Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 4792 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2   Num. 4792  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME TORRE ANNUNZIATA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/01/2023 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni dei difensori del ricorrente AVV_NOTAIO e NOME COGNOME che hanno chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso con ogni conseguente statuizione ribadendo le proprie conclusioni con motivi aggiunti e memoria tempestivamente depositata./
RITENUTO IN FATTO
 COGNOME NOME, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso straordinario per cassazione ex art. 625-bis cod. proc. pen. avverso la sentenza della Sesta sezione penale di questa Corte deducendo un unico articolato motivo di ricorso, che qui si riporta nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Secondo la prospettazione difensiva ricorrerebbe un errore percettivo, consistente nell’aver la Corte ritenuto che il dato relativo alla immatricolazione della moto modello Honda Transalp targata TARGA_VEICOLO avvenuta il 16/06/2005 fosse irrilevante quanto alla definitiva affermazione di responsabilità dell’COGNOME per il tentato omicidio di NOME COGNOME, che a seguito della sua attività di collaborazione affermava che l’agguato era stato posto in essere mediante l’utilizzo di una moto Honda Transalp nella disponibilità dell’COGNOME, sebbene tale agguato fosse stato posto in essere in epa 2004 e, dunque, in epoca precedente alla immatricolazione del mezzo. La motivazione della Sesta sezione sul punto evidenziava l’errore percettivo, avendo affermato in modo del tutto illogico che l’iscrizione al PRA e i controlli della Polizia giudiziaria successivi alla data del delitto rappresenterebbero meri dati formali, che non escludono, ma confermano, la disponibilità del mezzo in capo al ricorrente in epoca precedente.
 Il AVV_NOTAIO generale ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
 La difesa ha presentato con l’AVV_NOTAIO motivi aggiunti, con i quali ha richiamato la fondatezza del motivo principale, il valore di legale certificazione del certificato cronologico del PRA, l’inesatta percezione di un dato documentale decisamente risolutivo nel considerare l’attendibilità del dichiarante nella attribuzione della condotta di tentato omicidio al ricorrente.
 La difesa, con l’AVV_NOTAIO, ha presentato memoria replicando alle conclusioni del AVV_NOTAIO generale e ribadendo le argomentazioni già evidenziate con il motivo di ricorso quanto all’evidente ricorrenza di un errore percettivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per essere stato proposto con motivo manifestamente infondato. Questa Corte ha costantemente evidenziato, con principio di diritto che qui si intende ribadire, che l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità ed oggetto del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen. consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco e postula “inderogabilmente” che lo sviamento della volontà del giudice sia non solo decisivo, ma anche di oggettiva ed immediata rilevabilità, nel senso che il controllo degli atti processuali deve far trasparire, in modo diretto ed evidente, che la decisione è stata condizionata dall’inesatta percezione e non dalla supposta errata valutazione o dal supposto non corretto apprezzamento di determinati atti, così che la qualificazione appropriata potrebbe eventualmente essere quella dell’errore di giudizio (Sez. 4, n. 34156 del 21/06/2004, Baini, Rv. 229099-01).
Deve quindi ricorrere un evidentissimo e immediatamente riscontrabile errore percettivo, causato da una svista o da un equivoco nella lettura degli atti interni al giudizio stesso da parte della Corte di cassazione, connotato dalla diretta influenza sul processo formativo della volontà (Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Basile, Rv. 221280-01).
La giurisprudenza di questa Corte, nella sua massima espressione, ha in tal senso precisato che, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente nella fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, -bensì di giudizio, e che sono estranei all’ambito di applicazione di tale giudizio gli errori d’interpretazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, ovvero la supposta esistenza delle norme stesse o l’attribuzione ad esse di una inesatta portata, nonché gli errori percettivi in cui sia incorso il giudice di merito, che devono essere fatti valere soltanto nelle forme e nei limiti delle impugnazioni ordinarie (Sez. U, 27/03/2022, COGNOME, non massimata sul punto; Sez. 6, n. 18216 del 10/03/2003, COGNOME, Rv. 225258-01). Ne consegue che è inammissibile il ricorso straordinario presentato ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen. con cui si deduca un’erronea valutazione di elementi probatori, in quanto l’errore di fatto preso in considerazione dalla norma appena menzionata consiste in una falsa percezione delle risultanze processuali in cui la corte di cassazione sia incorsa, con esclusione di ogni erroneo apprezzamento di esse (Sez. 2, n. 23417 del 23/05/2007, COGNOME, Rv.
237161-01; Sez. 2, n. 45654 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 227486-01, con richiamo a livello sistematico alle indicazioni a suo tempo fornite da Corte cost. n. 16 del 1986 a proposito della rilevanza dell’errore di fatto e al richiamo alla nozione di errore di fatto enucleata dall’art. 395 cod. proc. civ. n. 4, in quanto espressamente richiamata dall’art. 391-bis cod. proc. civ. e non derogata agli effetti del processo penale).
Ciò premesso, appare evidente come nel caso in esame, anche attesa la genericità e aspecificità delle deduzioni difensive, non ricorra alcuna considerazione e valutazione nell’ambito della sentenza impugnata tale da integrare l’errore di fatto come sopra delineato, nel suo carattere di assoluta evidenza e possibile rilevabilità sulla base della sentenza impugnata e degli atti o documenti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche.
In altri termini la difesa, come emerge dalla stessa lettura della motivazione della sentenza impugnata, ripropone i medesimi argomenti oggetto di decisione, presi in esplicita considerazione dalla Sesta sezione nella sentenza impugnata in questa sede, prospettando effettivamente un errore che tuttavia ha all’evidenza carattere valutativo, non si presenta decisivo rispetto al complesso degli elementi probatori posti a carico del ricorrente, e in relazione al quale non risulta compiutamente allegata la sua decisività in considerazione della complessiva dichiarazione testimoniale resa. Né la difesa ha articolato sul punto una effettiva prova di resistenza in relazione all’errore meramente valutativo evocato. L’errore di fatto ha infatti il carattere della decisività, essendo determinante nella scelta della soluzione accolta nel provvedimento adottato dalla Corte: sul piano logico, si tratta di un errore di percezione, di una svista o di un mero equivoco, e non di un errore di valutazione o di giudizio sul fatto che il giudice di legittimità è chiamato ad esaminare per definire i motivi di ricorso, canne avvenuto nel caso in concreto in considerazione della valutazione posta in essere quanto alla affermazione di responsabilità dell’COGNOME.
In conclusione, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettìva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, come nel caso, non è configurabile un errore di fatto, bensì eventualmente di giudizio, come tale non ricompreso dall’orizzonte del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen. (Sez. U, n.
37505 del 14707/2011, COGNOME, Rv. 250527-01; Sez. 6, n. 35239 del 21/05/2013, COGNOME, Rv. 256441-01; Sez. 5, n. 7469 del 28/11/2013, COGNOME, Rv. 259531-01). L’inammissibilità dei motivi proposti rende di conseguenza inammissibili i motivi aggiunti, posto che secondo quanto inequivocabilmente disposto dall’art. 585, comma 4, cod. proc. pen., applicabile anche al ricorso per cassazione, l’inammissibilit dell’impugnazione si estende anche ai motivi nuovi (Sez. 3, n. 43917 del 14/10/2021, COGNOME., Rv. 282218-01; Sez. 5, n. 166 del 13/01/1992, GGT, Rv. 279942-01)
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 1 dicembre 2023.