Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 18605 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 18605 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/11/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME che ha concluso chiedendo
Il Proc. Gen. conclude per rinammissibilital del ricorso, riportandosi alla memoria depositata.
udito il difensore
E’ presente l’avvocato COGNOME NOME, del foro di ROMA, in difesa di COGNOME NOME. Il difensore illustra i motivi di ricorso e ne chiede raccoglimento.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Roma, con sentenza emessa in data 8 novembre 2023, ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello proposto dal difensore di NOME COGNOME avverso la sentenza di condanna emessa in data 1/3/2023 dal Tribunale di Roma in relazione al reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90. L’inammissibilità è stata pronunciata ai sensi dell’art.581, comma 1-ter, cod. proc. pen., in quanto l’impugnazione non era corredata dell’elezione di domicilio necessaria per potere procedere alla notifica dell’atto introduttivo del processo di appello, come prescritto per gli atti di impugnazione avverso sentenze pronunciate dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, evidenziandosi nel provvedimento che non rileva il fatto che l’elezione di domicilio sia stata effettuata, come da allegazione difensiva, all’atto della convalida dell’arresto dell’imputato, anteriormente alla proposizione dell’appello.
La difesa propone ricorso per cassazione, lamentando, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e) icod. proc. pen., erronea interpretazione della legge penale, inosservanza di norme processuali stabilite a pena d’inammissibilità; illogicità manifesta della motivazione.
Contesta l’interpretazione della norma sostenuta nel provvedimento impugnato, evidenziando che non è richiesto, ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter i cod. proc. pen., che l’elezione di domicilio sia successiva alla sentenza impugnata.
La lettura offerta non terrebbe conto del significato letterale, logico, sistematico e teleologico della norma, ponendo a carico dell’appellante un onere esclusivamente formale, in contrasto con l’art. 6 CEDU.
Dopo avere analizzato la genesi della norma, sostiene che i commi 1-ter ed 1-quater dell’art. 581 cod. rito, di nuova introduzione, siano stati diversamente concepiti per soddisfare esigenze non sovrapponibili: nel comma 1-ter non è previsto che l’elezione di domicilio sia successiva alla sentenza, diversamente da · quanto stabilito nel·comma 1-quater, il *quale esplicitamente richiede che siano prodotti uno specifico mandato ad impugnare e l’elezione di domicilio successivi alla sentenza.
Non sarebbe condivisibile l’interpretazione offerta in sentenza a sostegno della decisione: dagli articoli 164 e GLYPH 157-ter, comma 3, cod. proc. pen. non si /
evince che l’imputato debba produrre una elezione di domicilio successiva alla sentenza da impugnare.
Il fatto che dall’art. 164 cod. proc. pen. sia stato espunto il riferimento al validità per ogni stato e grado del giudizio dell’elezione di domicilio non autorizza l’interpretazione fornita dalla Corte di merito.
L’art. 157 ter, comma 3, cod. proc. pen., secondo la volontà del legislatore, impone che la notifica del decreto di citazione in appello, sia eseguita esclusivamente presso il domicilio indicato ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. al fine di ottenere la celerità processuale che la norma si propone di realizzare. Depositata l’elezione di domicilio con l’atto d’appello, notificazione all’imputato libero è validamente effettuata solo presso il domicilio ivi indicato. Un’interpretazione che voglia ritenere necessaria un’elezione di domicilio ulteriore, successiva alla sentenza di primo grado, si pone in evidente contrasto, oltre che con la ratio della norma, anche con l’art. 6, comma 1, CEDU. Indicazioni in tal senso si ricavano dalla recente pronuncia della Corte Edu riguardante il caso COGNOME c/ Francia, emessa in data 2/5/2023. Ivi si legge che eventuali limitazioni all’accesso alla giustizia devono corrispondere a tre parametri per risultare proporzionate: è necessario valutare se tali limitazioni siano o meno prevedibili per l’impugnante, se gli errori commessi durante il procedimento abbiano prodotto effetti sul diritto ad impugnare e, infine, se le restrizioni comportino un eccessivo formalismo.
Nel caso in esame, richiedere una nuova elezione di. domicilio all’imputato appellante, il quale era presente in primo grado, è criterio ispirato ad un eccessivo formalismo.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’unico motivo di ricorso risulta infondato; pertanto il ricorso deve essere rigettato.
La nuova disposizione dell’art.581, comma-1 ter, cod. proc. pen., come introdotta dal d. Igs. 10 ottobre 2022, n.150 riproduce quanto previsto dall’art. 1, comma 13, lett. a) della legge delega n. 134 del 27 settembre 2021 (“fermo restando il criterio di cui al comma 7, lettera h), dettato per il processo i assenza, prevedere che con l’atto di impugnazione, a pena di inammissibilità, sia
depositata dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione dell’att introduttivo del giudizio di impugnazione”).
Nella Relazione illustrativa al d.lgs. n.150/2022 si legge: 7..11 .1 comma 1 ter dell’art. 581 cod. proc. pen., in attuazione del criterio di cui all’art. 1, comma 1 lett. a) della legge delega, introduce un’ulteriore condizione di ammissibilità dell’impugnazione: con l’atto d’impugnazione deve essere presentata la dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto d citazione. [..f.
La nuova disposizione dell’art.581, comma 1-ter cod. proc. pen. si coordina: -con l’art. 157-ter comma terzo cod. proc. pen. (Notifiche degli atti introduttivi del giudizio all’imputato non detenuto) secondo cui: “In caso di impugnazione proposta dall’imputato o nel suo interesse, la notificazione dell’atto di citazione a giudizio nei suoi confronti è eseguita esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell’articolo 581, commi 1 ter e 1 quater; -con il novellato articolo 164 cod. proc. pen., la cui attuale rubrica è “Efficaci della dichiarazione e dell’elezione di domicilio”, il quale stabilisce che: “L determinazione del domicilio dichiarato o eletto è valida per le notificazioni dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, degli atti di citazione in giudiz ai sensi degli articoli 450, comma 2, 456, 552 e 601, nonché del decreto penale, salvo quanto previsto dall’articolo 156, comma 1.”.
Il d.lgs 150/2022 ha modificato la precedente disposizione nella rubrica e nel contenuto, sopprimendo le parole riguardanti . la validità del domicilio dichiarato o eletto per ogni stato e grado del procedimento.
La eliminazione di siffatta disposizione che riconosceva validità “illimitata” alla dichiarazione o all’elezione di domicilio già presente in atti, salvo l possibilità per l’interessato di comunicare eventuali variazioni o modifiche, consente di interpretare correttamente la norma in esame nel senso che il soggetto che intenda impugnare la sentenza di primo grado non possa avvalersi della dichiarazione o elezione di domicilio nel precedente grado effettuata, non essendo questa più valida in ogni stato e grado del processo.
Ne deriva, come sostenuto correttamente dalla Corte di appello nel provvedimento impugnato, che, con la presentazione dell’impugnazione l’adempimento richiesto non è soddisfatto con l’allegazione di una elezione di domicilio in Precedenza effettuatà, non avendo queta una durata illimitata secondo quanto stabilito dall’art.164 cod. proc. pen. nell’attuale formulazione.
E’ dunque è necessario che l’interessato fornisca nuovamente, anche nell’ipotesi in cui lo abbia già fatto in precedenza, la indicazione di un domicilio dichiarato o eletto (cfr., da ultimo, Sez. 5, Sentenza n. 3118 del 10/01/2024, NOME, Rv. 285805) .
Al riguardo giova richiamare le recenti pronunce di questa Corte (Sez. 5 n.46831 del 22 settembre 2023, COGNOME, non mass.; Sez. 4 n.43718 dell’11/10/2023, COGNOME NOME, Rv.285324), che, chiamate a pronunziarsi sulla sospetta incostituzionalità dell’art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen., ritenendo la questione manifestamente infondata, hanno ribadito quale sia la ratio legis che sostiene la disposizione in esame.
Nei casi da ultimo richiamati, i difensori avevano lamentato una possibile violazione dell’art. 3 Cost. per una denunciata disparità di trattamento, avendo il legislatore con la disposizione in esame richiesto non solo a chi mai abbia eletto domicilio, ma anche a chi abbia a tanto già provveduto nel corso del giudizio, una nuova elezione/dichiarazione di domicilio.
Dopo avere chiarito che “quanto agli adempimenti richiesti dal legislatore per l’accesso al giudizio” il legislatore gode di ampia discrezionalità ed il controll di costituzionalità deve limitarsi a riscontrare se sia stato o meno superato il limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle scelte compiute (Corte cost., sent. n. 212 del 2020, n. 71 del 2015, n. 17 del 2011, n. 229 del 2010, n. 50 del 2010, n. 221 del 2008 e n. 1130 del 1988; ordinanza n. 141 del 2001), questa Corte ha proceduto a verificare la ragionevolezza del “sacrificio” imposto dal legislatore, consistente nella richiesta di allegazione di una nuova dichiarazione o elezione di domicilio.
Si è pervenuti quindi alla condivisibile conclusione di escludere profili d’illegittimità costituzionale nella norma in parola, rispondendo la sua introduzione alla “esigenza generale, che ha ispirato la riforma del processo in absentia (ossia la certezza della conoscenza del processo a suo carico da parte dell’imputato)”, prevedendo a tal fine il legislatore “un onere collaborativo, riguardante sia il processo celebrato in assenza sia quello in cui l’imputato abbia avuto conoscenza del giudizio, onere finalizzato alla regolare celebrazione della fase del processo di secondo grado. E ciò ai fini di assicurarne la ragionevole durata ed impedire una eventuale dichiarazione di improcedibilità” (Sez. 4 n. 22140 del 03/05/2023, En Naji Kamal Rv. 284645).
3. Da quanto precede è indubbio che la ratio sottesa alla previsione di cui all’art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen. sia quella di valorizzare il profilo concernente l’attualità della dichiarazione di domicilio proveniente dall’imputato ai fini di una valida proposizione della impugnazione. In questo senso, come si è detto finora, depone il chiaro intervento del legislatore della novella sull’art. 164 cod. proc. pen., radicalmente mutato già nel titolo, nel quale è stato soppresso il riferimento alla validità per ogni stato e grado del procedimento della dichiarazione di domicilio.
Nel caso in esame, la dichiarazione di domicilio veicolata dalla difesa nel giudizio attraverso l’allegazione della copia del verbale di convalida dell’arresto, è sprovvista del requisito dell’attualità. L’elezione di domicilio, infatti, risal epoca anteriore all’impugnazione e l’atto di appello non contiene alcun riferimento proveniente dall’imputato nel quale si ribadisce la volontà di mantenere ferma l’elezione di domicilio effettuata all’epoca.
Il richiamo contenuto nel ricorso alla pronuncia della Corte Edu nel caso COGNOME c. Francia, (n. 74530/17) risulta con evidenza inconferente. La conclamata violazione dell’art. 6 CEDU individuata dalla Corte era riferita al mancato, doveroso approfondimento a cui avrebbe dovuto procedere il giudice francese per garantire un giudizio equo. Nel caso esaminato era stato dichiarato inammissibile l’appello per mancanza della necessaria procura speciale a firma dell’imputata, nonostante costei avesse rappresentato che il mandato fosse stato depositato regolarmente. Lo svilimento delle garanzie riconosciute dalla Convenzione era insito nella frettolosità con cui si era negato accesso alla giurisdizione al cospetto di indicazioni riguardanti il regolare adempimento proveniente dalla imputata.
Consegue al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In Roma, così deciso il 22 marzo 2024
Il Consigliere estensore
Il Pre7idente