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Errore di fatto Cassazione: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per la correzione di un errore di fatto. La sentenza chiarisce che tale rimedio si applica solo a errori percettivi (sviste) e non a errori valutativi, come la presunta omessa considerazione di una prova. Nel caso specifico, la condanna della ricorrente si basava sulla sua partecipazione materiale ai reati, rendendo irrilevante la sua qualifica formale di amministratrice che intendeva dimostrare. L’analisi sull’errore di fatto in Cassazione ha ribadito che non si può usare questo strumento per riesaminare il merito della decisione.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Errore di fatto in Cassazione: Quando l’Appello è Inammissibile

Il ricorso per la correzione dell’errore di fatto in Cassazione, disciplinato dall’articolo 625-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento eccezionale e dai confini applicativi molto stretti. Una recente sentenza della Suprema Corte (n. 21105/2024) offre un’importante lezione su questa materia, chiarendo la netta distinzione tra un errore percettivo, emendabile, e un errore valutativo, che non può essere contestato con questo mezzo. Il caso riguarda una ricorrente condannata per associazione a delinquere, riciclaggio ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, la quale ha tentato di far valere un presunto errore della Cassazione.

I Fatti del Caso: dalla Condanna al Ricorso Straordinario

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di una donna per aver partecipato a un sodalizio criminale. La difesa, in sede di ricorso per cassazione, aveva sostenuto l’estraneità della propria assistita, in particolare contestando il suo ruolo di amministratrice di una società cooperativa coinvolta nelle attività illecite. Dopo che la Cassazione aveva dichiarato inammissibile il ricorso originario, la difesa ha proposto un nuovo ricorso, questa volta ai sensi dell’art. 625-bis c.p.p., lamentando un errore di fatto.

Secondo la ricorrente, la Corte sarebbe incorsa in una svista non considerando che una memoria difensiva faceva riferimento a una sentenza, divenuta irrevocabile, del Tribunale civile che attestava la sua estraneità dal ruolo di amministratrice della società.

La Decisione della Corte: i Limiti dell’Errore di Fatto in Cassazione

La Sesta Sezione Penale ha dichiarato il nuovo ricorso inammissibile, fornendo una spiegazione cristallina sulla natura e i limiti dell’errore di fatto in Cassazione. La Corte ha ribadito un principio consolidato, sancito anche dalle Sezioni Unite: l’errore di fatto emendabile è solo quello di tipo percettivo, causato da una svista o da un equivoco nella lettura degli atti processuali.

Errore Percettivo vs. Errore Valutativo: Una Distinzione Fondamentale

L’errore percettivo si verifica quando il giudice ‘legge male’ un atto, ad esempio attribuendo a un imputato una dichiarazione resa da un altro. L’errore valutativo, invece, riguarda l’interpretazione e il peso che il giudice attribuisce a un determinato elemento probatorio. Quest’ultimo tipo di errore non può mai essere oggetto del ricorso ex art. 625-bis, poiché implicherebbe un riesame del merito della decisione, precluso nel giudizio di legittimità.

Nel caso di specie, la Corte ha chiarito che l’eventuale omessa valutazione della sentenza del Tribunale civile non costituisce una svista, ma attiene al processo valutativo della rilevanza delle prove, che è insindacabile tramite questo strumento.

Le Motivazioni

Il cuore della motivazione risiede nel fatto che la condanna della ricorrente non si fondava sulla sua qualifica formale di amministratrice, bensì sulla sua ‘costante e consapevole partecipazione alle operazioni di emissione e registrazione delle fatture emesse dalla società’. La Corte di Cassazione, nella sua prima pronuncia, aveva già ritenuto questo coinvolgimento fattuale, provato dalle sentenze di merito e dalle chiamate in correità, sufficiente a fondare la responsabilità penale, a prescindere dalla carica ricoperta.

Di conseguenza, la circostanza che la ricorrente non fosse l’amministratrice ‘di diritto’ era stata giudicata irrilevante ai fini della decisione. L’errore lamentato dalla difesa, quindi, non era una ‘svista’ su un fatto decisivo, ma una divergenza sulla valutazione della rilevanza di una prova. La Corte ha concluso che il ricorso tentava, in modo suggestivo, di trasformare un preteso errore di giudizio in un errore di fatto, forzando i limiti di applicazione dell’art. 625-bis.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce con forza che il ricorso per la correzione dell’errore di fatto non è una terza istanza di giudizio né un’occasione per reintrodurre argomenti di merito. È un rimedio straordinario, confinato a casi eccezionali di errore materiale e percettivo che abbia condotto a una decisione diversa da quella che si sarebbe altrimenti presa. Per i legali e i loro assistiti, questa pronuncia è un monito a utilizzare questo strumento con estrema cautela, solo in presenza di un’autentica svista documentale e non per contestare l’iter logico-valutativo seguito dai giudici di legittimità.

Cos’è un “errore di fatto” che può essere corretto dalla Corte di Cassazione ai sensi dell’art. 625-bis c.p.p.?
Secondo la sentenza, è esclusivamente un errore percettivo, ovvero una svista o un equivoco nella lettura degli atti interni al giudizio, che influenza il processo decisionale del giudice. Non rientrano in questa categoria gli errori di valutazione o interpretazione delle prove.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile nonostante la ricorrente avesse una sentenza civile che attestava la sua estraneità al ruolo di amministratrice?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la condanna penale non si basava sulla sua carica formale di amministratrice, ma sulla sua ‘costante e consapevole partecipazione’ alle attività illecite. Pertanto, la prova che intendeva far valere (la sentenza civile) è stata ritenuta irrilevante ai fini della decisione, e la sua presunta omessa valutazione non configurava un errore di fatto, bensì un aspetto valutativo insindacabile con questo strumento.

Qual è la differenza tra errore percettivo ed errore valutativo?
L’errore percettivo è una ‘svista’ oggettiva, come leggere un nome per un altro o un ‘sì’ al posto di un ‘no’ in un documento. L’errore valutativo, invece, riguarda l’apprezzamento soggettivo del giudice circa l’importanza, la rilevanza o il significato di una prova. Solo il primo tipo di errore può essere corretto con il ricorso ex art. 625-bis.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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