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Elezione domicilio appello: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 34702/2024, ha rigettato il ricorso di un imputato il cui appello era stato dichiarato inammissibile per mancata allegazione della dichiarazione o elezione di domicilio. La Corte ha chiarito che, ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. introdotto dalla Riforma Cartabia, è necessaria una nuova e specifica manifestazione di volontà successiva alla sentenza di primo grado. Non sono validi né il semplice richiamo a una precedente elezione di domicilio fatto dal difensore, né l’indicazione della propria residenza all’estero nell’atto di nomina del legale, poiché per i residenti all’estero è richiesta l’elezione di domicilio in Italia.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Elezione domicilio appello: la Cassazione chiarisce i requisiti

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 34702 del 2024, offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dell’appello penale, in particolare riguardo all’obbligo di elezione di domicilio. A seguito della Riforma Cartabia, la normativa ha introdotto adempimenti più stringenti per garantire la celerità e l’efficienza del processo. Questa pronuncia ribadisce la necessità di un atto formale e specifico, pena la dichiarazione di inammissibilità del gravame.

I fatti del caso

Un imputato, condannato in primo grado dal Tribunale di Rimini, proponeva appello tramite il suo difensore di fiducia. La Corte d’Appello di Bologna, tuttavia, dichiarava l’impugnazione inammissibile. La ragione? La mancata allegazione, all’atto di appello, della dichiarazione o elezione di domicilio, come prescritto dall’articolo 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale.

L’imputato decideva quindi di ricorrere per cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato. La difesa argomentava che una valida dichiarazione di domicilio fosse contenuta nell’atto di nomina del difensore, allegato all’impugnazione. In tale documento, l’imputato dichiarava di essere “residente in Alresford (Regno Unito)”. Secondo la tesi difensiva, questa indicazione non solo costituiva una valida dichiarazione di volontà, ma implicava anche la revoca della precedente elezione di domicilio effettuata presso lo studio legale durante la fase delle indagini.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello e ritenendo l’appello originario inammissibile. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per delineare con precisione l’interpretazione e la portata della nuova normativa introdotta dalla Riforma Cartabia, sottolineando la natura tassativa e non derogabile degli adempimenti richiesti.

Le motivazioni della Corte sulla corretta elezione di domicilio

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su diversi punti cardine, che chiariscono la ratio della norma.

In primo luogo, la dichiarazione o elezione di domicilio richiesta per l’appello deve essere un atto nuovo, specifico e successivo alla sentenza impugnata. Non è possibile fare affidamento su dichiarazioni o elezioni effettuate nelle fasi precedenti del procedimento (come quella durante le indagini preliminari). La ratio è quella di assicurare che, per il giudizio di impugnazione, esista una volontà attuale e consapevole dell’imputato di ricevere le notifiche in un determinato luogo, al fine di garantire la celerità del processo.

In secondo luogo, la semplice indicazione della propria residenza, anche se contenuta in un atto formale come la nomina del difensore, non equivale a una valida dichiarazione di domicilio ai fini processuali. La legge richiede una manifestazione di volontà chiara e consapevole, finalizzata a scegliere uno dei luoghi indicati dall’art. 157 c.p.p. per le notificazioni. Una mera informazione anagrafica non possiede tale requisito.

Inoltre, la Corte ha specificato che, per un imputato residente all’estero, la normativa (art. 169 c.p.p.) prevede un invito a dichiarare o eleggere domicilio in Italia. Di conseguenza, la dichiarazione di una residenza all’estero non è valida per adempiere a tale obbligo, poiché non è possibile effettuare l’elezione di domicilio fuori dal territorio nazionale.

Infine, è stato ribadito che l’elezione di domicilio è un atto personale dell’imputato. Non può essere sostituito da una dichiarazione del difensore, neanche se inserita nell’epigrafe dell’atto di appello. Il mero richiamo a una precedente elezione, operato dal legale, è privo di effetti giuridici perché non rappresenta un’espressione di volontà diretta e personale della parte assistita.

Conclusioni e implicazioni pratiche

La sentenza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso sull’applicazione dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. Per gli operatori del diritto, emerge la necessità di prestare la massima attenzione a questo adempimento formale al momento della proposizione dell’appello. È indispensabile che l’imputato, dopo la sentenza di primo grado, rediga e sottoscriva una nuova e specifica dichiarazione o elezione di domicilio, da allegare contestualmente all’atto di impugnazione. Qualsiasi scorciatoia, come il richiamo a vecchi atti o la semplice indicazione della residenza, espone l’impugnazione a un concreto e insanabile rischio di inammissibilità, con la conseguenza di precludere l’accesso al secondo grado di giudizio.

Una dichiarazione o elezione di domicilio effettuata nel primo grado di giudizio è valida anche per l’appello?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che, ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione, le dichiarazioni o elezioni di domicilio effettuate nel grado precedente non sono valide. È necessario un nuovo atto, successivo alla pronuncia della sentenza impugnata.

L’indicazione della propria residenza all’estero nell’atto di nomina del difensore costituisce una valida dichiarazione di domicilio?
No. La semplice indicazione della residenza non è sufficiente, poiché manca una chiara manifestazione di volontà finalizzata alla ricezione delle notifiche. Inoltre, per l’imputato residente all’estero, la legge prevede l’invito a dichiarare o eleggere domicilio in Italia, rendendo invalida la dichiarazione di un domicilio estero.

Il difensore può richiamare nell’atto di appello una precedente elezione di domicilio fatta dal suo assistito?
No. Il mero richiamo da parte del difensore a una precedente elezione di domicilio non è sufficiente. La Corte ha ribadito che l’elezione di domicilio è un atto personale dell’imputato, espressione della sua volontà, e non può essere surrogata da una dichiarazione del legale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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