Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21105 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21105 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 23/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nata a Milano il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/05/2023 della Corte di Cassazione visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla AVV_NOTAIO NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi;
lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, nell’interesse della ricorrente, con cui ha insistito per l’accoglimento del ricorso sottolineando in particolare la mancata valutazione della sentenza del Tribunale di Alessandria passata in giudicato il 9 Marzo 2023.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Seconda Sezione della Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano del 18 maggio 2022, che ne confermava la condanna quale appartenente ad un’associazione a delinquere, riciclaggio ed emissione di fatture per operazioni inesistenti.
NOME COGNOME , a mezzo del proprio difensore, ha proposto un unico motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 625-bis, cod. proc. pen., chiedendo la correzione dell’errore di fatto in cui è incorsa la sentenza della Corte di cassazione, con riferimento al capo U dell’imputazione, allorché ha dichiarato che la ricorrente non avesse allegato documenti dimostrativi di non essere amministratrice della RAGIONE_SOCIALE, nonostante la memoria difensiva inviata a mezzo PEC il 20 aprile 2023 evidenziasse che il Tribunale civile di Alessandria, con sentenza divenuta irrevocabile il 9 marzo 2023, avesse attestato l’estraneità della NOME dal ruolo indicato.
Il 13 febbraio 2024 il procedimento è stato rinviato all’udienza del 23 aprile 2024 per acquisire gli atti dell’appello avverso la sentenza impugnata e per la trattazione ex art. 127 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto presentato per motivi diversi da quelli consentiti.
Ai sensi dell’art. 625-bis, cod. proc. pen. costituisce errore di fatto l’errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione è incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso tale da influenzare processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali tale da condurre ad una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso (Sez. U, n. 16103 del 27742002, Basile, Rv.221280). Detto errore, quindi, va identificato soltanto in una fuorviata rappresentazione
percettiva, con esclusione delle ipotesi in cui la decisione abbia contenuto valutativo (Sez. U, n. 18651 del 26 03 2015, COGNOME, Rv. 263686).
Va premesso che il ricorso originario di NOME COGNOME era fondato sulla certificazione della RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al fine di dimostrare che non ricoprisse il ruolo di amministratrice di diritto.
La Corte di cassazione, nella sentenza impugnata, ha operato una precisa valutazione di inammissibilità del motivo dando atto: a) della mancata allegazione del documento dimostrativo dell’assenza della qualità di amministratrice della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE della ricorrente, come sostanzialmente confermato dal presente ricorso nella parte in cui, a pag. 6, richiama di avere riportato nella memoria il contenuto della sentenza del Tribunale civile di Alessandria, ma di non averla prodotta; b) del mancato rispetto dei termini e dei limiti previsti per la produzione di documenti nel giudizio di legittimità.
ricorso, al fine di dimostrare l’errore di fatto, fa leva, in modo suggestivo, sull’omessa valutazione, da parte della pronuncia in esame, della sentenza del Tribunale di Alessandria, effettivamente non avvenuta in quanto, però, a monte è stata ritenuta irrilevante la circostanza che attraverso quella produzione doveva essere dimostrata ovverosia che NOME non fosse amministratrice di diritto della RAGIONE_SOCIALE.
Infatti, la Seconda Sezione della Corte di Cassazione ha fondato la declaratoria di inammissibilità del ricorso non sull’ assunzione della menzionata carica, ma sulla «costante e consapevole partecipazione della ricorrente alle operazioni di emissione e registrazione delle fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE», a prescindere dalla sua nomina, richiamando in modo specifico gli argomenti delle sentenze di merito (pagina 8), anche alla luce della chiamata in correità del coimputato.
L’inammissibilità del ricorso determina la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ex art. 616 cod. proc. pen., al versamento della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende
Così deciso il 24 aprile 2024.