Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 38529 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 38529 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a Sant’Elpidio a Mare il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/03/2025 della Corte di appello di Ancona visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 7 marzo 2025 (depositata in data 11 marzo 2025) la Corte di appello di Ancona ha dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., il gravame proposto da COGNOME NOME – avverso la sentenza del 7 dicembre 2023 pronunciata dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Fermo, con la quale il medesimo è stato condanNOME nelle forme del rito abbreviato in relazione al reato di cui all’art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000 alla p ivi indicata – rilevando che all’atto di appello non risultava allegata la dichiarazion o l’elezione di domicilio e che esso non conteneva richiami espressi e specifici ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio effettuata dall’imputato nei confronti del quale, in quanto presente durante il giudizio di primo grado, non si è proceduto in absentia.
2 Propone ricorso il difensore dell’imputato, affidandosi ad un unico composito motivo con il quale deduce erronea applicazione della legge penale in
relazione agli artt. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., 2 cod. pen., 24 Cost., 6 e 7 CEDU; inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità in relazione al riformulato art. 349 cod. proc. pen.; eccezione di illegittimità costituzional dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen.
2.1 II difensore premette che non si è proceduto in absentia ed osserva che erroneamente la Corte di appello ha ritenuto di aderire alla tesi intermedia tra i due contrastanti orientamenti della Corte Suprema, accolta dalle Sezioni Unite sulla base dell’informazione provvisoria diffusa (alla data della decisione la motivazione non era stata ancora depositata), ossia quella secondo la quale con l’atto di appello occorre almeno richiamare una precedente elezione di domicilio, che, si afferma, nel caso in esame non vi è stata, non risultando agli atti nessuna elezione di domicilio.
Ci si duole che con la c.d. Riforma Cartabia sia stato introdotto un onere formale che ostacola l’attività difensiva, con violazione degli artt. 24 Cost. 6 e 7 CEDU.
Si afferma che pur in assenza di una espressa abrogazione retroattiva (posto che la disposizione è stata abrogata dalla legge n. 114 del 2024, per cui essa non trova più applicazione per gli appelli proposto dopo il 24 agosto 2024, tra i quali non rientra l’appello in esame, che risulta essere stato proposto prima di tale data) sarebbe necessario richiamare le deroghe di cui all’art. 11 preleggi e l’art. 2 cod. pen. e, più in generale, la ratio della retroattività delle norme penali di favore.
Infine, si sottolinea che visionando il fascicolo del Tribunale, nonché il fascicolo del pubblico ministero, non risulta alcuna elezione di domicilio pregressa alla proposizione dell’appello, al quale non veniva comunque allegata (e né tanto meno richiamata, considerata la sua inesistenza) alcuna elezione di domicilio, nonostante la Riforma Cartabia abbia introdotto un preciso obbligo per la polizia giudiziaria di fare eleggere domicilio.
Alla luce di queste considerazioni si chiede l’annullamento dell’ordinanza.
Con requisitoria scritta il Sostituto Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso evidenziando che nella dichiarata inesistenza agli atti di una precedente elezione di domicilio, necessariamente la stessa doveva essere depositata unitamente all’atto di impugnazione, onere, questo, cui la parte non ha ottemperato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.
Nessuna censura può essere mossa all’impugNOME provvedimento che ha correttamente applicato i principi di diritto espressi dalle Sezioni Unite del 24
ottobre 2024, di cui era stata diffusa l’informazione provvisoria e la cui motivazione, depositata l’08 aprile 2024, non era ancora nota al momento della redazione della decisione.
1.1 Come noto Sez. U, n. 13808 del 24/10/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287855 – 01 e 287855 – 02 ha espresso i seguenti principi così massimati:
«La disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024, continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024» (Sez. U, n. 13808 del 24/10/2024, dep. 2025, De, Rv. 287855 – 01)
«In tema di impugnazioni, l’onere del deposito dell’elezione o della dichiarazione di domicilio, previsto, a pena di inammissibilità dell’atto d’impugnazione, dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., può essere assolto anche con il richiamo espresso e specifico, in esso contenuto, a una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca indicazione del luogo in cui eseguire la notificazione» (Sez. U, n. 13808 del 24/10/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287855 – 02).
