Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 16476 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 16476 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORINO il 26/04/1966
avverso l’ordinanza del 23/09/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, la Corte di appello di Torino, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza proposta nell’interesse di NOME COGNOME per ottenere la modifica del provvedimento di “cumulo” emesso dalla Procura Generale territoriale in data 27 novembre 2023, affinché risultasse che il condannato aveva espiato un periodo di pena in eccesso pari a giorni 16 e non a 7, come, invece, risultava dal provvedimento impugnato.
Secondo l’analisi condotta dal giudice dell’esecuzione, diversamente da quanto dedotto dalla difesa del COGNOME, l’errore eli calcolo era da rinvenirsi nel cumulo emesso in data 1° giugno 2022 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Asti, non in quello della Procura Generale di Torino, viceversa corretto.
Ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, per mezzo del suo difensore di fiducia, deducendo, quale unico motivo di ricorso, vizio di motivazione in punto di conteggio dei giorni di pena in eccesso già espiati dal condannato.
Ad avviso della difesa, la Corte di appello, considerando erroneamente il primo periodo di carcerazione del condannato, cessato il 30 luglio 2019, sarebbe incorsa in un errore di calcolo. Ed invero, essendo il secondo periodo di detenzione iniziato in data 19 settembre 2021, il fine pena doveva individuarsi nel giorno 27 aprile 2024 e non, come indicato dalla Procura Generale di Torino, nel giorno 4 maggio 2024, con la conseguenza che i giorni di detenzione in eccesso scontati dal ROSSI alla data del 29 marzo 2024 risultavano pari a 16, in linea con quanto indicato nel provvedimento emesso dalla Procura di Asti in data 10 giugno 2022.
La difesa denuncia, inoltre, un ulteriore errore in cui sarebbe incorsa la Procura Generale di Torino, che, in data 29 settembre 2021, emettendo un altro provvedimento di cumulo, aveva revocato inaudita altera parte l’indulto concesso a favore del condannato; in conseguenza di tale errore, il COGNOME, dopo un periodo di libertà di più di due anni e mezzo, in cui aveva intrapreso due attività lavorative e ricostruito il proprio rapporto familiare, era stato sottoposto ad un nuovo periodo di detenzione, cessato dopo quattro mesi poiché, in accoglimento del ricorso presentato dalla difesa, egli era stato scarcerato, riottenendo il beneficio della detenzione domiciliare.
Il Procuratore generale di questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
Con motivazione assai puntuale, che prende le mosse dal raffronto tra i due “cumuli” in discussione, che, opportunamente, la Corte di appello di Torino ha incorporato nell’ordinanza impugnata, il giudice dell’esecuzione ha correttamente concluso che l’errore di calcolo attinente all’indicazione del fine pena risultava
(,
imputabile alla Procura della Repubblica di Asti e non, come vorrebbe il difensore del ricorrente, alla Procura generale di Torino.
Il giudice di merito ha iniziato la sua analisi evidenziando, in primo luogo, la sovrapponibilità dei dati di partenza riportati nei due provvedimenti in esame: a) l’identico calcolo del cumulo delle pene da espiare, indicato nella misura di anni 13, mesi 10 e giorni 5; b) l’identico calcolo del presofferto, riportato nella misura di anni 5 e giorni 24 (periodi 7 novembre 2013 – 10 giugno 2016; 11 febbraio 2017 – 30 luglio 2019); c) l’identica riduzione di pena per l’indulto, nella misura di anni 3 di reclusione ed euro 3.305,00 di multa, e lo stesso riconoscimento della continuazione, con detrazione di ulteriori anni 1 e mesi 6 di reclusione.
Sottraendo dalla pena complessiva da espiare di anni 13, mesi 10 e giorni 5 le quote di pena relative al presofferto, all’indulto e alla continuazione, per anni 9, mesi 6 e giorni 24, si perveniva, rileva la Corte di merito, a un residuo di pena pari ad anni 4, mesi 3 e giorni 21, come correttamente indicato nel provvedimento di “cumulo” emesso dalla Procura generale di Torino.
