Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 4911 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 4911 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato in Bangladesh, il 03/01/1984, avverso l’ordinanza del 30/05/2024 della Corte di appello di Bologna; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza impugnata, la Corte di appello di Bologna ha dichiarato inammissibile per il mancato deposito della dichiarazione o della elezione di domicilio l’appello di NOME COGNOME contro la sentenza n. 330 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Bologna emessa il 15 febbraio 2024.
Nel ricorso presentato dal difensore di COGNOME si chiede l’annullamento della ordinanza.
2.1. Con il primo motivo di ricorso, si adduce violazione di legge nell’escludere che la elezione di domicilio effettuata in occasione dell’arresto di Khan ex art. 161 cod. proc pen., nella vigenza della sua ultima modifica, sia valida anche ai fini della notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello. Si evidenzia che
l’atto di citazione di cui all’art. 601 cod. proc pen. è espressamente annoverato nell’elenco di atti di cui all’art. 161, comma 1, cod. proc. pen. Si esclude che l’art. 581, comma 1-ter, cod. proc pen. richieda che l’elezione o dichiarazione di domicilio debba avvenire in data successiva alla emissione della sentenza impugnata, poiché questo è espressamente previsto soltanto con riferimento all’imputato dichiarato assente nel primo grado di giudizio, per assicurare che l’impugnazione sia espressione del personale interesse dell’imputato. Si osserva che, diversamente argomentando, l’art. 161, comma 1, cod. proc pen. e l’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. risulterebbero fra loro scoordinati con l’effetto di richiedere un ridondante ulteriore adempimento da parte dell’imputato, mentre risulta ragionevole ritenere che l’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. riguardi soltanto gli appellanti che non abbiano precedentemente effettuato una elezione dichiarazione di domicilio o che intendano modificare tale dichiarazione.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si adduce violazione dell’art. 581, comma 1-ter cod. proc pen., osservando che agli atti era presente un’unica elezione di domicilio, insuscettibile di produrre equivoci circa una corretta notifica del decreto di citazione nel giudizio di appelICI, sicché l’interpretazione adottata dalla Corte di appello risulta formalistica e orientata da una finalità meramente deflattiva.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso viene proposta, nell’eventualità di una reiezione dei primi due motivi, questione di costituzionalità dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc pen. per violazione degli artt. 3, 24, 117- quale norma interposta rispetto all’art 6 CEDU e all’art. 14, comma quinto, del Patto internazionale dei diritti civili e politici – perché rende più difficoltoso l’acceso al secondo grado di giudizio.
Dall’udienza del 23 ottobre la trattazione è stata rinviata alla odierna udienza in attesa della decisione delle Sezioni unite sul tema che è oggetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con decisione del 24 ottobre del 2024, nel proc. n. 6578 del 2024, le Sezioni unite di questa Corte hanno affermato che l’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. deve essere interpretato nel senso che è sufficiente che l’impugnazione contenga il richiamo espresso e specifico a una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione.
Posto il principio sopra espresso, si rileva che al ricorso in esame è allegato il verbale del 23 marzo 2023 dell’interrogatorio richiesto dt t .Khan (imputato di procedimento connesso richiesto), sottoposto a misura cautelare, per verificare la possibilità di vedersi riconoscere l’attenuante della collaborazione.
Dal verbale risulta che, nell’occasione, egli dichiarò il suo domicilio, al quale, pertanto, ex art. 161, comma 1, cod. proc. pen. avrebbe dovuto essere notificato il decreto di citazione in appello.
Ne deriva la nullità della ordinanza impugnata.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Bologna per il giudizio.
Cosi deciso il 04/12/2024