Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 19457 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 19457 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/02/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME CARMINE RUSSO
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato in Palestina il 01/01/1977 avverso l’ordinanza del 14/08/2024 del Tribunale di Sorveglianza di Bologna esaminati gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso, udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale di sorveglianza di Bologna ha dichiarato inammissibile la richiesta, formulata da NOME COGNOME di affidamento in prova al servizio sociale.
A ragione della decisione ha posto la mancata elezione ovvero dichiarazione, da parte dell’istante, del domicilio, così come previsto dall’art. 677, comma 2-bis, cod. proc. pen.
Avverso l’indicata ordinanza Aachar, per il tramite del difensore qualificatosi di ufficio, avv. NOME COGNOME propone ricorso per cassazione e deduce un unico articolato con il quale lamenta la violazione dell’art. 677, comma 2-bis, cod. proc. pen. di legge in punto ritenuta applicazione della disposizione in parola al soggetto “senza fissa dimora”.
Si osserva che il condannato Ł soggetto “senza fissa dimora”, elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore di ufficio (ove sono state effettuate le notifiche del presente procedimento, ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen.), con il quale non ha avuto mai alcun contatto.
La situazione in cui versa il condannato, dunque, sarebbe equiparabile – come peraltro ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità sebbene nella differente materia della liquidazione dei compensi per il patrocinio a spese dello stato – a quella del soggetto “irreperibile di fatto” che, come l’irreperibile di diritto, Ł escluso dall’ambito applicativo dell’art. 677, comma 2-bis, cod. proc. pen., secondo l’interpretazione data dalla sentenza Sez. U COGNOME.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta depositata in data 7 febbraio 2025, ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso – che deduce censure infondate – dev’essere rigettato.
Risulta dagli atti – che il Collegio Ł autorizzato a consultare attesa la natura processuale del vizio denunciato (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092 – 01) – che si tratta di condannato libero, sicchØ correttamente il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto di applicare l’art. 677, comma 2-bis, cod. proc. pen. che impone l’elezione o la dichiarazione di domicilio per il condannato non detenuto.
NØ vale – come ha fatto il ricorrente – invocare il principio affermato da Sez. U, n. 18775 del
17/12/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv. 246720 – 01, secondo cui «La richiesta di misura alternativa alla detenzione, ai sensi dell’art. 656, comma sesto, cod. proc. pen., deve essere corredata, a pena di inammissibilità, anche se presentata dal difensore, dalla dichiarazione o dalla elezione di domicilio effettuata dal condannato non detenuto», che – come la stessa Corte ha chiarito in motivazione non trova applicazione per il condannato latitante o irreperibile.
Ciò in quanto, in primo luogo la tesi prospettata dal ricorrente, secondo cui si dovrebbe equiparare la situazione del soggetto senza fissa dimora a quella del soggetto irreperibile, non Ł condivisa dal Collegio.
La ratio della disposizione va, invero, individuata nell’esigenza di speditezza del procedimento davanti alla magistratura di sorveglianza, attraverso un domicilio certo presso il quale procedere alle notifiche, e di evitare, conseguentemente, la possibilità d’improprie sottrazioni del condannato alla corretta esecuzione, nelle forme e modalità di legge, delle sentenze di condanna a pena detentiva. La disposizione Ł tassativa, non ammette equipollenti e dev’essere fatta specificamente per il procedimento di sorveglianza. Si legge, invero, nella motivazione di Sez. U COGNOME, che «non può ancora diversamente rilevare – in via generale – la circostanza che il difensore intenzionato a presentare la richiesta di misura alternativa nell’interesse del suo assistito possa non avere rapporti con costui e non sia quindi in grado di farsi da lui rilasciare la dichiarazione o l’elezione di domicilio, trattandosi di situazione che appartiene alla patologia del rapporto difensivo: deve ritenersi, infatti, che il difensore, anche d’ufficio, sia sempre in grado di prendere contatti con il proprio assistito (Sez. I, 16 marzo 2004, n. 15425, COGNOME, non massimata sul punto) e che a tale generale valutazione faccia unica eccezione l’ipotesi in cui costui risulti in atti irreperibile o latitante. Solo alla presenza di siffatta ipotesi di presumibile impossibilità di contatti tra difesa e condannato può venir meno l’obbligo sancito dall’art. 677, comma 2-bis C.P.P., assumendo in tali limitati casi significatività e rilievo principi generali – insuscettibili di essere negletti – che, con altri, sono posti a base del sistema processual-penalistico e regolano il giusto processo: il diritto di difesa, il concreto e fattivo esercizio della difesa tecnica, l’estensione al difensore di diritti e facoltà dell’imputato, il carattere necessariamente esigibile di ogni obbligo normativamente imposto».
Le Sezioni Unite hanno, dunque, evidenziato che l’osservanza dell’obbligo per l’istante di corredare la richiesta di misure alternative alla detenzione con tutte le indicazioni di legge e quindi dell’onere per il difensore che eserciti la facoltà attribuitagli di non obliterare la disposizione di cui all’art. 677, comma 2-bis cod. proc. pen. (acquisendo la prescritta elezione o dichiarazione di domicilio dal suo assistito, ovvero a ciò direttamente adempiendo ove munito di procura speciale ad hoc), viene meno quando lo stato di irreperibilità o di latitanza – risultante in atti – del condannato renda tale obbligo inesigibile: e ciò perchØ il dichiarato stato di irreperibilità o di latitanza ingenera una presunzione di interruzione del “collegamento personale” che Ł all’origine del rapporto di patrocinio scaturito dal mandato difensivo e che Ł, altresì, il naturale portato del rapporto originato dalla nomina di ufficio. Con maggiore chiarezza, si legge che «A queste sole condizioni, pertanto, la altrimenti irrilevante difficultas operandi diventa una vera situazione d’inesigibilità, legittimando il difensore a proporre l’istanza di cui all’art. 656 pur in difetto dell’elezione o dichiarazione di domicilio, rimanendo peraltro impregiudicata la concreta concedibilità -da valutare caso per caso- di misure alternative in favore di chi si sia sottratto volontariamente ad un provvedimento coercitivo ovvero in favore di chi non abbia uno stabile collegamento con il territorio (Sez. I, 13 maggio 1996, n. 3256, COGNOME, RV. 205485; Sez. I, 24 giugno 1996, n. 4322, COGNOME, RV. 205695)».
Sotto altro, dirimente rilievo, nel caso che ci occupa osserva il Collegio lo status del condannato di soggetto privo di fissa dimora Ł stato soltanto dedotto, ma non documentato; ciò che priva di qualsiasi rilievo la censura del ricorrente.
4. Al rigetto del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 25/02/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME