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Elezione di domicilio: quando è valida per l’appello?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22287/2024, ha stabilito un principio fondamentale in tema di ammissibilità dell’appello penale. Contrariamente a un orientamento più restrittivo, la Corte ha affermato che l’obbligo di allegare la dichiarazione o elezione di domicilio all’atto di impugnazione è soddisfatto anche se tale dichiarazione è stata resa prima della sentenza di primo grado. La decisione annulla un provvedimento di inammissibilità, sottolineando che la legge non richiede che l’elezione di domicilio sia successiva alla pronuncia impugnata, ma solo che venga depositata contestualmente all’appello per garantire la corretta notifica degli atti.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Elezione di Domicilio: Basta Quella Precedente per l’Appello Penale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha sciolto un importante nodo interpretativo in materia di appello penale, chiarendo i requisiti formali per l’elezione di domicilio. La decisione stabilisce che, ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione, è sufficiente allegare una dichiarazione di domicilio effettuata anche prima della sentenza di primo grado, purché valida. Questa pronuncia si pone in contrasto con un orientamento più rigido e offre una maggiore tutela al diritto di difesa.

I Fatti del Caso

Un imputato, condannato in primo grado dal Tribunale di Genova per resistenza a pubblico ufficiale, presentava appello. La Corte di appello di Genova, tuttavia, dichiarava l’impugnazione inammissibile. La ragione? La mancata allegazione, unitamente all’atto di appello, della dichiarazione o elezione di domicilio, come richiesto dall’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale. La difesa dell’imputato decideva quindi di ricorrere in Cassazione, sostenendo di aver rispettato la norma avendo allegato all’appello il verbale dell’udienza di convalida dell’arresto, nel quale l’imputato aveva eletto domicilio presso il suo difensore.

La Questione Giuridica: È Necessaria una Nuova Elezione di Domicilio?

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. La norma, introdotta dalla Riforma Cartabia, prevede che con l’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori sia depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio. Il dubbio sorto nella giurisprudenza era se tale dichiarazione dovesse essere necessariamente successiva alla sentenza impugnata o se fosse sufficiente una dichiarazione precedente, effettuata nel corso del primo grado.

Esistevano due orientamenti contrapposti:
1. L’orientamento restrittivo: Sosteneva che l’elezione di domicilio dovesse essere successiva alla sentenza, poiché le dichiarazioni precedenti perdevano efficacia con la fine del grado di giudizio, alla luce delle nuove norme sulle notificazioni.
2. L’orientamento estensivo: Riteneva sufficiente una dichiarazione anteriore, purché depositata con l’atto d’appello. La norma, infatti, non specifica il momento in cui la dichiarazione debba essere resa, ma solo quello del suo deposito.

Le Motivazioni della Cassazione: Prevale il Principio di Legalità

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha sposato il secondo e più garantista orientamento, ritenendolo l’unico corretto. La Corte ha osservato che l’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. non richiede espressamente che la dichiarazione sia successiva alla pronuncia della sentenza. Introdurre tale requisito in via interpretativa significherebbe aggiungere una condizione non prevista dalla legge, violando il principio del “giusto processo regolato dalla legge”, sancito dall’art. 111 della Costituzione.

I giudici hanno chiarito la diversa finalità delle norme relative all’imputato presente e a quello assente. Mentre per l’imputato assente (art. 581, comma 1-quater) è richiesto uno specifico mandato a impugnare post-sentenza per verificare la sua effettiva volontà di appellare, per l’imputato che ha partecipato al processo di primo grado, l’unico scopo della norma è agevolare la vocatio in iudicium per il secondo grado, ovvero garantire che la notifica della citazione a giudizio d’appello avvenga correttamente. Tale scopo è pienamente raggiunto depositando una valida elezione di domicilio, anche se effettuata in una fase precedente del procedimento.

Conclusioni

La sentenza annulla l’ordinanza di inammissibilità e rinvia gli atti alla Corte d’Appello di Genova per la celebrazione del giudizio. Il principio affermato è di grande importanza pratica: per l’imputato che ha partecipato al primo grado di giudizio, l’onere per l’ammissibilità dell’appello è rispettato se all’atto di impugnazione viene allegata la dichiarazione di domicilio, senza che sia necessario che questa sia stata resa dopo la sentenza. Questa interpretazione, fedele al dato letterale della norma e ai principi costituzionali, evita eccessivi formalismi che potrebbero pregiudicare il diritto fondamentale alla difesa e all’impugnazione.

Per presentare appello, la dichiarazione di domicilio deve essere fatta dopo la sentenza di primo grado?
No, secondo la sentenza in esame, non è necessario. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’obbligo di legge è soddisfatto depositando, unitamente all’atto di appello, una dichiarazione o elezione di domicilio valida, anche se questa è stata effettuata in una fase precedente del procedimento, come durante l’udienza di convalida dell’arresto.

Qual è la differenza tra i requisiti per l’appello dell’imputato presente e quello assente?
Per l’imputato che ha partecipato al giudizio di primo grado, è sufficiente allegare all’appello la dichiarazione o elezione di domicilio (art. 581, co. 1-ter c.p.p.). Per l’imputato giudicato in assenza, la legge richiede un requisito più stringente: uno specifico mandato a impugnare, rilasciato dopo la sentenza, che contenga anche l’elezione di domicilio. Questo serve a garantire che l’imputato sia a conoscenza della condanna e intenda effettivamente contestarla (art. 581, co. 1-quater c.p.p.).

Perché la Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello?
La Cassazione ha annullato la decisione perché la Corte d’Appello ha adottato un’interpretazione troppo restrittiva della norma, aggiungendo un requisito (la necessità che l’elezione di domicilio fosse successiva alla sentenza) non espressamente previsto dalla legge. Questo, secondo la Suprema Corte, costituisce una violazione del principio del “giusto processo regolato dalla legge” e un’indebita limitazione del diritto di difesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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