Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 11181 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 11181 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 22/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
1.NOME COGNOME, nato Torino il DATA_NASCITA
2.COGNOME NOME, nato a Genova il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/05/2023 della Corte di Cassazione visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procur generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo di dichiarare il difetto
legittimazione di NOME COGNOME e comunque inammissibili i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Seconda Sezione della Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi proposti nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME, limitatamente al delitto di ricettazione, avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino del 21 settembre 2022. Detta pronuncia aveva confermato la condanna di NOME per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale e lesione personale, dichiarando estinto per prescrizione il delitto di ricettazione, e aveva confermato la condanna di COGNOME riducendogli, però, la pena con applicazione del beneficio della sospensione condizionale.
NOME COGNOME e NOME COGNOME, a mezzo del comune difensore, hanno proposto un unico ricorso straordinario, ai sensi dell’art. 625-bis, cod. proc. pen., chiedendo la correzione dell’errore di fatto contenuto nella sentenza impugnata per la mancata esaustiva lettura degli atti processuali con riferimento alla prova della provenienza delittuosa dei beni e, comunque, dell’individuazione del delitto presupposto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili per le ragioni di seguito illustrate.
Preliminarmente, quanto al ricorso di NOME, va rilevato che il ricorrente non risulta dagli atti del fascicolo rivestire la qualità di “condannato” in ordine a reato di ricettazione per il quale è avanzato il rimedio straordinario (per tale reato il ricorrente è stato prosciolto per intervenuta prescrizione).
In ogni caso, entrambi i ricorsi declinano censure manifestamente infondate e in parte precluse.
Ai sensi dell’art. 625-bis, cod. proc. pen. costituisce errore di fatto l’error percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione è
incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto ad una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso (Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Basile, Rv.221280). Detto errore, quindi, va identificato soltanto in una fuorviata rappresentazione percettiva, con esclusione delle ipotesi in cui la decisione abbia contenuto valutativo (Sez. U, n. 18651 del 26/03/2015, Moroni, Rv. 263686).
Nel caso di specie l’errore è stato individuato negli assunti che hanno portato la Corte di cassazione a ritenere inammissibile il primo motivo di ricorso con il quale si contestava la configurabilità del reato di ricettazione per l’insufficiente indicazione sia del delitto presupposto che della prova della provenienza delittuosa dei beni.
In realtà, la Corte di cassazione, con la sentenza oggetto di ricorso, ha escluso la configurabilità del vizio denunciato, rispondendo puntualmente al motivo.
Infatti, innanzitutto, è stata richiamata la giurisprudenza di legittimità relativa alla sufficienza della prova logica per accertare la provenienza illecita delle utilità oggetto delle operazioni compiute; e poi è stata ritenuto incensurabile la motivazione della Corte di merito nella parte in cui aveva smentito la ricostruzione alternativa, proposta da COGNOME, circa l’origine dei beni.
Il comune ricorso non ha in alcun modo disarticolato il puntuale giudizio della sentenza impugnata in quanto, senza rappresentare alcun errore percettivo, si è limitato a contestare gli argomenti della Corte di cassazione riproponendo integralmente le censure disattese, funzionali esclusivamente ad una diversa valutazione di merito.
All’inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spe processuali e al versamento della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende Così deciso il 22 febbraio 2024.