Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9386 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9386 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato in Romania il 24/08/1959
avverso la ordinanza del 13/06/2024 della Corte di cassazione di Roma udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME
NOMECOGNOME che ha chiesto revocarsi la sentenza impugnata e dichiararsi l’inammissibilità del ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Brescia in data 27/3/2024;
ricorso trattato in forma cartolare ai sensi dell’art. 611, comma 1bis , cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO
Il COGNOME a mezzo del difensore, ha interposto ricorso straordinario per errore di fatto ai sensi dell’art. 625bis cod. proc. pen., affidandolo ad un unico motivo, con cui deduce l’errore percettivo in cui sarebbe incorsa la Corte di legittimità con riferimento alla data di deposito del ricorso per cassazione, ritenuto erroneamente avvenuto in data 13/04/2024, in luogo del 12/04/2024, circostanza questa che risulta dalla documentazione allegata al ricorso straordinario.
2.1. In data 14/02/2025 Ł pervenuta memoria scritta con cui si chiede l’annullamento della sentenza impugnata con il ricorso straordinario e l’accoglimento dell’originario ricorso per cassazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso straordinario Ł fondato per i motivi che seguono; ciò non di meno il ricorso avverso l’ordinanza della Corte di appello di Brescia del 27/03/2024 deve essere dichiarato inammissibile.
1.1. Va premesso che la giurisprudenza di legittimità, nella sua piø autorevole composizione, ha avuto modo di affermare che l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del rimedio previsto dall’art. 625bis cod. proc. pen. consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso.
Di conseguenza, i )- qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non Ł configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio; ii )- sono estranei all’ambito di applicazione dell’istituto gli errori di interpretazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, ovvero la supposta esistenza delle norme stesse o l’attribuzione ad esse di una inesatta portata, anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi giurisprudenziali consolidati, nonchØ gli errori percettivi in cui sia incorso il giudice di merito, dovendosi questi ultimi far valere – anche se risoltisi in travisamento del fatto – soltanto nelle forme e nei limiti delle impugnazioni ordinarie; iii )- l’operatività del ricorso straordinario non può essere limitata alle decisioni relative all’accertamento dei fatti processuali, non risultando giustificata una simile restrizione dall’effettiva portata della norma in quanto l’errore percettivo può cadere su qualsiasi dato fattuale (Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Basile, Rv. 221280 – 01).
1.2. Tanto premesso, ritiene il Collegio che, nel caso di specie, la doglianza sia fondata, atteso che la decisione della Sesta sezione penale di questa Corte risulta essere stata determinata dalla svista relativa alla data di deposito del ricorso per cassazione, che dalla documentazione allegata al presente ricorso può affermarsi essere stato effettuato nei termini di legge (il provvedimento impugnato Ł stato notificato il 28/03/2024, il ricorso inviato via pec in data 12/04/2024 all’indirizzo della Corte di appello di Brescia all’uopo dedicato).
Conseguentemente, deve essere disposta la revoca dell’ordinanza n. 33593 del 13/06/2024, depositata il 04/09/2024, pronunciata dalla Sesta sezione penale di questa Suprema Corte, in quanto emessa in esito all’evidenziato errore percettivo.
1.3. Posta tale revoca, il Collegio ritiene di potere procedere direttamente alla fase rescissoria e, quindi, al nuovo giudizio sull’originario ricorso per cassazione, in applicazione del condiviso principio di diritto, prevalente nella piø recente giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di ricorso straordinario per errore di fatto, disponendo l’art. 625bis , comma 4, cod. proc. pen. che la Corte di cassazione, se accoglie la richiesta, adotta i provvedimenti necessari per correggere l’errore, la definizione della procedura non deve necessariamente articolarsi nelle due distinte fasi dell’immediata caducazione del provvedimento viziato e della successiva udienza per la celebrazione del rinnovato giudizio sul precedente ricorso per cassazione, potendosi adottare un’immediata pronuncia della decisione, che, se di accoglimento del ricorso, sostituisce la precedente (Sez. 2, n. 48327 del 24/10/2023, COGNOME Rv. 285586 – 01; Sez. 3, n. 35131 del 11/05/2023, COGNOME Rv. 285208 – 01; Sez. 1, n. 18363 del 17/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284541 – 01; Sez. 3, n. 15307 del 05/03/2020, Reguig, Rv. 279754 – 01).
1.4. Venendo, dunque, al merito del giudizio rescissorio, con ordinanza del 27/03/2024, la Corte d’appello di Brescia dichiarava inammissibile la richiesta presentata il 17/11/2022 di revisione della sentenza del Tribunale di Milano del 24/11/2014, irrevocabile in data 10/01/2015, affermando che il rimedio esperibile nel caso in cui l’imputato sia stato condannato senza che fosse a conoscenza del processo Ł quello della rescissione del giudicato, non quello della revisione della sentenza di condanna.
1.5. Avverso tale ordinanza della Corte d’appello di Brescia, NOME COGNOME a mezzo del difensore, ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo ad un unico motivo, con cui deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen. Evidenzia che il processo conclusosi con la condanna del COGNOME Ł stato celebrato senza che questi ne fosse a conoscenza, invece che essere sospeso ai sensi dell’art. 420quater cod. proc. pen.; che, dunque, si Ł verificata la violazione dell’art. 6 della CEDU, che garantisce il diritto ad un processo equo, che include evidentemente anche il diritto dell’interessato a comparire in giudizio, diritto che può essere consapevolmente esercitato solo se l’imputato Ł stato informato della fissazione del processo; che Ł ormai pacifico che
– sebbene l’art. 630 cod. proc. pen. non annoveri tra i casi di revisione l’ipotesi in cui la stessa si renda necessaria per conformarsi ad una decisione definitiva della Corte EDU – quest’ultima debba considerarsi ammissibile alla stregua delle altre espressamente previste dalla norma; che ad affermare ciò Ł intervenuta in prima battuta la Corte costituzionale, che con la sentenza n. 113 del 2011 ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 630 cod. proc. pen. nella parte in cui non prevedeva la cosiddetta ‘revisione europea’; che lo strumento processuale della revisione deve trovare applicazione anche nel caso di specie, atteso che la sentenza n. 8544/2020 delle Sezioni Unite della Corte di cassazione ha affermato che gli effetti di una pronuncia di condanna della Corte EDU a casi non specificamente oggetto di giudizio Ł regolata dall’art. 61 del regolamento della Corte con riferimento alle cosiddette ‘sentenze pilota’ e, ai sensi del comma 9 del medesimo articolo, ai casi in cui la sentenza stessa segnali l’esistenza di un problema strutturale o sistemico all’interno dello Stato; che, dunque, la Corte territoriale, ai fini dell’ammissibilità dell’istanza di revisione, avrebbe dovuto individuare se in materia la Corte EDU si fosse già pronunciata con una sentenza avente le caratteristiche di cui all’art. 61 citato; che la risposta al quesito Ł positiva, dovendosi individuare la sentenza in quella della Grande Camera della Corte EDU, Sejdovic c. Italia, del 01/03/2006, relativa alle sentenze di condanna emesse in assenza dell’imputato, che non ha avuto conoscenza del procedimento, ritenuta dalla Corte una violazione di carattere strutturale e sistemico propria dell’ordinamento italiano, ai sensi dell’art. 61 citato.
1.6. Ritiene il Collegio che il ricorso sia inammissibile, per essere aspecifico e, comunque, manifestamente infondato l’unico motivo cui Ł affidato.
1.6.1. Invero, sotto il primo profilo, si osserva che la doglianza Ł reiterativa di quella proposta davanti alla Corte territoriale e non si confronta con la motivazione del provvedimento impugnato, che ha evidenziato come la criticità di carattere strutturale e sistemico dell’ordinamento italiano, denunciata dalla ormai remota sentenza della Grande Camera citata dal ricorrente, sia stata sanata con l’introduzione della disciplina dell’assenza ad opera della legge n. 28 aprile 2014, n. 67; come nelle ipotesi di erronea dichiarazione dell’assenza l’ordinamento preveda un apposito rimedio che Ł quello della rescissione del giudicato di cui all’art. 629bis cod. proc. pen. e non quello della revisione ex art. 630 cod. proc. pen., utilizzato dal ricorrente; come, infine, il caso che si sta scrutinando nemmeno possa rientrare nella ipotesi introdotta dalla Corte costituzionale con la pronuncia richiamata dall’istante, in quanto quel rimedio serve per uniformarsi ad una decisione della Corte EDU che ravvisi violazioni della CEDU per le quali l’ordinamento non prevede alcun rimedio esperibile, diversamente dal caso in esame, che prevedeva il rimedio della rescissione del giudicato, da proporsi a pena di inammissibilità entra trenta giorni dal momento dell’avvenuta conoscenza della sentenza (termine che, nel caso di specie, decorreva dal 26/11/2015, momento dell’arresto del COGNOME); come, dunque, non si possa utilizzare un diverso istituto per rimediare a decadenze verificatesi con riferimento agli strumenti espressamente previsti.
Ebbene, con tali pertinenti rilievi il ricorso non si misura, limitandosi ad una mera riproposizione della tesi sostenuta in appello e in quella sede già disattesa con argomenti congrui ed esaustivi.
1.6.2. Sotto il secondo profilo, va con convinzione data continuità a quell’orientamento di legittimità secondo il quale la nullità degli atti introduttivi di giudizio definito con sentenza irrevocabile, che abbia determinato un’errata dichiarazione di contumacia o di assenza, non rientra in alcuno dei casi per cui Ł consentita la revisione, ma, concorrendone le altre condizioni, può essere fatta valere con il rimedio della restituzione del termine di cui all’art. 175 cod. proc. pen. (nella versione vigente antecedentemente alle modifiche introdotte dall’art. 11 legge 28 aprile 2014, n. 67), in caso di sentenza contumaciale o con quello della rescissione del giudicato di cui all’art. 629bis cod. proc. pen., in caso di sentenza pronunciata in assenza (Sez. 3, n. 14631 del 11/01/2024, Posillo, Rv. 286194 – 01). Ed invero, l’istituto della revisione di cui all’art. 630 cod. proc. pen., che
costituisce mezzo di impugnazione straordinaria, non può essere utilizzato per dedurre nullità verificatesi nel processo definito con sentenza irrevocabile, atteso che – secondo l’insegnamento di questa Corte dio legittimità nella sua piø autorevole composizione (Sez. U, n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, Lovric, Rv. 280931 – 01) – le nullità assolute ed insanabili derivanti, nel giudizio celebrato in assenza, dall’omessa citazione dell’imputato trovano il loro limite preclusivo nel perfezionarsi del giudicato, potendo l’incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo che si assuma derivata dalle nullità stesse esser fatta valere conseguentemente attraverso la richiesta di rescissione del giudicato ai sensi dell’art. 629bis cod. proc. pen.
All’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Revoca l’ordinanza di questa Corte n. 33593/2024 emessa in data 13/6/2024 nei confronti di NOME COGNOME Dichiara inammissibile il ricorso avverso l’ordinanza emessa dalla Corte di appello di Brescia, n. 2/2023 in data 27/3/2024 e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 26/02/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME