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Elezione di domicilio: obbligo e Riforma Cartabia

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso in appello a causa della mancata elezione di domicilio contestuale all’atto di impugnazione, come previsto dalla Riforma Cartabia. La sentenza sottolinea che, ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter c.p.p., la dichiarazione di domicilio effettuata nel primo grado di giudizio non è più sufficiente, rendendo necessario un nuovo atto specifico per la fase di appello per garantire la conoscenza del procedimento da parte dell’imputato. La Corte ha ritenuto la norma una scelta non irragionevole del legislatore, respingendo le questioni di legittimità costituzionale.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Elezione di Domicilio: la Cassazione Conferma la Linea Dura della Riforma Cartabia

Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha ribadito l’importanza cruciale della corretta elezione di domicilio al momento della presentazione dell’appello, un adempimento reso tassativo dalla Riforma Cartabia. Il caso in esame offre uno spunto fondamentale per comprendere le nuove formalità procedurali e le severe conseguenze in caso di inosservanza, prima fra tutte l’inammissibilità dell’impugnazione.

I Fatti del Caso

Un imputato, condannato in primo grado dal Tribunale di Bologna, presentava appello tramite il proprio difensore di fiducia. Tuttavia, la Corte d’Appello dichiarava l’impugnazione inammissibile. La ragione? La mancata allegazione della dichiarazione o elezione di domicilio da parte dell’imputato, un requisito previsto a pena di inammissibilità dall’articolo 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale, applicabile alle sentenze depositate dopo il 31 dicembre 2022.

L’imputato ricorreva quindi in Cassazione, sostenendo che la procura speciale allegata all’appello era stata regolarmente sottoscritta e che, avendo partecipato al giudizio di primo grado, la precedente elezione di domicilio dovesse ritenersi valida per l’intero procedimento. Sollevava inoltre dubbi sulla legittimità costituzionale della nuova norma.

La Nuova Disciplina sull’Elezione di Domicilio

Il cuore della questione risiede nell’interpretazione delle novità introdotte dalla cosiddetta Riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022). Questa riforma ha modificato in modo sostanziale la disciplina delle notificazioni e, di conseguenza, il valore della dichiarazione ed elezione di domicilio.

Prima della riforma, l’elezione di domicilio effettuata all’inizio del procedimento era generalmente valida per ogni stato e grado. Oggi, la normativa è molto più stringente. La Corte di Cassazione, analizzando la lettura combinata degli articoli 161 e 164 del codice di procedura penale riformati, ha chiarito che l’efficacia della dichiarazione di domicilio è ora temporalmente limitata e strettamente connessa ai singoli atti di vocatio in iudicium (citazione in giudizio per una determinata fase).

Questo significa che la dichiarazione fatta per il primo grado cessa la sua efficacia una volta esaurita quella fase. Per avviare validamente il giudizio d’appello, è quindi indispensabile che l’imputato depositi, unitamente all’atto di impugnazione, una nuova e specifica dichiarazione o elezione di domicilio.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. In primo luogo, ha accertato che l’atto di nomina del difensore e di elezione di domicilio allegato all’appello era privo della sottoscrizione autografa dell’imputato, riportando solo il suo nome in caratteri di stampa, elemento insufficiente a garantire la provenienza certa della dichiarazione.

Ma l’aspetto centrale della motivazione riguarda l’interpretazione della nuova legge. I giudici hanno spiegato che la previsione dell’art. 581, comma 1-ter c.p.p. ha una finalità precisa: assicurare la consapevolezza e la scelta effettiva dell’imputato di avvalersi dell’impugnazione. La necessità di una dichiarazione ‘attuale’ e specifica per la fase d’appello serve a garantire che la notifica della citazione a giudizio raggiunga effettivamente l’interessato, rafforzandone il diritto di difesa. Una precedente elezione, anche se effettuata in presenza durante il primo grado, non soddisfa questo requisito di attualità.

Infine, la Corte ha respinto le censure di incostituzionalità, affermando che l’onere imposto all’imputato e al suo difensore rientra nella discrezionalità del legislatore e non è manifestamente irragionevole. L’obiettivo è quello di evitare impugnazioni non ponderate e garantire la personale partecipazione, anche solo informativa, dell’imputato alla fase processuale successiva.

Conclusioni

La sentenza analizzata consolida un principio fondamentale introdotto dalla Riforma Cartabia: l’onere di depositare una nuova dichiarazione o elezione di domicilio contestualmente all’atto di appello è un requisito di ammissibilità non derogabile. Non è più sufficiente fare affidamento su dichiarazioni rese in fasi precedenti del procedimento. Per avvocati e assistiti, ciò implica la massima attenzione a questo adempimento formale, la cui omissione comporta la conseguenza drastica dell’inammissibilità del gravame, precludendo ogni possibilità di riesame della sentenza di condanna nel merito.

Dopo la Riforma Cartabia, una elezione di domicilio fatta nel processo di primo grado è valida anche per l’appello?
No, la sentenza chiarisce che la Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022) ha limitato l’efficacia della dichiarazione di domicilio alla specifica fase processuale per cui è resa. Pertanto, per proporre appello è necessario depositare una nuova e specifica dichiarazione o elezione di domicilio.

Cosa succede se si presenta l’atto di appello senza allegare la dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato?
L’appello viene dichiarato inammissibile. L’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale prevede espressamente questo adempimento a pena di inammissibilità, e la giurisprudenza lo applica in modo rigoroso.

Il nuovo obbligo di eleggere domicilio per l’appello è stato considerato costituzionale?
Sì, la Corte di Cassazione, richiamando precedenti pronunce, ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale. Ha stabilito che l’onere rientra nella discrezionalità del legislatore ed è finalizzato a garantire la ponderazione personale dell’impugnazione da parte dell’imputato e la sua effettiva conoscenza del procedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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