Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38210 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38210 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 01/03/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe, la Corte di appello di Lecce, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza presentata da NOME COGNOME per ottenere la corretta determinazione della pena da espiare in relazione alla sentenza del 2 febbraio 2024, irrevocabile 1’8 febbraio 2204, con la quale la suddetta Corte di Lecce aveva pronunciato il riconoscimento della decisione di condanna alla pena di quattro anni di reclusione emessa, nei confronti del COGNOME medesimo, in data 13 maggio 2021 dal Tribunale bulgaro di Vrasta (irrevocabile il 9 novembre 2021) per i reati di cui agli artt. 99 e 640 cod. pen.
La sentenza straniera aveva indicato il periodo di presofferto dal 25 marzo 2019 all’il dicembre 2019 e dal 5 giugno 2023 al 16 agosto 2023.
COGNOME contestava la correttezza della durata del periodo espiato in Bulgaria, indicato nella sentenza di quel Paese dal 25 marzo 2019 all’il dicembre 2019, pari a otto mesi e ventidue giorni, in quanto nel M.A.E. emesso nei suoi confronti la pena a lui inflitta risultava riportata in sei anni di reclusione, con par residua da scontare nella misura di cinque anni, il che significava che il presofferto in Bulgaria corrispondeva a un anno.
Il giudice dell’esecuzione rilevava, in effetti, negli stessi termini prospettat dal condannato, una “apparente discrasia” tra quanto riportato nel M.A.E. esecutivo trasmesso dalla Procura regionale di Montana (Bulgaria) in data 2 agosto 2022 e quanto indicato sia nel dispositivo che nella motivazione della citata sentenza di condanna del Tribunale di Vrasta in data 13 maggio 2021, confermata dal Tribunale distrettuale di Vrasta in data 9 novembre 2021.
Tuttavia, riteneva superflui eventuali approfondimenti istruttori per due ordini di ragioni: 1) in primo luogo, perché rispetto al M.A.E., che conteneva “elementi riassuntivi” della vicenda processuale di COGNOME, facevano “sicuramente fede” le sentenze di condanna che lo avevano riguardato, debitamente acquisite e tradotte; 2) in secondo luogo, perché la conferma dell’esattezza del calcolo del periodo presofferto in Bulgaria, riportato nelle sentenze straniere (quindi, dal 25 marzo 2019 all’il dicembre 2019), era stata fornita dal diretto interessato, il quale, interrogato il 7 giugno 2023 in sede di udienza di convalida del suo arresto, aveva dichiarato di aver scontato “9 mesi di custodia cautelare in Bulgaria dal marzo al dicembre 2019”.
Ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, per il tramite del difensore, deducendo, con un unico motivo, manifesta illogicità della motivazione.
Il giudice dell’esecuzione avrebbe fatto mal governo del principio di diritto secondo il quale, in caso di incertezza su un elemento di giudizio involgente gli
interessi dell’imputato, si sarebbe dovuto propendere per la soluzione a lui più favorevole.
Inoltre, rilevata la denunciata discrasia, il giudice medesimo avrebbe potuto-dovuto avvalersi dei poteri istruttori a lui riservati dall’art. 666, comma 5 cod. proc. pen. chiedendo informazioni alle Autorità competenti e non, viceversa, adottare una decisione manifestamente illogica come quella impugnata, che aveva omesso di tener conto delle indicazioni ufficiali riportate nel M.A.E.
Il Procuratore generale di questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va dichiarato inammissibile.
Si controverte, in sede di incidente ex art. 666 cod. proc. pen., sull’esatta durata del presofferto subito in Bulgaria dal condannato, a causa della discrasia rilevabile tra l’indicazione contenuta nel M.A.E. emesso dalla Procura regionale di Montana – Bulgaria (un anno) e quella contenuta nella sentenza di appello bulgara del Tribunale distrettuale di Vrasta in data 9 novembre 2021 (poco più di otto mesi), riconosciuta in Italia dalla Corte di appello di Lecce.
Si tratta, tuttavia, di un tema che, secondo l’insegnamento di questa Corte, cui il Collegio intende dare continuità, non avrebbe potuto essere portato all’attenzione del giudice dell’esecuzione.
3.1. È stato, infatti, affermato che, oltre a non poter essere dedotte, con incidente di esecuzione, le questioni relative al merito del giudizio di riconoscimento delle sentenze penali straniere di cui agli artt. 730 e ss. cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 37496 del 16/09/2022, Pop, Rv. 283934 – 01; Sez. 6, n. 44601 del 15/09/2015, S., Rv. 265882 – 01), non può ritenersi ammissibile l’incidente di esecuzione preordinato a modificare l’entità della pena da scontare, inflitta da Autorità giudiziaria straniera con sentenza riconosciuta dall’Autorità nazionale competente, in virtù di un errore di calcolo, ascrivibile all’Autorità estera e riflui nella sentenza di riconoscimento, in quanto detto errore, ove sussistente, può essere fatto valere o dinanzi all’Autorità giudiziaria straniera con i rimedi eventualmente previsti da quell’ordinamento o mediante l’impugnazione della sentenza di riconoscimento (Sez. 5, n. 43424 del 25/05/2004, Sfriso, Rv. 231004 – 01).
Nella sentenza da ultimo citata, in cui l’errore, inerente alla mancata detrazione di alcune pene suscettibili di estinzione per indulto, era stato commesso dalla competente autorità del Portogallo, si è precisato che l’art. 10, comma 1, della legge 25 luglio 1988, n. 334, di ratifica della Convenzione di Strasburgo del
21 marzo 1983 (Ratifica ed esecuzione della convenzione sul trasferimento delle persone condannate), fissa i relativi meccanismi attuativi, ponendo un vincolo allo Stato richiesto quanto alla natura del trattamento sanzionatorio ed alla durata dello stesso, come stabilito dallo Stato di condanna («In caso di continuazione dell’esecuzione, Io Stato di esecuzione è vincolato alla natura giuridica e alla durata della sanzione così come stabilite dallo Stato di condanna»).
3.2. In applicazione dell’enunciato principio, il dedotto errore di computo, ove sussistente, avrebbe dovuto, quindi, essere fatto valere, nel caso di specie, o sollecitando la sua correzione da parte della stessa Autorità giudiziaria bulgara con l’apposito rimedio eventualmente previsto dall’ordinamento di quello Stato in casi del genere, o, comunque, attraverso l’impugnazione della sentenza di riconoscimento emessa dalla Corte di appello di Lecce; altra soluzione non v’era, dovendo essere escluso, per quanto detto, che il giudice adito in sede di incidente di esecuzione potesse porre riparo al denunciato errore, attesi i limiti della sua competenza funzionale.
Dalla inammissibilità del ricorso discende, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del proponente al pagamento delle . spese processuali e al versamento della ulteriore somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nel ricorso (Corte Cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 28 giugno 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente