Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 36414 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 36414 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/11/2024 della CORTE DI CASSAZIONE di Roma Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; Letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 7 novembre 2024, la Prima Sezione penale di questa Corte di cassazione, ha rigettato il ricorso proposto nell’interesse di Legnan NOME avverso la sentenza della Corte d’assise di appello di Napoli, del 19 febbraio 2024, con la quale era stata confermata la condanna dell’imputato alla pena dell’ergastolo, in relazione all’omicidio di NOME COGNOME (commesso il 13 dicembre 2016)
Avverso la sentenza della Corte di cassazione l’interessato ha proposto ricorso straordinario ex art. 625-bis cod. proc. pen., per il tramite del suo difens
2.1. Con un primo motivo di doglianza, il ricorrente lamenta l’errore di fatto consistente, a suo avviso, nell’affermazione contenuta nella sentenza secondo cui la richiesta di rinnovazione probatoria formulata dalla difesa, ai sensi dell’art. 603 c
proc. pen., sarebbe stata finalizzata ad accertare, tramite l’acquisizione dei tabu telefonici, la telefonata effettuata dal condannato al padre “il giorno e più o me all’ora dell’omicidio”, contrariamente alla tesi difensiva sostenuta secondo cui e stato il padre a telefonare al figlio.
2.2. Con secondo motivo, si ritiene che vi sia stato errore di fatto derivante «da fraintendimento totale della natura giuridica della richiesta difensiva di rinnovazion dell’istruttoria in grado d’appello» in quanto la richiesta non sarebbe stata vo all’acquisizione di una prova «nuova» ma piuttosto a dare esecuzione ad un’ordinanza del Giudice per l’udienza preliminare che aveva originariamente disposto l’acquisizione dei suindicati tabulati.
2.3. Con terzo motivo si duole dell’omesso integrale scrutinio dei motivi di ricorso in quanto la sentenza ne avrebbe considerato solo alcuni (nove) ed ignorato quelli aggiunti.
3.11 Sostituto Procuratore generale ha concluso, con requisitoria scritta, chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.11 ricorso è inammissibile, non essendo proposto ai fini della correzione di errori materiale o di fatto contenuti nella sentenza, collocandosi, dunque, al di fu dei limiti previsti dall’art. 625-bis cod. proc. pen. L’errore di fatto verificato giudizio di legittimità e oggetto del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. p consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui l Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stes connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziat dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso. Dunque, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviat rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio (ex plurimis, Sez. 3, n. 473 del 01/06/2017, Rv. 271145; Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Rv. 221280).
2.La difesa sostiene con i primi due motivi che la Corte di cassazione sarebbe incorsa in errore. Deduce che, secondo la tesi difensiva, l’imputato avrebbe effettuato una telefonata, in orario corrispondente a quello di esecuzion dell’omicidio verso l’utenza del padre, così da dimostrare la sua presenza in luog
diverso ed incompatibile con la sua partecipazione al delitto; la sentenza di questa Corte, tuttavia, ha considerato che, secondo la tesi difensiva, la telefonata sarebb stata effettuata dal padre al figlio (imputato).
La doglianza difensiva non considera, tuttavia, che nella sentenza di questa Corte il nocciolo della tesi difensiva è stato esattamente individuato attravers l’indicazione della finalità della richiesta di acquisizione dei tabulati telefoni quanto volta a dimostrare che «l’imputato, nel momento in cui era stato assassinato NOME COGNOME, non poteva trovarsi sul luogo del delitto». La corretta sintesi del finalità della richiesta difensiva priva evidentemente di fondamento la doglianza, disvelandone la sua inidoneità ad incidere sulla valutazione finale e a configurare un errore di fatto suscettibile di censura in questa sede.
Non è configurabile un errore rilevante tale da imporre la riconsiderazione di un motivo di ricorso in quanto, nel caso in esame, la circostanza dedotta dalla difesa legata alla prospettazione dell’assenza del condannato dal luogo dell’omicidio in quanto presente altrove, risulta essere stata al centro di un’attenta disamina superata attraverso la considerazione dei plurimi altri elementi posti in luce dall motivazione delle sentenze di merito.
2.1. Sotto altro profilo, la difesa deduce che la richiesta di rinnovazione sarebb stata fraintesa in quanto volta non ad acquisire prove nuove bensì a dare esecuzione ad una precedente ordinanza, emessa dal Giudice dell’udienza preliminare, che aveva disposto l’acquisizione dei tabulati dell’utenza riferita al padre dell’imputa richiesta da quest’ultimo nell’esercizio del proprio diritto alla controprova.
Anche a tale proposito, tuttavia, deve rilevarsi che la sentenza di questa Corte h operato una corretta sintesi del motivo di ricorso, dando atto che con esso s lamentava che «la Corte territoriale, respingendo la richiesta di rinnovazione dibattimentale presentata da COGNOME, finalizzata a dimostrare la fondatezza dell’alibi fornito a sostegno della sua innocenza, aveva negato all’imputato d esercitare il suo diritto di difesa, atteso che l’attività istruttoria invocata già autorizzata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli – mirava a provare che il ricorrente, nel momento in cui era stato ucciso NOME COGNOME, non era sul luogo del delitto» ( pag. 12).
In particolare, è stato rilevato che, secondo la prospettazione difensiva, la necessi di tale adempimento istruttorio derivava dal fatto che tale richiesta, già st presentata alla società RAGIONE_SOCIALE, era stata autorizzata dal Giudice per le indagi preliminari, pur rimanendo inevasa, e che la sollecitazione era finalizzata consentire all’imputato di corroborare il suo assunto difensivo, secondo cui, nel momento dell’omicidio, non poteva trovarsi sul luogo del delitto.
Questa Corte, tuttavia, ha rigettato la doglianza difensiva, non ravvisando alcuna violazione di legge o vizio motivazionale censurabile in sede di legittimità, considerando che «il compendio probatorio acquisito nei giudizi di merito non consentiva di ritenere necessaria ai fini della decisione la rinnovazion dell’istruttoria dibattimentale, finalizzata all’acquisizione dei tabulati telef invocata nell’interesse di NOME COGNOME, nel giudizio di appello, ai sensi dell’a 603 cod. proc. pen.» sottolineando che «la rinnovazione istruttoria invocata dalla difesa del ricorrente, invero, postulava una rivalutazione degli accadimenti criminosi incompatibile con le dichiarazioni accusatorie rese dai collaboratori di giustizia costituenti «il nucleo essenziale del giudizio di colpevolezza formulato nei confronti di NOME COGNOME e del coimputato» (pag.35).
La sentenza, inoltre, ha riportato il passaggio motivazionale della sentenza di primo grado, a sua volta richiamato dalla sentenza di appello, che aveva sottolineato l’inidoneità, e non incisività, dell’alibi prospettato dall’imputato in quanto, oltre «contraddetto dalle risultanze acquisite, concordanti nel collocarlo sulla scena dell’omicidio», le dichiarazioni rese, sul punto, dai familiari apparivano, oltre c inverosimili, imprecise in ordine all’orario dell’asserita telefonata oltre che sul d fondamentale, nonché necessario ed ineludibile per consentire gli auspicati approfondimenti investigativi sollecitati dalla difesa, in ordine all’indicazione d numero relativo alle utenze interessate da tale asserito contatto, sia in entrata c in uscita, essendo stato, a tale proposito, richiamata l’affermazione della tes COGNOME NOME la quale ha riferito che l’imputato aveva «il “vizio” di cambiare scheda di frequente e dopo la intestazione di un certo numero di schede, non era possibile intestarne altre» ( pag.36).
2.2. Le doglianze poste a fondamento del ricorso in esame non appaiono, pertanto, idonee a disvelare un errore percettivo di questa Corte in quanto sostanzialmente riferite alla valutazione della prova della responsabilità penale, non essendo censurabili, ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen., né il travisamento d fatto né il travisamento della prova (ex plurimis, Sez. 2, n. 29450 del 08/05/2018, Rv. 273060; Sez. 3, n. 26635 del 26/04/2013. Rv. 256293).
Il ricorso deve, pertanto, ritenersi proposto al di fuori del perimetro consentito quanto introdotto nel sistema per eliminare i vizi di percezione e non anche quelli di ragionamento.
3.Quanto alla ulteriore doglianza legata al presunto mancato esame di alcuni motivi di ricorso, e dei motivi aggiunti (non allegati al ricorso in esame) dev rilevarsene la genericità e, pertanto, inammissibilità. La sentenza di questa Corte ha dato atto della promiscuità delle doglianze proposte nell’interesse di NOME
COGNOME, discendente dal fatto che le stesse venivano prospettate senza l’indicazione di tutti i titoli dei singoli motivi (pag.35).
In ogni caso, le doglianze espresse, incentrate sulla contestazione dell’attendibili delle dichiarazioni dei collaboratori e di altri testimoni sono state ampiamente esplorate da questa Corte e la difesa non indica sotto quale specifico profilo sarebbe mancata una valutazione di ulteriori specifiche deduzioni.
4. Il ricorso, in conclusione, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così è deciso, 02/10/2025
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CORTE DI CASSAZIONE V SEZIONE PENALE