Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18767 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18767 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato in Serbia il 07/09/1990
avverso il decreto del 06/02/2025 del Tribunale di sorveglianza di Brescia visti gli atti, il decreto impugnato e il ricorso udita la relazione del Consigliere, NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME con la quale ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso .
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Brescia ha dichiarato inammissibile l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME di concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, a causa dell’irreperibilità del condannato, risultante dalla documentazione agli atti.
Avverso detto decreto ha proposto tempestivo ricorso per cassazione il condannato, per il tramite del difensore, denunciando, violazione di legge processuale e vizio di motivazione per travisamento dei fatti, in relazione agli artt. 687, 666, 127, comma 1 e 4, 677, comma 2bis, cod. proc. pen.
Il ricorrente deduce l’erroneità del decreto, in quanto il Tribunale ha travisato elementi fattuali decisivi, emergendo dal fascicolo l’elezione di domicilio del
Ramadani, effettuata il 5 maggio 2022, successivamente al decreto di irreperibilità del 5 febbraio 2022, per cui occorreva instaurare il procedimento di sorveglianza.
Alla ricezione della notifica dell’ordine di carcerazione e contestuale sospensione COGNOME ha nominato immediatamente un difensore di fiducia, con cui ha mantenuto contatti negli anni e risulta che il condannato ha svolto plurimi lavori dal 2006 al 2024 nel territorio italiano.
Il ricorrente allega, inoltre, l’ordinanza emessa in data 31 dicembre 2024 dal Tribunale di Brescia, notificata al Ministero dell’Interno e alla Questura di Brescia, che dichiara il diritto al rilascio del titolo di soggiorno per motivi familiari, accertando la convivenza effettiva del Ramadani con il nucleo familiare.
Il condannato, infatti, vive da anni presso l’abitazione familiare sita in Brescia, non potendo trasferire precedentemente la propria residenza essendo privo del permesso di soggiorno.
Si segnala, inoltre, che a ll’udienza del 12 dicembre 2024 Ramadani si era presentato dinanzi al Giudice rendendo interrogatorio libero e nell’ordinanza si riteneva assente la concreta pericolosità sociale del condannato.
Da tutto ciò, per la difesa, emergerebbe l’errore in cui è incorso il Tribunale dichiarando l’inammissibilità dell’istanza, trattandosi di soggetto reperibile, stabilmente radicato nel territorio e dimorante con i genitori a Brescia, come accertato dal giu dice civile nell’ordinanza del 31 dicembre 2024.
In ogni caso COGNOME ha eletto domicilio presso lo studio legale del difensore ai sensi dell’art. 677, comma 2 -bis , cod. proc. pen.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso, poiché ritiene le censure generiche e meramente rivalutative.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
L’art. 677, comma 2bis , cod. proc. pen. prescrive che l’istanza del condannato che non sia detenuto, irreperibile o latitante, deve contenere, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o l’elezione di domicilio, anche nell’ipotesi in cui l’istanza di ammissione alle misure alternative sia presentata dal difensore.
La tassatività del relativo adempimento, discendente dal chiaro dettato legislativo, è stata affermata dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 18775 del 17/12/2009, Rv. 246720, che ha precisato che il relativo obbligo non può essere assolto con modalità diverse da quelle previste, e sussiste anche
quando l’istanza sia presentata dal difensore (salva solo l’ipotesi, che qui non ricorre, del condannato latitante o irreperibile), il quale è tenuto, in tal caso, a corredare la domanda della prescritta dichiarazione o elezione di domicilio acquisita dal proprio assistito, potendo provvedervi direttamente soltanto qualora sia munito di una procura speciale ad hoc , con la conseguenza che l’adempimento di tale obbligo non ammette equipollenti e non può essere assolto mediante indicazioni recuperabili aliunde sulla residenza dell’interessato.
Nel caso di specie, dal testo dell’istanza presentata dal difensore, risulta che vi è stata elezione di domicilio del condannato, peraltro, intervenuta in epoca diversa dal momento in cui vi è stata la cancellazione della residenza per irreperibilità (luglio 2024).
La condivisibile giurisprudenza di questa Corte ha indicato (Sez. 1, n. 48337 del 13/11/2012, Sarr, Rv. 253977) che l’inammissibilità della richiesta del condannato di misure alternative alla detenzione è prevista soltanto per il caso in cui questi ometta la dichiarazione o l’elezione di domicilio.
Inoltre, si osserva, nel caso di specie, che secondo la documentazione allegata dalla difesa l’interessato aveva eletto domicilio nell’istanza originaria e non sono stati svolti accertamenti sulla sua reperibilità all’attualità .
3.1 Questa Corte ha avuto modo di affermare (Sez. 1 n. 15137 del 3/3/2011, Marku, Rv. 249738) che l’inammissibilità della domanda consegue alla omessa dichiarazione o elezione di domicilio, non anche alla mancanza di attualità di quella dichiarazione.
Ricorrendo tale ipotesi, secondo il condiviso arresto in esame, l’istanza proposta dal ricorrente non poteva essere ritenuta inammissibile de plano , avendo egli pur sempre provveduto ad eleggere domicilio e potendo trovare applicazione, nella fattispecie, la norma contenuta nell’ultimo alinea del citato art. 677 cod. proc. pen. che, al comma 2 bis, fa salva l’applicazione della normativa prevista dall’art. 161, comma 4 del codice di rito.
Peraltro, in tema di affidamento in prova al servizio sociale l’irreperibilità dell’istante viene ritenuta dalla giurisprudenza di legittimità motivo di merito per il rigetto della richiesta e non mera ipotesi di inammissibilità rilevabile de plano , ai sensi dell’art. 666 , comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 29344 del 13/06/2001, Rv. 219592 -01). Invero, ogni questione, di non immediata soluzione, relativa alle conseguenze dell’irreperibilità del condannato andava verificata nel contraddittorio. Peraltro, i documenti allegati al ricorso, dimostrano che il soggetto ben poteva essere reperito, sicché il provvedimento adottato ex art. 666, comma 2, cod. proc. pen. è stato emesso al di fuori dei casi previsti dalla legge.
Alla luce di quanto sin qui esposto, il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio, per nuovo giudizio, al Tribunale di sorveglianza di Brescia (vedi Sez. 1, n. 26334 del 11/04/2023, Rv. 284890 -01).
P.Q.M.
Annulla il decreto impugnato con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Brescia.
Così deciso, il 23 aprile 2025