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Elezione di domicilio: requisito per misure alternative

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato la cui istanza per ottenere misure alternative alla detenzione era stata respinta per la mancata elezione di domicilio. La Corte ha sottolineato che l’elezione di domicilio, prevista dall’art. 677, comma 2-bis c.p.p., è un requisito formale tassativo e non derogabile, la cui assenza comporta l’immediata inammissibilità della richiesta, anche se presentata dal difensore.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Elezione di Domicilio: L’Obbligo Formale che Blocca le Misure Alternative

Nel complesso panorama della procedura penale, spesso sono i dettagli formali a determinare l’esito di un’istanza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato l’importanza cruciale di un adempimento specifico: la dichiarazione o elezione di domicilio. Questo requisito, sebbene possa sembrare una mera formalità, si rivela un presupposto indispensabile per l’ammissibilità delle richieste di misure alternative alla detenzione per i condannati non detenuti. Analizziamo come la sua omissione possa precludere l’accesso a benefici penitenziari.

I Fatti del Caso: Istanza Rigettata per un Vizio di Forma

Un condannato, non detenuto, presentava tramite il proprio difensore un’istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere una misura alternativa alla detenzione, come l’affidamento in prova al servizio sociale o la detenzione domiciliare. Il Presidente del Tribunale di Sorveglianza, tuttavia, dichiarava l’istanza inammissibile de plano, ovvero senza nemmeno procedere all’udienza. Il motivo? La mancata allegazione della dichiarazione o elezione di domicilio da parte dell’istante, un requisito previsto dall’articolo 677, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Il difensore proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che la dichiarazione di domicilio fosse di fatto presente nell’istanza, sebbene non sottoscritta personalmente dal condannato, e che non fossero necessarie formule sacramentali per adempiere a tale onere.

La Decisione della Corte: l’Importanza dell’Elezione di Domicilio

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo a sua volta inammissibile. I giudici hanno confermato la correttezza della decisione del Tribunale di Sorveglianza, ribadendo la natura tassativa e inderogabile dell’obbligo di allegare la dichiarazione di domicilio.

Secondo la Corte, la norma è chiara e non lascia spazio a interpretazioni estensive o a modalità di adempimento diverse da quelle prescritte. Si tratta di un onere che grava specificamente sul condannato, anche quando l’istanza è presentata dal suo avvocato. L’omissione di questo requisito formale è sanzionata esplicitamente con l’inammissibilità.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La motivazione della Suprema Corte si fonda su una lettura rigorosa dell’art. 677, comma 2-bis, del codice di procedura penale. La norma, introdotta per garantire la reperibilità del condannato libero e la corretta instaurazione del procedimento di sorveglianza, prescrive testualmente che l’istanza debba essere corredata dalla dichiarazione o elezione di domicilio.

I giudici hanno evidenziato che questo adempimento ha i connotati della tassatività. Ciò significa che la legge non ammette forme equivalenti o sostitutive per soddisfare il requisito. Non è sufficiente che il domicilio sia desumibile da altri atti; è necessaria una dichiarazione formale. La Corte ha inoltre precisato che si tratta di un obbligo personale del condannato, che non può essere assolto implicitamente dal difensore.

Infine, richiamando una consolidata giurisprudenza, inclusa una pronuncia delle Sezioni Unite, la Corte ha confermato la legittimità della procedura di declaratoria di inammissibilità de plano, senza fissazione di udienza, quando emerge in modo palese la mancanza di un presupposto processuale così fondamentale.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito per i professionisti legali e per i loro assistiti. La richiesta di accesso a misure alternative alla detenzione deve essere preparata con la massima cura, prestando attenzione a ogni singolo requisito formale. L’elezione di domicilio non è un cavillo burocratico, ma una condizione di ammissibilità essenziale posta a presidio della funzionalità del procedimento di sorveglianza. La sua omissione comporta conseguenze drastiche, precludendo al giudice la possibilità di valutare nel merito la richiesta del condannato e ritardando l’accesso a benefici che potrebbero essere cruciali per il percorso di reinserimento sociale.

È obbligatorio per un condannato non detenuto allegare la dichiarazione di elezione di domicilio all’istanza per una misura alternativa?
Sì, l’ordinanza stabilisce che l’art. 677, comma 2-bis, cod. proc. pen. lo prescrive testualmente come un adempimento obbligatorio, tassativo e sanzionato con l’inammissibilità.

Cosa succede se l’istanza per una misura alternativa viene presentata senza la dichiarazione di elezione di domicilio?
L’istanza viene dichiarata inammissibile. Questa sanzione processuale impedisce al giudice di valutare la richiesta nel merito, bloccando di fatto il procedimento.

La dichiarazione di domicilio può essere fatta in modo informale o essere implicita nell’atto presentato dal difensore?
No, la Corte ha chiarito che si tratta di un adempimento che non ammette equipollenti o modalità difformi da quelle previste dalla norma. È un obbligo che incombe specificamente sul condannato e richiede una dichiarazione esplicita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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