Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9341 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9341 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/01/2024
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SENTENZA
Oggi,
– 5 MAR, 2024
sul ricorso proposto da
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COGNOME NOME, nato a Savona il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/04/2023 della Corte di Cassazione di Roma
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 5 aprile 2023, e depositata il 17 maggio 2023, la Corte di cassazione, Sezione Settima penale, ha dichiarato inammissibile il ricorso di NOME COGNOME avverso la sentenza del 24 gennaio 2022 della Corte d’appello di Milano, che, pur rideterminando la pena inflitta, aveva confermato la penale responsabilità dell’imputato per il reato di furto aggravato e l’aveva /1 7.24 condannato alla pena ritenuta di giustizia.
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Il ricorso dichiarato inammissibile denunciava che la Corte territoriale erroneamente aveva respinto la richiesta della difesa di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale al fine di assumere una testimonianza avente ad oggetto l’alibi dell’indagato. La Corte di Cassazione, a fondamento della pronuncia di inammissibilità, ha rilevato che il ricorso è manifestamente infondato e comunque privo di specificità.
2. Ha presentato ricorso straordinario ex art. 625-bis cod. proc. pen. avverso l’ordinanza indicata in epigrafe NOME COGNOME, con atto sottoscritto dall’AVV_NOTAIO, articolando due motivi sviluppati congiuntamente, con i quali si denuncia, prospettando violazione di legge e vizio di motivazione, l’errore di fatto della Corte di cassazione nella lettura del ricorso proposto contro la sentenza della Corte d’appello di Milano, per non aver rilevato che tale atto di impugnazione si doleva del rigetto di richiesta di rinnovazione istruttoria avente ad oggetto l’assunzione di una prova sopravvenuta al giudizio di primo grado. ‘
Si deduce che la doglianza sollevata avverso la sentenza d’appello è stata erroneamente inquadrata nella fattispecie delineata dall’art. 603, comma 1, cod. proc. pen., riguardante la riassunzione di prove già acquisite nel dibattimento di primo grado, anziché nella fattispecie rientrante nel comma 2 del medesimo articolo, riferito alle prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, proprio perché non si è compreso il significato del motivo.
Si rappresenta che la richiesta di rinnovazione istruttoria aveva ad oggetto una prova “nuova” in quanto il teste, di cui si richiedeva la deposizione, era sì stato già sentito in primo grado, ma relativamente a un thema probandum diverso da quello oggetto della richiesta difensiva contenuta nei nuovi motivi d’appello. Si osserva, poi, che la Corte d’appello, nel valutare l’ammissibilità della prova, proprio perché questa era “nuova”, avrebbe dovuto seguire i canoni ordinari, che impongono di disporre l’acquisizione di tutte le prove che non sono vietate dalla legge oppure manifestamente superflue o irrilevanti, e non i canoni dettati dal comma 1 dell’art. 603 cod. proc. pen., che rimettono alla decisione discrezionale del giudice la scelta di ammettere le prove, qualora ritenga di non poter decidere allo stato degli atti. Si rileva, quindi, che la Corte di cassazione, nell’ordinanz impugnata in questa sede, dimostra di aver frainteso il motivo di censura, poiché afferma: «Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato per aver il giudice d’appello, in ipotesi sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 60 comma 1, cod. proc. pen., correttamente applicato il principio, costantemente ribadito dalla Suprema Corte, per cui la rinnovazione dell’istruttoria nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza dell’istruttoria espletata in primo grado, è un istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso Al i
esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti (ex plurimis, Sez. U, n. 12602, del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266820)».
Si precisa che la prova di cui era stata richiesta l’assunzione in appello è da ritenersi “nuova” nonostante il testimone da escutere fosse già stato esaminato in primo grado, per la diversità dell’oggetto della prova. Si segnala che il testimone di cui si chiedeva il nuovo esame, mentre in primo grado aveva riferito esclusivamente di aver redatto un preventivo, quale titolare di un’agenzia viaggi, nei confronti dell’attuale ricorrente il giorno del furto oggetto della condanna, in appello avrebbe dovuto chiarire di aver personalmente incontrato il medesimo ricorrente il giorno del reato, in orario incompatibile con la presenza dello stesso nel luogo di commissione di tale fatto. Si aggiunge che la rinnovazione istruttoria era stata chiesta sulla base del contenuto di dichiarazioni rese dal precisato teste in sede di indagini difensive.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito precisate.
Ai fini della decisione, è utile richiamare i principi applicabili alla fattispe in tema di rilevanza dell’errore di fatto e di poteri del giudice di appello in materia di richiesta di assunzione di nuove prove ex art. 603, comma 2, cod. proc. pen.
2.1. Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui, in tema di ricorso straordinario per errore di fatto, l’errore che può essere rilevato ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen. è solo quello decisivo, che abbia condotto ad una pronunzia diversa da quella che sarebbe stata adottata se esso non si fosse verificato (così Sez. 6, n. 14296 del 20/03/2014, Apicella, Rv. 259503-01, che ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso proposto avverso condanna per ricettazione delle targhe di un’autovettura, ritenendo irrilevante l’erronea indicazione del ricorrente quale intestatario di una polizza assicurativa rinvenuta sul veicolo, poiché la sostanziale riferibilità della polizza dell’autovettura all’imputato risultava da circostanze ulteriori, debitamente considerate nella decisione impugnata).
