Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 44088 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 44088 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOMECOGNOME nato a Lamezia Terme il 21/02/1983
avverso la sentenza del 19/10/2023 della Corte di cassazione letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udite le conclusioni del difensore avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore e procuratore speciale di NOME COGNOME ha proposto ricorso straordinario avverso la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Seconda Sezione di questa Corte ha rigettato il ricorso proposto avverso la sentenza emessa in sede di rinvio in data 2 dicembre 2021 dalla Corte di assise di appello di Catanzaro che, in riforma della sentenza emessa 1’8 giugno 2015 dal GUP del Tribunale di Catanzaro, aveva dichiarato NOME COGNOME colpevole
di concorso nel duplice omicidio di NOME COGNOME e NOME COGNOME e dei correlati reati di detenzione e porto di armi, fondando l’affermazione di responsabilità sulle dichiarazioni di COGNOME NOME e COGNOME NOME, che si riscontravano reciprocamente e si saldavano alla chiamata in reità de relato di COGNOME NOME, mentre non attribuiva valore di riscontro alle dichiarazioni di NOME e NOME COGNOME in quanto avevano riferito solo ciò che avevano appreso dal COGNOME e dal COGNOME.
In particolare, il ricorrente censura la sentenza di questa Corte nella parte in cui ha dichiarato manifestamente infondati il secondo e il terzo motivo di ricorso per essere il giudice di legittimità incorso in errori di fatto. Con de motivi di ricorso si censurava la manifesta illogicità della motivazione resa dalla Corte territoriale relativamente alla valutazione di attendibilità del Torcasio, nonostante la discordanza tra le versioni rese in ordine all’identificazione dei mandanti e al reperimento dell’arma utilizzata per compiere il duplice omicidio, atteso che, quanto ai mandanti, inizialmente il COGNOME aveva riferito di un incarico dato all’COGNOME da NOME COGNOME mentre in seguito aveva affermato di avere lui stesso incaricato l’COGNOME su disposizione dei mandanti, indicati in COGNOME NOME e COGNOME NOME, e, quanto al reperimento dell’arma, il COGNOME aveva dapprima riferito che NOME COGNOME gli aveva inviato la pistola tramite il COGNOME, mentre in dibattimento aveva affermato che l’arma gli era stata fornita dieci o venti giorni prima dell’omicidio da NOME COGNOME con conseguente inattendibilità delle dichiarazioni del COGNOME sulla partecipazione dell’Ammendola all’esecuzione del duplice omicidio e alla consegna dell’arma al COGNOME.
Pur dando atto che i giudici di merito non avevano negato le discrasie nelle dichiarazioni del COGNOME, la Corte di cassazione ha ritenuto giustificato il rilievo marginale assegnato a circostanze relative alla ricostruzione dell’antefatto del delitto, risultando, invece, le stesse lineari e coerenti sulla partecipazione dell’COGNOME al duplice omicidio e riscontrate dalle dichiarazioni di tutti gli altri collaboratori, convergenti sulla circostanza che l’COGNOME aveva accompagnato il COGNOME, esecutore materiale degli omicidi, sul luogo del delitto, lo aveva atteso e ne aveva consentito la fuga.
Un primo errore percettivo in cui è incorsa la Corte di cassazione consiste nell’aver ritenuto che fu NOME COGNOME e non NOME COGNOME a dichiarare che il COGNOME era andato a prendere l’arma a casa sua la sera stessa dell’omicidio.
L’errore ha avuto influenza decisiva sulla valutazione richiesta, in quanto NOME COGNOME aveva dichiarato che il COGNOME si era recato a casa sua a prendere l’arma la sera stessa dell’omicidio, appena dopo aver saputo della presenza dello COGNOME presso il concessionario COGNOME, sicché la circostanza era
inconciliabile con la dichiarazione resa in dibattimento dal COGNOME, che aveva affermato di aver consegnato l’arma, già da dieci-venti giorni in suo possesso, al Vasile, quando questi e l’COGNOME si erano recati a casa sua per riferirgli della presenza dello COGNOME presso la concessionaria e della intenzione di approfittare dell’occasione per eseguire l’omicidio. L’avere erroneamente attribuito a NOME anziché a NOME COGNOME la dichiarazione sulla consegna dell’arma ha comportato l’omessa considerazione del dato temporale e della rilevanza della circostanza ai fini del giudizio di attendibilità del Torcasio.
L’errore percettivo ha avuto ricaduta anche sul giudizio di attendibilità del COGNOME, il quale aveva reso una versione conforme a quella del COGNOME sulla consegna dell’arma, in netto contrasto con quanto riferito da COGNOME COGNOME secondo il quale il COGNOME non aveva ancora reperito l’arma nel momento in cui il COGNOME lo aveva informato della presenza della vittima presso la concessionaria.
Anche in ordine all’abbigliamento del Vasile le dichiarazioni del COGNOME divergono da quelle del Vasile e dalle risultanze delle videoriprese delle telecamere installate nel piazzale antistante la concessionaria che ripresero la scena del duplice omicidio, confortando la dichiarazione di NOME COGNOME circa l’assenza di preparazione del delitto.
Sul punto la Corte di cassazione è incorsa in una ulteriore svista, ritenendo non autosufficiente il ricorso né indicate le prove in contrasto né la decisività delle imprecisioni sull’abbigliamento del Vasile e l’incidenza sulla credibilità della confessione resa, ma non si è avveduta che il ricorrente aveva indicato le prove in contrasto ovvero gli interrogatori dei due dichiaranti riportati nella sentenza di primo grado, aveva allegato l’atto di polizia giudiziaria, contenente la descrizione delle immagini riprese dalle telecamere, e segnalato la decisività delle imprecisioni sull’abbigliamento del killer sulle dichiarazioni confessorie del COGNOME e sulla chiamata in correità dell’Ammendola.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi che esulano dal perimetro applicativo del rimedio straordinario esperito.
Precisato, infatti, che l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimi oggetto del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen. consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso, è pacifico che
qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso dall’orizzonte del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen. (Sez. U, n. 37505 del 14/07/2011, COGNOME, Rv. 250527; Sez. U, n. 18651 del 26/03/2015, COGNOME, Rv. 263686).
Va, comunque, ribadito che l’errore rilevante in tema di ricorso straordinario è solo quello decisivo, che ha condotto ad una pronunzia diversa da quella che sarebbe stata adottata se esso non fosse occorso; deve, quindi, incidere in modo determinante sulla decisione, il che nella fattispecie non è.
Invero, le censure del ricorrente mirano ad ottenere una diversa valutazione circa la rilevanza delle circostanze segnalate, ritenute idonee a provare l’inattendibilità delle dichiarazioni del COGNOME; tendono, pertanto, a criticare l’erroneo giudizio valutativo espresso in sentenza piuttosto che gli errori di fatto indicati.
Quanto al primo errore si osserva che, benché la sentenza impugnata attribuisca a NOME COGNOME anziché a NOME COGNOME la dichiarazione secondo la quale il COGNOME si era recato a casa sua a prendere l’arma la sera stessa dell’omicidio (pag. 20), non solo la Corte ha dato atto che i giudici di merito non avevano affatto negato le discrasie riscontrabili nella progressione dichiarativa del COGNOME sul reperimento dell’arma, ma ha ritenuto corretto lo scarso rilievo attribuito dai giudici di merito alla circostanza nella ricostruzione dell’antefatto degli omicidi rispetto alle altre emergenze probatorie convergenti sulla partecipazione dell’Ammendola al duplice omicidio, confermata da tutti i dichiaranti e, in primo luogo dal COGNOME, esecutore materiale.
L’errore è, pertanto, caduto su una circostanza non decisiva della testimonianza del Torcasio, ritenuta attendibile, anche quanto alla identificazione dei mandanti.
Anche l’altro errore segnalato, relativo al contrasto tra le dichiarazioni del COGNOME e del COGNOME sull’abbigliamento di quest’ultimo rispetto a quello ripreso dalle telecamere presenti sul luogo degli omicidi ed alla ritenuta mancanza di autosufficienza del ricorso sul punto, non risulta decisivo, in quanto cade su un particolare che non inficia le dichiarazioni confessorie del COGNOME sulla partecipazione del ricorrente al duplice omicidio.
Ne deriva che gli errori segnalati non risultano decisivi perché ricadono su elementi non essenziali, che non travolgono il nucleo centrale delle dichiarazioni del COGNOME sulla partecipazione del ricorrente al duplice omicidio e non ne scardinano la ritenuta attendibilità.
Risulta, pertanto, evidente che le censure difensive si risolvono in una contestazione del profilo valutativo delle affermazioni contenute in sentenza,
i
benché non siano in ogni caso censurabili, ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen., né il travisamento del fatto né il travisamento della prova, che esulano dai confini del ricorso straordinario, previsto per eliminare i vizi di percezione e non anche quelli di ragionamento (Sez. 3, n. 11172 del 15/12/2023, dep. 2024, Dema, Rv. 286048).
Poiché il ricorrente impropriamente deduce un presunto errore di giudizio e non di fatto, ciò preclude la proposizione del rimedio straordinario in oggetto ed impone la declaratoria di inammissibilità del ricorso con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, equitativamente determinata in tremila euro.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, 23 ottobre 2024
Il consigliere est nsore
Presidente