Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 12764 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 12764 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME nate a Roma il 22/02/1992
avverso la sentenza emessa in data 16/01/2024 dalla Corte di cassazione visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso; udite le conclusioni dell’avvocato NOME COGNOME in sostituzione dell’avvocato
NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
L’avvocato NOME COGNOME COGNOME ha proposto ricorso straordinario ex
i.
art. 625 bis cod. proc. pen. avverso la sentenza della Corte di cassazione n. 16472 del 16 gennaio 2024, che, tra l’altro, ha rigettato il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza emessa in data 29 novembre 2022 dalla Corte di appello di Roma, e ne ha chiesto la revoca.
Il difensore ha censurato l’omesso esame dei motivi nuovi depositati in data 28 dicembre 2023 nell’interesse del ricorrente.
La Corte di cassazione, infatti, alle pagine 118-119 della sentenza impugnata si sarebbe limitata ad un rapido e sommario cenno ai motivi aggiunti depositati.
Questo accenno ai motivi aggiunti sarebbe, tuttavia, insufficiente e del tutto inadeguato ad assolvere l’obbligo di motivazione sui punti censurati, in quanto non vi sarebbe stata una concreta analisi delle argomentazioni proposte, né alcuna spiegazione relativa alla loro infondatezza o irrilevanza.
Il difensore precisa che, con il primo motivo aggiunto, aveva dedotto l’inosservanza dell’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in quanto la sussistenza dell’associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico sarebbe stata illegittimamente ritenuta dalle sentenze di merito per effetto della sola reiterazione di alcune condotte di cessione di sostanze stupefacente, pur in assenza di una cassa comune, di unico canale di approvvigionamento, del contributo causale del ricorrente e del dolo di partecipazione.
Con il secondo motivo aggiunto, il difensore aveva censurato la violazione dell’art. 416-bis.1 cod. pen., in quanto l’aggravante sarebbe stata applicata in difetto della prova dei presupposti di fattispecie e, segnatamente, della configurabilità di un sodalizio di tipo mafioso, dei requisiti della forza di intimidazione, dell’assoggettamento e dell’omertà.
Ad avviso del difensore, dunque, vi sarebbe un vizio di omessa motivazione, in quanto non si sarebbe stato un effettivo scrutinio, né esplicito, né implicito, delle censure sollevate.
L’omesso esame dei motivi nuovi proposti nella memoria depositata in data 28 dicembre 2023 integrerebbe, dunque, un errore di fatto che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, ricade nell’ambito applicativo del rimedio straordinario di cui all’art. 625-bis cod. proc. pen.
Con istanza depositata in data 13 dicembre 2024 l’avvocato NOME COGNOME COGNOME ha chiesto la trattazione orale del ricorso.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 18 dicembre 2024, il Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
La trattazione del procedimento, fissata per l’udienza del 14 gennaio 2025, è stata rinviata all’udienza del 6 marzo 2025 per legittimo impedimento del
difensore.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il difensore, deducendo un unico motivo di ricorso, censura l’omessa motivazione della sentenza impugnata sulle censure proposte nei motivi nuovi depositati nel giudizio di legittimità in data 28 dicembre 2023.
Il motivo proposto è manifestamente infondato.
3.1. L’art. 625-bis cod. proc. pen. ammette, in favore del condannato, la richiesta «per la correzione dell’errore materiale o di fatto contenuto nei provvedimenti pronunciati dalla corte di cassazione».
3.2. Le Sezioni unite di questa Corte hanno statuito che, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso dall’orizzonte del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen. (Sez. U, n. 18651 del 26/03/2015, COGNOME, Rv. 263686 – 01; Sez. U, n. 37505 del 14/07/2011, COGNOME, Rv. 250528 – 01).
L’omesso esame di un motivo di ricorso per cassazione, inoltre, non dà luogo ad errore di fatto rilevante a norma dell’art. 625-bis cod. proc. pen., né determina incompletezza della motivazione della sentenza allorché, pur in mancanza di espressa disamina, il motivo proposto debba considerarsi implicitamente disatteso perché incompatibile con la struttura e con l’impianto della motivazione, nonché con le premesse essenziali, logiche e giuridiche che compendiano la ratio decidendi della sentenza medesima, ovvero quando l’omissione sia soltanto apparente, risultando le censure formulate con il relativo motivo assorbite dall’esame di altro motivo preso in considerazione, giacché, in tal caso, esse sono state comunque valutate, pur essendosene ritenuta superflua la trattazione per effetto della disamina del motivo ritenuto assorbente; mentre deve essere ricondotto alla figura dell’errore di fatto quando sia dipeso da una vera e propria svista materiale, cioè da una disattenzione di ordine meramente percettivo che abbia causato l’erronea supposizione dell’inesistenza della censura, la cui presenza sia immediatamente e oggettivamente rilevabile in base al semplice controllo del contenuto del ricorso (Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Basile, Rv. 221283 – 01, la Corte in motivazione ha precisato che la mera qualificazione della svista in questione come errore di fatto non può tuttavia giustificare, di per sé, l’accoglimento del ricorso straordinario proposto a norma dell’art. 625-bis cod. proc. pen., possibile solo ove
si accerti che la decisione del giudice di legittimità sarebbe stata diversa se fosse stato vagliato il motivo di censura dedotto; conf. Sez. U, n. 16104 del 27 marzo 2002, COGNOME, non massimata; conf. Sez. 5, n. 46806 del 03/11/2021, COGNOME, Rv. 282384 – 01).
3.3. Il motivo proposto dal ricorrente è, dunque, manifestamente infondato, in quanto i motivi aggiunti presentati in data 13 dicembre 2024 sono stati esaminati ed espressamente disattesi.
La Corte di cassazione, a pag. 118 e 119, della sentenza impugnata ha affermato, con riferimento ai motivi di ricorso proposti da NOME COGNOME, che «utte le considerazioni che precedono assorbono ogni ulteriore argomentazione difensiva, anche in relazione a quanto dedotto nel ricorso dall’avvocato COGNOME i cui contenuti sono generici e, comunque, sovrapponibili a quelli dei ricorsi dell’avvocato COGNOME ed a quanto è oggetto dei motivi nuovi».
Dall’esame della motivazione risulta, inoltre, che il primo motivo nuovo, relativo all’inosservanza dell’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, come è precisato a pag. 116, al § 9.5, è stato disatteso dalle ragioni già esaminate in sede di trattazione generale del reato associativo, alle pag. 74-81.
In questa trattazione la Corte di cassazione ha esaminato la sussistenza di tutti gli elementi di fattispecie del reato contestato, con riferimento al traffico di sostanza stupefacente svolto dal clan COGNOME nella piazza di spaccio di INDIRIZZO, richiamando, a più riprese, intercettazioni telefoniche relativa a NOME COGNOME.
A pag. 116 della sentenza impugnata la Corte di cassazione, nella trattazione specificamente dedicata ai motivi di ricorso proposti nell’interesse del ricorrente, ha, inoltre, rilevato che le censure proposte dall’avvocato COGNOME in ordine alla sussistenza dell’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti «sono infondate per le ragioni espresse sui temi generali, ai quali si rinvia».
Il secondo motivo aggiunto, relativo all’inosservanza dell’art. 416-bis.1 cod. pen., è confutato alla pag. 118, che, a sua volta richiama, la trattazione generale operata a pag. 81 della sentenza impugnata.
In questo punto la Corte di cassazione ha ritenuto generico l’assunto difensivo volto ad escludere, in via generalizzata l’aggravante di cui all’art. 416bis.1 cod. pen. con riferimento a tutti i ricorrenti, come NOME COGNOME, ritenuti partecipi sia del sodalizio mafioso che dell’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, che «condividevano la stessa base logistica e operativa».
Alla stregua di tali rilievi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata invia equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 marzo 2025.