Spiega il giudice dell’esecuzione che se la Procura della Repubblica di Asti ha indicato il diverso residuo di pena nella misura di anni 2, mesi 11 e giorni 21, determinando il fine pena alla data del 9 settembre 2024, ciò era dovuto al fatto che detto Ufficio aveva già detratto i 480 giorni di liberazione anticipata concessi, come esplicitamente evidenziato, nel suo provvedimento, dal calcolo della pena residua; viceversa, la Procura generale di Torino aveva calcolato i 615 giorni dopo aver determinato la pena ancora da scontare, pervenendo all’indicazione del fine pena alla data del 4 maggio 2024.
Aggiunge il giudice a quo che, successivamente al “cumulo” del 10 giugno 2022, la Procura della Repubblica di Asti aveva emesso tre ulteriori provvedimenti, rispettivamente in data 2 febbraio 2023, 22 febbraio 2023 e 13 luglio 2023, in cui aveva comunicato il fine pena aggiornato in funzione del riconoscimento di ulteriori tre periodi di 45 giorni di liberazione anticipata (per un totale di 135 giorni), partendo sempre dalla data del 9 settembre 2024 e, quindi, progressivamente rideterminando il fine pena al 26 luglio 2024, 11 giugno 2024 e 27 aprile 2024, con un disallineamento di 7 giorni rispetto al provvedimento della Procura generale di Torino.
Tale disallineamento, ad avviso della Corte di appello di Torino, andava imputato a un errore aritmetico in cui era incorsa la Procura di Asti e, precisamente, individuabile nel provvedimento di cumulo emesso da quell’Ufficio il 10 giugno 2022, nel quale la detrazione dei 480 giorni concessi per la liberazione anticipata, partendo dalla data del 9 gennaio 2026 – cui si perveniva aggiungendo il residuo di pena di anni 4, mesi 3 e giorni 21 a partire dalla data del 19 settembre 2021 di decorrenza della reclusione (indicazioni concordi da parte dei due uffici di Procura) – avrebbe dovuto condurre alla data del 16 settembre 2024 e non del 9 settembre 2024, con una differenza di 7 giorni che avrebbe determinato le diverse indicazioni del fine pena dei due provvedi nti
comparati (27 aprile 2024 la Procura di Asti, il 4 maggio 2024 la Procura generale di
Torino).
3. Orbene, a fronte di una precisa e dettagliata ricostruzione come quella operata dal giudice dell’esecuzione, in coerenza con le risultanze in atti e tenuto conto,
soprattutto, della rilevata sovrapponibilità dei dati di partenza considerati dai due uffici sui periodi di detenzione e sulla pena complessivamente espiata dal COGNOME, il ricorso
oppone, in primo luogo, una obiezione relativa alla considerazione, nel calcolo della pena da espiare, “della prima carcerazione del dott. COGNOME che il 30.7.2019 è
stato scarcerato per termine della pena”.
Una obiezione francamente incomprensibile, posto che, nell’uno e nell’altro provvedimento di cumulo, emerge con chiarezza che quella che il difensore del
ricorrente indica come la “prima carcerazione del dott. COGNOME” corrisponde, né più né
meno, al calcolo del presofferto (reclusione dal 7 novembre 2013 al 10 giugno 2016 e dall’Il febbraio 2017 al 30 luglio 2019), riportato, come detto, in modo identico da
entrambi gli uffici requirenti.
Per il resto, il ricorso insiste, in modo apodittico e generico, nello stigmatizzare l’errore di calcolo in cui sarebbe incorsa la Procura generale di Torino, senza, tuttavia,
sviluppare specifiche censure sulla motivazione dell’ordinanza impugnata e, in particolare: sulla rilevata “sovrapponibilità” dei dati di partenza di cui sopra, evincibil dalla comparazione dei due cumuli (totale della pena principale, entità del presofferto, riduzione di 3 anni per l’indulto e deduzione di un ulteriore anno e mezzo per la continuazione), sulla spiegazione del diverso residuo di pena indicato nei due provvedimenti (dovuto alle differenti modalità di calcolo della decurtazione di giorni per liberazione anticipata, prima o dopo aver determinato la pena ancora da scontare), e, infine, sulla ricostruzione dell’errore aritmetico rilevabile dal provvedimento di cumulo emesso dalla Procura della Repubblica di Asti il 1° giugno 2022. .
Del tutto inconferente, rispetto al thema decidendum, la doglianza sulla revoca dell’indulto, che, semmai, avrebbe potuto dar luogo a un’autonoma impugnazione.
Da quanto esposto discende il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna del proponente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2025
Il Presideote
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