Per questa ragione, si è anche affermato che, in tema di ricorso straordinario per errore materiale o di fatto, l’omessa motivazione in ordine ad uno o più motivi di ricorso per cassazione non dà luogo ad errore di fatto rilevante a norma dell’art. 625-bis cod. proc. pen., allorché il motivo proposto debba considerarsi implicitamente disatteso, ovvero qualora l’omissione sia soltanto apparente, risultando le censure formulate con il relativo motivo assorbite dall’esame di altro
motivo preso in considerazione, o, ancora, quando l’omesso esame del motivo non risulti decisivo, in quanto da esso non discenda, secondo un rapporto di derivazione causale necessaria, una decisione incontrovertibilmente diversa da quella che sarebbe stata adottata se il motivo fosse stato considerato; in tale ultima ipotesi, è onere del ricorrente dimostrare che la doglianza non riprodotta era, contro la regola di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., decisiva e che suo omesso esame è conseguenza di un sicuro errore di percezione (cfr. Sez. 2, n. 53657 del 17/11/2016, Macrì, Rv. 268982-01).
2.2. Per quanto concerne i poteri del giudice di appello in materia di richiesta di assunzione di nuove prove ex art. 603, comma 2, cod. proc. pen., va rilevato che il medesimo, pur non dovendo accertare la necessità assoluta dell’attività istruttoria domandata, ha comunque uno spazio di valutazione.
Si è infatti più volte precisato che, in tema di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in sede di appello, il giudice, ove trattasi di prove nuove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, deve disporre la detta rinnovazione osservando i soli limiti previsti dall’art. 495, comma 1, cod. proc. pen. che richiama la regola generale stabilita dall’art. 190, comma 1, cod. proc. pen., secondo cui il giudice ammette le prove escludendo quelle vietate dalla legge o quelle che manifestamente sono superflue o irrilevanti; ne consegue che l’assunzione delle dette prove nuove deve sempre essere vagliata dal giudice di appello sotto il profilo dell’utilità processuale, non invece sotto il profilo della indispensabilità o assoluta necessità (così Sez. 3, n. 42965 del 10/06/2015, L., Rv. 265200-01, e Sez. 1, n. 1712 del 10/01/1995, NOME COGNOME, Rv. 200975-01).
Nella specie, l’ordinanza impugnata ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione dell’attuale ricorrente avverso la sentenza della Corte di appello che aveva confermato la dichiarazione della sua penale responsabilità sulla base di due distinte ed autonome ragioni.
Invero, l’ordinanza impugnata ha sì dichiarato, nel § 3, che il ricorso era manifestamente infondato perché il giudice di appello avrebbe correttamente applicato il principio, costantemente ribadito dalla Suprema Corte, per cui la rinnovazione dell’istruttoria nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza dell’istruttoria espletata in primo grado, è un istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti, facendo inoltre espresso riferimento alla disposizione di cui all’art. 603, comma 1, cod. proc. pen., relativa alle prove già esistenti.
Tuttavia, la medesima ordinanza impugnata in questa sede ha anche osservato, nei §§ 4, 4.1 e 4.2, che il ricorso era privo di specificità per «il manca t o
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confronto con la ratio decidendi sottesa all’esplicito esercizio del potere discrezionale di cui innanzi». Ed ha precisato: «Orbene, nella specie, la Corte territoriale, con motivazione non solo coerente ma anche non manifestamente illogica, con la quale il ricorrente non si confronta, ha sostanzialmente ritenuto di poter decidere allo stato degli atti in ragione di circostanze oggettive tali da confermare il giudizio di responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio, quali la presenza delle impronte digitali dell’imputato sulla targa contraffatta utilizzata per la commissione del furto e gli esiti positivi dei plurimi riconoscimenti dello stesso imputato quale soggetto presente sui luoghi».
In considerazione dei principi richiamati e degli elementi a disposizione della Corte, deve ritenersi che l’errore denunciato, se esistente, non è decisivo, perché non può dirsi che abbia condotto ad una pronunzia diversa da quella che sarebbe stata adottata se esso non si fosse verificato.
Invero, in disparte dalla configurabilità di un errore sul significato della censura, posto che lo stesso, per come denunciato in questa sede, è desunto solo indirettamente, in ragione del richiamo effettuato dall’ordinanza impugnata ad un principio giurisprudenziale enunciato dalla giurisprudenza in relazione ad altra fattispecie normativa, occorre rilevare che la medesima ordinanza impugnata espone anche una ulteriore ed autosufficiente ragione determinativa dell’inammissibilità del ricorso, fondata sulla superfluità dell’acquisizione istruttoria richiesta, e pienamente coerente con i principi giurisprudenziali in tema di poteri del giudice di appello sulle istanze di ammissione di prove nuove ex art. 603, comma 2, cod. proc. pen.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a favore della cassa delle ammende, della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 19/01/2024 Il Consigliere estensore
Il Presidente