Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26582 Anno 2024
I
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26582 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/01/2023 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA
udita relazione svolta dal Consigliere COGNOME NOME COGNOME;
lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME
udito il difensore
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del dott. NOME COGNOME, Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 13 gennaio 2023, n. 16928-2023, la Quinta Sezione penale della Corte di cassazione dichiarava inammissibile il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza di condanna emessa nei suoi confronti in data 8 marzo 2021 dalla Corte di appello di Reggio Calabria.
La difesa di NOME COGNOME ha proposto ricorso straordinario, ex art 625bis cod. proc. pen., avverso la menzionata sentenza n. 16928-2023 del 13 gennaio 2023, chiedendone l’annullamento perché viziata da errore di fatto. Ad avviso della difesa, in tale sentenza la Corte di cassazione ha errato nella declaratoria di inammissibilità del ricorso, perché ha affermato che l’incertezza sulla individuazione di COGNOME come il soggetto della conversazione intercettata del 9 maggio 2016, sulla quale era basata la condanna, era una questione in fatto non proponibile in sede di giudizio di legittimità ed era inedita, in quanto non dedotta nei motivi di appello. La difesa afferma che, in realtà, la questione riguardante il contenuto della conversazione era stata già denunciata esplicitamente sia nei motivi di appello, sia nei motivi nuovi depositati in grado di appello. L’erronea qualificazione della questione come nuova, da parte della Corte di cassazione, ha comportato, secondo la difesa, l’erronea declaratoria di infondatezza del ricorso avverso la citata sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen. consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso ed è connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso (Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Rv. 221280-01)
È stato ribadito che, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di
giudizio, come tale escluso dall’orizzonte del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen. (Sez. U, n. 37505 del 14 luglio 2011, Rv. 250527).
Inoltre, è stato chiarito che l’errore materiale e l’errore di fatto, indica dall’art. 625-bis cod. proc. pen. come motivi di possibile ricorso straordinario avverso provvedimenti della Corte di cassazione, consistono, rispettivamente, il primo nella mancata rispondenza tra la volontà, correttamente formatasi, e la sua estrinsecazione grafica; il secondo in una svista o in un equivoco incidenti sugli atti interni al giudizio di legittimità, il cui contenuto viene percepito in mod difforme da quello effettivo, sicché rimangono del tutto estranei all’area dell’errore di fatto – e sono, quindi, inoppugnabili – gli errori di valutazione e di giudizio dovu ad una non corretta interpretazione degli atti del processo di cassazione, da assimilare agli errori di diritto conseguenti all’inesatta ricostruzione del significat delle norme sostanziali e processuali (Sez. 5, n. 29240 del 01/06/2018, Rv. 273193-01).
È stato precisato che, in tema di ricorso straordinario per errore di fatto, l’errore che può essere rilevato ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen. è solo quello decisivo, che abbia condotto ad una pronunzia diversa da quella che sarebbe stata adottata se esso non si fosse verificato (Sez. 6, n. 14296 del 20/03/2014, Rv. 259503 – 01).
In applicazione dei richiamati principi di diritto, pienamente condivisibili, deve affermarsi, con riferimento al caso ora in esame, l’inammissibilità del ricorso straordinario.
2.1. La menzionata sentenza n. 16928-2023, emessa il 13 gennaio 2023 dalla Quinta Sezione penale della Corte di cassazione, ora impugnata, afferma alle pagg. 44-45, con riguardo alle questioni relative alla conversazione del 9 maggio 2016, intercorsa fra NOME COGNOME e un terzo soggetto: «Quanto poi alla incertezza in ordine alla attribuibilità della conversazione al ricorrente, trattasi di question di fatto non proponibile in questa sede e peraltro inedita dal momento che la stessa non risulta dedotta con i motivi di appello».
È evidente, quindi, che tale sentenza riconduce il proprio giudizio, in ordine alla questione richiamata, sia ad una valutazione, in base alla quale la sentenza nota che «trattasi di questione di fatto»; sia ad una osservazione, in base alla quale la sentenza aggiunge, sulla questione, le parole «e peraltro inedita dal momento che la stessa non risulta dedotta con i motivi di appello».
Orbene, la prima parte del discorso espresso dalla Quinta Sezione penale ha carattere valutativo e, quindi – indipendentemente dalla sua esattezza – non può essere sindacato con lo strumento del ricorso straordinario.
Da ciò deriva l’irrilevanza della verifica sull’esattezza della osservazione riguardante la mancanza della formulazione della questione stessa nel giudizio di appello, osservazione che, in base al contesto, risulta espressa dalla citata sentenza ad abundantiam, sicché la sua ipotizzata erroneità non ha il carattere di decisività richiesto perché essa possa formare oggetto di ricorso straordinario.
In definitiva, le censure qui proposte, formulate con l’atto di ricorso straordinario avverso la sentenza n. 16928-23, emessa dalla Quinta Sezione penale della Corte di cassazione il 13 gennaio 2023, si collocano al di fuori del perimetro del rimedio utilizzato.
Per le suddette ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione (Corte costituzionale, sent. n. 186 del 2000), al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma indicata nel seguente dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 2 febbraio 2024.