relativo alla corretta applicazione di una norma processuale, quale l’art. 238bis cod. proc. pen. e non certamente di fatto, dunque, non rientrante nel perimetro applicativo dell’art. 625bis cod. proc. pen., essendo estranei all’ambito di applicazione dell’istituto in discorso gli errori di interpretazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, ovvero la supposta esistenza delle norme stesse o l’attribuzione ad esse di una inesatta portata, anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi giurisprudenziali consolidati.
In ogni caso, venendo piø specificamente al terzo motivo, si osserva che il denunciato travisamento, relativo al sequestro della sim telefonica utilizzata per effettuare la chiamata al 112 la sera del 03/01/2020 presso l’abitazione del Furci – dato che si assume non corrispondente al vero e frutto di travisamento – non Ł stato oggetto di censura nell’originario ricorso per cassazione,
nonostante la sentenza di appello desse conto della circostanza (si veda pag. 31, laddove Ł richiamato il verbale di perquisizione del 13/4/2021) e su tale accertamento non contestato sia stata fondata l’affermazione di cui a pag. 9 della sentenza oggi impugnata; in conseguenza, il prospettato errore non potrebbe essere attribuito alla decisione Sesta sezione di questa Corte. Ciò rende la doglianza inammissibile, in quanto, ove pure presente, il denunciato errore sarebbe riferibile al giudice di merito e quindi coperto dal giudicato, in quanto non oggetto di contestazione nell’originario ricorso.
Devono, dunque, escludersi le sviste o gli errori percettivi denunciati, essendo le determinazioni censurate frutto di un percorso logico-giuridico valutativo.
1.3. Il quarto motivo Ł manifestamente infondato, atteso che il giudizio di irrilevanza attribuito dalla Corte alla sentenza di assoluzione prodotta dal ricorrente, ne postula il previo esame. In altre parole, anche in questo caso, si tratta non di un mero errore di fatto o di una svista percettiva, ma al piø di una opinabile valutazione dei motivi aggiunti e della sentenza pronunciata nei confronti del COGNOME, rispetto ai quali non si può affermare che ne sia stato omesso l’esame per una svista. In ogni caso, quello denunciato dalla difesa – vale a dire il non aver dato conto il giudice di legittimità dei motivi per i quali si sarebbe discostato dall’orientamento che gli impedisce il confronto probatorio tra gli elementi di fatto accertati e posti a sostegno della sentenza passata in giudicato con la situazione probatoria propria del processo nel quale viene acquisita – al piø potrebbe costituire errore di diritto
1.4. Manifestamente infondato risulta anche il quinto motivo, con cui si deduce l’errore di fatto con riferimento al trattamento sanzionatorio. Rileva il Collegio che la ritenuta ininfluenza della sentenza assolutoria definitiva sulla posizione del COGNOME si ricavi agevolmente dalla trama motivazionale della sentenza impugnata. Si osserva, in proposito che, in tema di motivazione della sentenza, Ł necessario che il giudice indichi le emergenze processuali determinanti per la formazione del proprio convincimento, sì da consentire l’individuazione dell’iter logico-giuridico che ha condotto alla soluzione adottata, essendo irrilevante il silenzio su una specifica deduzione prospettata dalla parte, ove essa sia disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, atteso che non Ł necessaria l’esplicita confutazione delle specifiche tesi difensive disattese, ma Ł sufficiente una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione implicita di tale deduzione, senza lasciare spazio ad una valida alternativa (Sezione 3, n. 3239 del 4/10/2022, T., Rv. 284061 – 01). Nel caso di specie, la Corte di legittimità ha evidenziato che l’assoluzione del COGNOME non esclude la partecipazione alla commissione dei reati per cui si procede di altri soggetti, essendo pacifico che la telefonata al 112 non fu effettuata dal COGNOME di talchŁ – considerato tra gli altri il dato relativo alla «minuziosa pianificazione» e «la lunga pianificazione» della condotta criminosa – ha giudicato la motivazione della Corte territoriale immune da censure in punto di dosimetria della pena.
1.5. Il sesto motivo Ł inammissibile.
Lamenta il ricorrente l’errore percettivo in cui sarebbe incorso il giudice di legittimità, che non avrebbe preso in considerazione il quarto motivo del ricorso introduttivo, relativo alla sussistenza del reato di cui all’art. 73, comma 5, del D.P.R. n. 309/1990, sotto il profilo dell’offensività della condotta e della tutela della salute pubblica. Osserva il Collegio che la doglianza Ł manifestamente infondata, atteso che al punto 2.3. del ‘Ritenuto in fatto’ della sentenza impugnata viene sintetizzato in maniera del tutto corretta il quarto motivo di ricorso, circostanza questa che all’evidenza porta ad escludere che il giudice di legittimità abbia potuto fraintendere il senso della doglianza.
Dunque, anche in questo caso, potrebbe al piø ravvisarsi un errore di diritto, dovendosi escludere quello percettivo.
1.6. Quanto all’istanza di sospensione, il suo esame Ł superato dalla decisione nel merito, cui si Ł acceduto con il consenso delle parti.
All’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 26/02/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME