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Errore di fatto: quando il ricorso è inammissibile?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3603/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso per la correzione di un errore di fatto. I ricorrenti lamentavano un errore di valutazione e non un errore percettivo, unica fattispecie ammessa dall’art. 625-bis c.p.p. La Corte ha ribadito che un errore di giudizio, come il disaccordo su una valutazione di ammissibilità, non rientra nel concetto di errore di fatto e che le valutazioni preliminari di altre sezioni non sono vincolanti per il collegio giudicante.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Errore di Fatto: La Cassazione Traccia i Confini del Ricorso Straordinario

L’errore di fatto è un concetto cruciale nel diritto processuale penale, ma i suoi confini sono netti e non ammettono interpretazioni estensive. Con l’ordinanza n. 3603 del 2024, la Corte di Cassazione ribadisce una distinzione fondamentale: un errore di valutazione non è un errore di fatto. Questa pronuncia offre un’importante lezione sui limiti del ricorso straordinario per correzione, previsto dall’art. 625-bis del codice di procedura penale, e sulle conseguenze di un suo uso improprio.

I Fatti del Caso: un Errore di Valutazione Scambiato per Errore di Fatto

La vicenda trae origine dal ricorso di due soggetti avverso una precedente sentenza della stessa Corte di Cassazione. Essi sostenevano che la Corte fosse incorsa in un errore nel dichiarare inammissibili i loro precedenti ricorsi. Il punto centrale della loro doglianza non era una svista materiale, come la lettura errata di una data o di un nome, ma un presunto errore di giudizio.

In pratica, i ricorrenti lamentavano che la sezione giudicante avesse disatteso una valutazione preliminare di ammissibilità, espressa in precedenza da un’altra sezione della Corte (il cosiddetto “ufficio spoglio”), la quale aveva ritenuto i ricorsi ammissibili. A loro avviso, questa divergenza costituiva un errore da correggere.

La Distinzione Chiave: l’Errore di Fatto secondo la Cassazione

La Suprema Corte coglie l’occasione per delineare con precisione la nozione di errore di fatto ai sensi dell’art. 625-bis c.p.p. La norma consente di rimediare esclusivamente a errori percettivi, ovvero quelli causati da una “svista o da un equivoco” nella lettura degli atti interni al giudizio. Si tratta di un’errata percezione della realtà processuale che ha viziato il processo formativo della volontà del giudice, portandolo a una decisione diversa da quella che avrebbe preso altrimenti.

Sono categoricamente esclusi da questo ambito:

* Errori di valutazione: riguardano l’interpretazione delle prove o delle norme giuridiche.
* Errori di giudizio: concernono l’applicazione della legge al caso concreto.
* Travisamento del fatto: un vizio più profondo che deve essere fatto valere con gli strumenti di impugnazione ordinari o, in casi estremi, con la revisione.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile sulla base di due argomenti principali.

In primo luogo, ha qualificato la doglianza dei ricorrenti non come la denuncia di un errore percettivo, ma come una critica a un errore di valutazione. I ricorrenti, infatti, non contestavano una lettura errata di un atto, ma il merito della decisione sull’ammissibilità del loro precedente appello. Questo tipo di censura esula completamente dal perimetro applicativo dell’art. 625-bis c.p.p.

In secondo luogo, la Corte ha chiarito un punto procedurale fondamentale: la valutazione di ammissibilità espressa in via preliminare e incidentale da una sezione “filtro” (come l’ufficio spoglio) non ha alcun carattere vincolante per il collegio che è chiamato a decidere nel merito il ricorso. Il sistema processuale attuale non prevede alcuna “preclusione o vincolo di conformazione”. La sezione giudicante conserva piena autonomia nel valutare, in via definitiva, i presupposti di ammissibilità del ricorso.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame ha importanti implicazioni pratiche. Innanzitutto, riafferma la natura eccezionale del rimedio previsto dall’art. 625-bis c.p.p., che non può essere utilizzato come un ulteriore grado di giudizio per contestare le valutazioni di merito della Suprema Corte. In secondo luogo, chiarisce l’iter interno alla Corte di Cassazione, specificando che le valutazioni preliminari non legano le mani al collegio giudicante. Infine, la pronuncia serve da monito: l’abuso di strumenti processuali, proponendo ricorsi palesemente infondati, comporta non solo la declaratoria di inammissibilità, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una condanna al versamento di tremila euro.

Cos’è un “errore di fatto” che può essere corretto con il ricorso ex art. 625-bis c.p.p.?
È un errore puramente percettivo, come una svista o un equivoco nella lettura degli atti processuali interni al giudizio, che ha influenzato in modo decisivo la decisione. Non rientrano in questa categoria gli errori di valutazione giuridica o di interpretazione delle norme.

Una valutazione preliminare di ammissibilità di un ricorso da parte di una sezione della Cassazione è vincolante per la sezione che poi giudicherà nel merito?
No. L’ordinanza chiarisce che il sistema attuale non prevede alcun vincolo di conformazione. La valutazione di ammissibilità espressa da un “ufficio spoglio” o da un’altra sezione in via meramente incidentale non impedisce alla sezione giudicante di decidere diversamente e, se del caso, dichiarare il ricorso inammissibile.

Cosa succede se si presenta un ricorso per errore di fatto basato su un motivo non corretto, come un errore di valutazione?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che escludano la colpa, al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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