Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20371 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20371 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME, nato a Gela il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/06/2023 della Corte di cassazione visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste scritte del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
lette per l’imputato le conclusioni scritte dell’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, per il tramite del difensore di fiducia munito di procura speciale, propone ricorso straordinario ai sensi dell’art. 625-bis cod.proc.pen. avverso la sentenza n. 25572/2023 emessa dalla Quarta Sezione di questa Corte in data 07/06/2023, con la quale era stata annullata con rinvio la sentenza emessa in data 20 settembre 2022 dalla Corte di appello di Caltanissetta nella sola parte relativa all’aggravante del numero delle persone ed al trattamento sanzionatorio e rigettava nel resto il ricorso; era stata rigettata, invece, la censura relativ all’affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo h) dell’imputazione.
Il ricorrente articola un unico motivo di ricorso, con il quale deduce che la Corte di cassazione sarebbe incorsa in errore di fatto con riferimento alla statuizione di rigetto della censura afferente al reato di cui al capo h) dell’imputazione, perché ha ritenuto tale censura una mera allegazione volta a sostenere che la marijuana acquistata dal COGNOME per conto di COGNOME fosse di qualità così cattiva da non avere effetti droganti, senza alcuna replica con la motivazione della sentenza primo grado, nella quale si affermava che la marijuana era stata assaggiata dal COGNOME, né in sede di gravame né in sede di ricorso per cassazione; argomenta che, al contrario, alle pagine 21 e 22 dell’atto di appello non si erano contestati solo gli effetti droganti dello stupefacente ma anche la qualità dello stesso, così come nella memoria depositata all’udienza del 21.10.2021 e, successivamente, anche nel ricorso per cassazione.
Chiede, quindi, di porre rimedio alla svista in cui è incorsa la Corte di cassazione ed accogliere il ricorso proposto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va dichiarato inammissibile.
Va ricordato che il ricorso straordinario di cui all’art. 625 bis cod.proc.pen. è previsto in relazione a due distinti tipi di errore: da un lato l’errore materiale dall’altro l’errore di fatto.
La nozione di errore materiale di cui all’art. 625-bis cod.proc.pen. va mutuata dalla nozione data dall’art. 130 cod.proc.pen. (omissione o errore dovuto a mero scostamento fra volontà ed estrinsecazione della medesima) sicché le due procedure sarebbero, con riguardo alle sentenze della Corte di cassazione, sovrapponibili, residuando, in cassazione, spazio per l’applicazione dell’art. 130 cod.proc.pen. laddove la sentenza non riguardi una sentenza di condanna.
L’errore di fatto – qui dedotto – viene costantemente definito come consistente in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso (da ultimo, Sez. 2, n. 2241/14 del 11/12/2013, Pezzino, Rv. 259821).
In particolare, secondo la consolidata giurisprudenza cli questa Corte di legittimità, l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità deve consiste un errore percettivo determinato da una svista in cui sia incorsa la Corte di Cassazione e non in un errore di valutazione di fatti esposti nella sentenza a suo tempo impugnata; sono, pertanto estranei all’ambito di applicazione dell’istituto gli errori di interpretazioni di norme giuridiche, sostanziali e processuali, ovvero la supposta esistenza delle norme stesse o l’attribuzione ad esse di una inesatta portata, anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi giurisprudenziali consolidati, la deduzione di una errata valutazione di elementi probatori (Sez. Un. n.16103 del 30/04/2002, Rv. 221280; sez. 6 n.12893 del 20/03/2003, Rv. 224156; Sez.2, n.45654 del 24/09/2003, Rv.227486;Sez.U, n.37505 del 14/07/2011, Rv.250527; Sez.6, n.35239 del 21/05/2013, Rv.256441; Sez.U,n.18651 del 26/03/2015, Rv.263686).
Ed è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 625- bis cod. proc. pen.nella parte in cui esclude che con lo speciale mezzo di impugnazione possa essere dedotto l’errore valutativo o di giudizio, precisandosi che tale disciplina è compatibile con la fisionomia dell’istituto, introdotto al solo fine di porre riparo a mere sviste o errori percezione nei quali sia incorso il giudice di legittimità e non anche per introdurre un ulteriore grado di giudizio, ciò che si porrebbe, del resto, in contrasto con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo (Sez.5, n.37725 del 05/04/2005, Rv.232313).
Tanto premesso, la censura del ricorrente costituisce, in sostanza, la mera riproposizione del motivo di ricorso, motivatamente disatteso dalla Corte di Cassazione nella sentenza impugnata, del quale si lamenta una erronea interpretazione e valutazione.
Essa, quindi, rappresenta un errore di giudizio, che, come tale, involgerebbe l’aspetto valutativo della decisione e si concreterebbe, pertanto, in una errata valutazione e non in un errore di fatto.
Una siffatta doglianza, quindi, non è deducibile con il rimedio straordinario previsto dall’art. 625-bis cod.proc.pen.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 04/04/2024