1.2. E’ dunque certo che, in applicazione dei principi espressi da Sez. U, COGNOME, continua ad applicarsi, al caso di specie, il disposto dell’art. 581, comma Iter, cod. proc. pen. (abrogato dall’art. 2, comma 1, lett. o, legge 9 agosto 2024, n. 114) posto che l’impugnazione è successiva alla entrata in vigore della menzionata disposizione (31 dicembre 2022) ed antecedente al 25 agosto 2024, data, questa, in cui è entrata in vigore la legge c.d. Nordio e, con essa, l’abrogazione della disposizione che disciplinava la forma dell’impugnazione e che risultava così formulata: «Con l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.»
Ne deriva che l’appello proposto dal ricorrente sottostà al disposto di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., previgente, a norma del quale, secondo il diritto vivente, è sufficiente che l’impugnazione contenga (anche solo) il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale.
2.6 Per quel che rileva in questa sede le Sezioni Unite hanno infatti ritenuto, in motivazione, che «[Un assenza, dunque, di una espressa previsione in ordine alla necessità di una “nuova” dichiarazione o elezione di domicilio, come invece previsto per l’imputato giudicato in assenza, il ricordato fine perseguito dal legislatore attraverso l’introduzione della previsione di cui all’art. 581, comma Iter, cod. proc. pen., può essere validamente raggiunto anche attraverso una precedente dichiarazione o elezione di domicilio, come previsto espressamente
dall’art. 157- ter, primo comma, e dall’art. 164 cod. proc. pen., purché essa sia idonea e chiaramente indicata.
La mancanza di una espressa previsione in ordine alla necessità del rilascio di una “nuova” dichiarazione o elezione di domicilio, nel senso anzidetto, non consente, dunque, di estendere un onere analogo a quello imposto a carico dell’imputato giudicato in assenza all’imputato che sia stato presente nel precedente grado di giudizio, anche in considerazione delle conseguenze che discendono dalla previsione di un tale onere, ossia l’inammissibilità dell’impugnazione in caso di mancato assolvimento dello stesso.
Diversamente si introdurrebbe per via interpretativa un onere sanzioNOME a pena di inammissibilità della impugnazione benché non espressamente previsto, in contrasto con il pacifico principio di diritto processuale secondo cui le disposizioni che contemplano oneri sanzionati a pena di inammissibilità della domanda o dell’impugnazione sono di stretta interpretazione, incidendo le stesse sul diritto di difesa dell’imputato, che non può essere assoggettato a oneri sanzionati con l’inammissibilità della domanda o della impugnazione se ciò non sia espressamente stabilito.
Può, conclusivamente, affermarsi che in base all’art. 581, comma 1 – ter, cod. proc. pen., la dichiarazione o l’elezione di domicilio, da depositare a pena di inammissibilità unitamente all’atto di appello, non deve essere necessariamente successiva alla pronuncia della sentenza impugnata, essendo sufficiente per il raggiungimento del fine perseguito dal legislatore anche una precedente dichiarazione o elezione di domicilio.»
1.3 Alla luce degli esposti principi di diritto e richiamando quanto affermato dalle Sezioni Unite, assolutamente generiche appaiono le doglianze difensive mosse nel proposto ricorso, non ravvisandosi “alcuna attività che ostacola l’attività difensiva” nella produzione di una elezione di domicilio o nel richiamo ad essa, laddove presente in atti, in ossequio ad una norma che, nel suo periodo di vigenza, richiedeva l’allegazione (o il richiamo) di una elezione di domicilio se già presente in atti o la produzione di una nuova elezione di domicilio, ove non presente, in uno all’atto di appello; né si può sostenere, come sembra fare il difensore, che se trovano applicazione le disposizioni della Riforma Cartabia, allora si dovrebbe anche imporre alla polizia giudiziaria di far sempre eleggere domicilio, sol perché la parte, nel caso di specie, non ha mai provveduto né prima, né all’atto della proposizione del gravame, ad eleggere domicilio.
1.5 Nessuna censura può essere dunque mossa sul punto alla Corte di appello che, nel dichiarare inammissibile il proposto gravame, ha evidenziato che non era stata prodotta e che comunque non risultava alcuna elezione di domicilio
(circostanza, questa, ammessa anche dalla parte), in violazione della disposizione di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., applicabile al caso in esame
2 Ne consegue, alla luce delle suesposte considerazioni, l’inammissibilità del ricorso.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere per il ricorrente del pagamento delle spese del procedimento nonché, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
Il collegio intende in tal modo esercitare la facoltà, introdotta dall’art. 1 comma 64, legge n. 103 del 2017, di aumentare, oltre il massimo edittale, la sanzione prevista all’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso, considerate le ragioni della inammissibilità stessa come sopraindicate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende
Così deciso il 30/09/2025.