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Elezione di domicilio: quando l’appello è inammissibile

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17331/2024, ha rigettato il ricorso di due imputati il cui appello era stato dichiarato inammissibile per la mancata elezione di domicilio. La Suprema Corte ha confermato che la semplice indicazione della residenza nell’intestazione del mandato al difensore non costituisce una valida elezione di domicilio ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., poiché è necessaria una manifestazione di volontà consapevole e specifica, secondo le forme di legge.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Elezione di Domicilio: la Cassazione Conferma l’Inammissibilità dell’Appello

L’elezione di domicilio è un adempimento cruciale nel processo penale, la cui omissione può avere conseguenze drastiche, come l’inammissibilità dell’appello. Con la recente sentenza n. 17331 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito il rigore formale richiesto dalla legge, chiarendo che la semplice menzione della residenza non è sufficiente a soddisfare tale requisito.

I Fatti del Caso: Un Appello Respinto per un Vizio di Forma

Due imputati si erano visti dichiarare inammissibile il proprio appello dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria. La ragione? L’atto di impugnazione era privo della specifica dichiarazione o elezione di domicilio, come prescritto dall’articolo 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale.

Gli imputati, tramite il loro difensore, hanno proposto ricorso per Cassazione, sostenendo che la decisione della Corte territoriale fosse il frutto di un’interpretazione eccessivamente formalistica della norma. A loro avviso, l’indicazione del loro ‘attuale domicilio’ contenuta nell’intestazione del mandato conferito al legale avrebbe dovuto essere considerata sufficiente. Hanno quindi lamentato la violazione di legge, oltre che dei principi costituzionali e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

La Decisione della Cassazione e l’importanza dell’elezione di domicilio

La Suprema Corte ha rigettato i ricorsi, definendoli infondati e confermando la correttezza della decisione impugnata. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza: per una valida elezione di domicilio, non basta una generica indicazione della residenza o del domicilio in un atto processuale.

L’argomentazione della Suprema Corte

L’elezione di domicilio, spiegano i giudici, è un atto personale e a forma vincolata. Esso deve contenere una chiara e consapevole manifestazione di volontà dell’imputato di scegliere uno dei luoghi specificati dall’articolo 157 del codice di procedura penale come punto di riferimento per le notificazioni. Questa scelta deve essere compiuta con la piena consapevolezza degli effetti legali che ne derivano. La semplice dicitura ‘attualmente domiciliato a…’ nell’atto di nomina del difensore non esprime questa volontà specifica e consapevole.

Le Motivazioni: Perché la Semplice Indicazione del Domicilio non Basta

Le motivazioni della Corte si fondano sulla natura stessa dell’istituto. L’elezione di domicilio non è una mera formalità, ma un atto che garantisce la certezza delle comunicazioni processuali e il corretto esercizio del diritto di difesa. Per questo motivo, la legge richiede forme precise, indicate nell’articolo 162 del codice di procedura penale. L’indicazione della residenza è un dato di fatto, mentre l’elezione di domicilio è un atto di volontà giuridicamente rilevante.

La Corte ha sottolineato che confondere i due piani significherebbe vanificare lo scopo della norma, che è quello di assicurare che l’imputato sia effettivamente reperibile e informato degli sviluppi del procedimento che lo riguarda. L’interpretazione dei ricorrenti, se accolta, creerebbe incertezza e indebolirebbe le garanzie processuali. Pertanto, la declaratoria di inammissibilità dell’appello è stata ritenuta una corretta applicazione della legge, non un’ingiustificata sanzione formalistica.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa

La sentenza in esame rappresenta un importante monito per gli operatori del diritto. Sottolinea la necessità di prestare la massima attenzione agli adempimenti formali richiesti per la validità degli atti di impugnazione. L’omissione della dichiarazione o elezione di domicilio, secondo le modalità prescritte, comporta la conseguenza irrimediabile dell’inammissibilità dell’appello, precludendo ogni esame sul merito della questione. Per gli imputati e i loro difensori, è fondamentale assicurarsi che l’atto di appello contenga una dichiarazione espressa e inequivocabile, distinta da qualsiasi altra indicazione anagrafica, per garantire la piena tutela dei propri diritti.

È sufficiente indicare la propria residenza nell’atto di nomina del difensore per una valida elezione di domicilio ai fini dell’appello?
No, secondo la sentenza, la semplice indicazione della propria residenza o del domicilio nell’atto di nomina del difensore di fiducia non è sufficiente. La stessa non contiene la manifestazione di un consapevole atto di volontà volto ad effettuare la scelta richiesta dalla legge.

Cosa richiede la legge per una valida dichiarazione o elezione di domicilio?
La legge richiede una manifestazione di volontà dell’imputato in ordine alla scelta tra i luoghi indicati dall’art. 157 cod. proc. pen., compiuta con la consapevolezza degli effetti di tale scelta. Si tratta di un atto personale a forma vincolata, da compiersi secondo le forme indicate nell’art. 162 cod. proc. pen.

Qual è la conseguenza della mancanza della prescritta elezione di domicilio nell’atto di appello?
La mancanza della dichiarazione o elezione di domicilio, prescritta dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., comporta la declaratoria di inammissibilità dell’appello, impedendo così che il giudice possa esaminare il merito dell’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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