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Elezione domicilio appello: annullata inammissibilità

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di inammissibilità emessa da una Corte di Appello. Quest’ultima aveva erroneamente ritenuto mancante la necessaria elezione di domicilio nell’atto di appello penale, un requisito formale per l’imputato assente in primo grado. La Suprema Corte, esaminando gli atti, ha invece constatato la presenza di una chiara ed esplicita elezione di domicilio sia nella procura speciale che nel corpo dell’atto di appello, ripristinando così il diritto dell’imputato a un giudizio di secondo grado.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Elezione di Domicilio nell’Appello Penale: la Cassazione Annulla un’Inammissibilità per Errore di Fatto

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 3762/2024) ha riaffermato un principio fondamentale in materia di ammissibilità degli atti processuali, sottolineando l’importanza di un’attenta verifica documentale da parte dei giudici. Il caso in esame riguarda l’elezione di domicilio nell’appello, un requisito formale cruciale la cui presunta mancanza aveva portato a una declaratoria di inammissibilità, poi annullata dalla Suprema Corte.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale ha origine da una sentenza di primo grado emessa dal Tribunale, in un giudizio svoltosi in assenza dell’imputata. Il difensore della stessa proponeva appello avverso tale decisione. Tuttavia, la Corte di Appello territoriale, con un’ordinanza, dichiarava l’impugnazione inammissibile. La ragione addotta era la presunta violazione dell’art. 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale, che impone all’imputato, giudicato in assenza nel primo grado, di effettuare una dichiarazione o un’elezione di domicilio nell’atto di appello, a pena di inammissibilità.

Secondo la Corte territoriale, il mandato ad impugnare presentato dal difensore era sprovvisto di tale elezione di domicilio. Di conseguenza, l’appello non poteva essere esaminato nel merito.

Contro questa ordinanza, il difensore ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un palese errore di fatto. Sosteneva, infatti, che la dichiarazione ed elezione di domicilio fosse chiaramente presente e indicata in più punti dell’atto di appello e dei suoi allegati, come la procura speciale.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’Elezione di Domicilio nell’Appello

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Ha proceduto all’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, disponendo la trasmissione degli atti alla Corte di Appello per la prosecuzione del giudizio.

Gli Ermellini, avendo la possibilità di accedere direttamente agli atti processuali dato il tipo di vizio denunciato (errore di fatto), hanno potuto verificare direttamente la fondatezza delle doglianze del ricorrente. L’esame del fascicolo ha fatto emergere una realtà documentale opposta a quella rappresentata nell’ordinanza della Corte di Appello.

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione è netta e si basa su una constatazione fattuale inoppugnabile. Dalla consultazione degli atti è emersa la presenza di una “esplicita elezione di domicilio presso il difensore”. Questa dichiarazione non era affatto assente, ma si trovava:

1. Nel corpo dell’atto di appello: il documento, in formato digitale e sottoscritto dal difensore, conteneva l’elezione di domicilio.
2. Nella procura speciale allegata: anche questo documento, fondamentale per conferire il mandato al legale, riportava una chiara indicazione dell’elezione di domicilio, sottoscritta sia dall’imputata che dal difensore stesso.

La Corte ha criticato l’ordinanza della Corte di Appello, definendola “del tutto stereotipata” e “sostanzialmente priva di giustificazione e motivazione”. L’errore del giudice di secondo grado è stato quello di non considerare adeguatamente la documentazione presente nel fascicolo, in particolare la procura speciale allegata. La Cassazione ha specificato che la validità di tale dichiarazione non poteva essere messa in discussione nemmeno dal fatto che fosse stata in parte redatta a mano, essendo comunque chiaramente riferibile e sottoscritta dall’imputata.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce che i requisiti di ammissibilità, pur essendo essenziali per il corretto svolgimento del processo, devono essere verificati con scrupolo e sulla base di un’effettiva analisi degli atti. Un errore materiale nella lettura dei documenti, come quello occorso in questo caso, non può tradursi in una compressione del diritto di difesa e del diritto all’impugnazione. La decisione della Corte di Appello, basata su un presupposto fattuale inesistente, è stata giustamente annullata. La pronuncia serve da monito sull’importanza di un esame attento e non superficiale degli atti processuali, la cui corretta valutazione è il primo passo per garantire un giusto processo.

Perché la Corte di Appello aveva dichiarato l’appello inammissibile?
La Corte di Appello aveva dichiarato l’appello inammissibile perché riteneva, erroneamente, che l’atto di impugnazione fosse privo della dichiarazione o elezione di domicilio da parte dell’imputata, un requisito richiesto a pena di inammissibilità dall’art. 581, comma 1-quater, c.p.p. per chi è stato giudicato in assenza.

Dove si trovava in realtà l’elezione di domicilio?
L’elezione di domicilio era esplicitamente presente sia nel corpo dell’atto di appello, sottoscritto digitalmente dal difensore, sia nella procura speciale allegata all’atto, la quale era stata firmata sia dall’imputata che dal suo legale.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione?
La Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio l’ordinanza di inammissibilità e ha ordinato la trasmissione degli atti alla Corte di Appello di Bologna affinché proceda con l’esame nel merito dell’appello, riconoscendo che i requisiti formali per la sua ammissibilità erano stati pienamente rispettati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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