Errore di Fatto: La Cassazione Chiarisce i Limiti del Ricorso
Nel complesso mondo della procedura penale, distinguere tra un errore di fatto e un errore di diritto è fondamentale, specialmente quando si intende impugnare una decisione davanti alla Corte di Cassazione. Una recente ordinanza ha ribadito con chiarezza i confini di questo specifico strumento processuale, chiarendo quando un ricorso può essere considerato ammissibile e quando, invece, è destinato a essere respinto.
I Fatti del Caso
Il caso in esame trae origine da un ricorso presentato avverso un’ordinanza della stessa Corte di Cassazione. Il ricorrente sosteneva che la Corte fosse incorsa in un “errore di fatto” ai sensi dell’articolo 625-bis del codice di procedura penale. Questo articolo prevede un rimedio specifico per correggere errori materiali o percettivi contenuti nelle decisioni della Suprema Corte, che non implichino una nuova valutazione giuridica del caso.
Il ricorrente, tuttavia, non lamentava una svista nella lettura degli atti, ma sollevava questioni relative all’interpretazione della legge, in particolare riguardo al momento di consumazione di una fattispecie associativa. La sua doglianza, sebbene presentata come un errore di fatto, celava in realtà un dissenso sull’interpretazione giuridica adottata nel precedente provvedimento.
L’Errore di Fatto secondo la Cassazione
La Corte, nel decidere sul ricorso, ha colto l’occasione per ribadire la sua consolidata giurisprudenza in materia. Citando una celebre sentenza delle Sezioni Unite (n. 16103 del 2002), i giudici hanno spiegato che l’errore di fatto rilevante ai fini dell’art. 625-bis è esclusivamente quello che si traduce in un errore percettivo. Si tratta di una svista o di un equivoco nella lettura degli atti processuali interni al giudizio di legittimità.
In altre parole, l’errore deve essere causato da una “fuorviata rappresentazione percettiva” che ha viziato il processo formativo della volontà del giudice, portandolo a una decisione che altrimenti non avrebbe preso. Se, al contrario, la decisione, pur basata su una percezione errata, contiene elementi di valutazione e di giudizio, non si è più di fronte a un errore di fatto, ma a un errore di giudizio, che non può essere corretto con questo strumento.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha ritenuto che il ricorso fosse palesemente al di fuori del perimetro applicativo dell’art. 625-bis c.p.p. I giudici hanno osservato che il ricorrente non aveva indicato alcun errore percettivo, ma aveva tentato di introdurre una critica sulla valutazione giuridica del tempo di consumazione del reato. Tale questione, essendo un “errore di diritto”, non può trovare spazio nel rimedio per la correzione dell’errore di fatto.
Inoltre, il ricorso è stato giudicato generico e aspecifico. Sulla base di queste considerazioni, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile con una procedura semplificata (de plano), senza necessità di udienza. La conseguenza diretta di questa decisione è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza è un importante monito per chi intende adire la Corte di Cassazione con il rimedio dell’art. 625-bis. È cruciale comprendere la netta distinzione tra errore percettivo (la svista) ed errore valutativo (il giudizio). Tentare di mascherare una critica di natura giuridica sotto le spoglie di un errore di fatto non solo è destinato all’insuccesso, ma comporta anche significative conseguenze economiche. La decisione sottolinea il rigore con cui la Suprema Corte presidia i confini dei mezzi di impugnazione, garantendo che ciascuno strumento processuale venga utilizzato per le finalità per cui è stato concepito dal legislatore.
Cos’è un “errore di fatto” secondo la Corte di Cassazione?
È un errore puramente percettivo, come una svista o un equivoco nella lettura degli atti processuali, che ha influenzato la decisione. Non deve essere un errore di valutazione o di interpretazione giuridica.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché il ricorrente non ha segnalato un vero errore di fatto, ma ha sollevato una questione di diritto relativa al momento in cui il reato è stato commesso. Questo tipo di doglianza non rientra nelle ipotesi previste dall’art. 625-bis cod. proc. pen.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile in questo caso?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3106 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 6 Num. 3106 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 11/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME a Palermo il 31/07/1968
avverso l’ordinanza del 07/11/2023 emessa dalla Corte di Cassazione;
visti gli atti e la ordinanza impugnata; esaminati i motivi del ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
OSSERVA
Rilevato che l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen. consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso (Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002,
Basile, in cui si precisa che, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio);
Rilevato che nessun errore di fatto è stato in realtà segnalato dal ricorrente nella ordinanza in epigrafe, fermo restando che a fronte di contestazione chiusa fino al 2011 non avrebbe potuto configurarsi sovrapposizione e che comunque le eccezioni sollevate si risolverebbero nella prospettazione, aspecifica, di un errore di diritto sul tempo di avvenuta consumazione della fattispecie associativa, che invero non trova riscontro nel provvedimento impugnato;
Ritenuto, dunque, che il ricorso, oltre che generico, è stato presentato al di fuori delle ipotesi di cui all’art. 625-bis cod. proc. pen.;
Ritenuto, quindi, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con procedura de plano e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 11 dicembre 2024
Il consigliere estensore
Il Presidente