Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2017 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2017 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME BARI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/07/2023 della Corte d’appello di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto annullarsi senza rinvio l’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Bologna, con l’ordinanza impugnata, ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello proposto nell’interesse di COGNOME NOME, avverso la sentenza di primo grado, per l’omesso deposito della dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato ai sensi dell’art. 581, comma 1 ter, cod. proc. pen.
Ha proposto ricorso la difesa dell’imputato deducendo, con unico motivo, violazione di norme processuali, in relazione all’art. 581, comma 1 ter cod. proc. pen., e vizio della motivazione; la Corte territoriale non aveva dato conto in alcun
modo dell’avvenuto deposito, unitamente all’atto di appello, dell’elezione di domicilio, pur carente della sottoscrizione dell’imputato e con apposta la sola sottoscrizione digitale del difensore, in luogo dell’elezione di domicilio correttamente sottoscritta e autenticata, non inviata per un errore tecnico di trasmissione telematica dell’atto; rileva il ricorrente che, nella concreta fattispecie, relativa al giudizio di primo grado svoltosi in presenza dell’imputato, con indicazione del luogo effettivo di residenza, l’onere processuale previsto a pena di inammissibilità era evidentemente superfluo, mentre la mera inosservanza tecnica che aveva comportato l’invio del documento non sottoscritto comprimeva irrimediabilmente il diritto dell’imputato al nuovo grado di giudizio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, perché manifestamente infondato.
1.1. Dalla stessa esposizione del ricorrente, risulta che l’atto di nomina del difensore di fiducia per il giudizio di appello allegato all’impugnazione, ove era contenuta l’elezione di domicilio presso il difensore, non era sottoscritto dalla parte (pag. 2 e 3 del ricorso).
La ricostruzione in fatto secondo cui solo per errore era stata allegata una copia della nomina priva della sottoscrizione dell’imputato, esistendo l’atto, completo della sottoscrizione della parte, formato prima della proposizione dell’appello, è affidata alle sole affermazioni del ricorrente senz’alcun supporto documentale che attesti l’esistenza di quell’atto (dal momento che la copia allegata al ricorso non contiene alcuna annotazione, proveniente da ufficio pubblico, che conferisca data certa all’atto stesso).
1.2. Del tutto infondata la tesi della superfluità dell’elezione di domicilio, richiesta dall’art. 581, comma 1 ter cod. proc. pen., in presenza di una valida ed efficace elezione di domicilio nel giudizio di primo grado; è stato già affermato (Sez. 5, n. 44630 del 10/10/2023, Fulli, n.nn.) che la disposizione in parola risulta perfettamente coordinata con il nuovo testo dell’art. 157 ter, comma 3, cod. proc. pen. (a tenore del quale in caso di impugnazione proposta dall’imputato o nel suo interesse, la notificazione dell’atto di citazione a giudizio nei suoi confronti è eseguita esclusivamente “presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell’articolo 581, commi 1 ter e 1 quater”) e dell’art. 164 cod. proc. pen. (che regola l’efficacia della dichiarazione o elezione di domicilio, prevedendone la validità “per le notificazioni dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, degli atti di citazione in giudizio ai sensi degli articoli 450, comma 2, 456, 552 e 601, nonché del decreto penale, salivo quanto previsto dall’articolo 156, comma 1”, diversamente dalla regola contenuta nella versione anteriore ove era dettata la validità di quegli atti
per l’intera durata del procedimento), rendendo palese la funzionalità dell’elezione o dichiarazione di domicilio rispetto alla corretta instaurazione delle diverse fasi del processo.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/11/2023