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Elezione di domicilio: obbligo anche per le misure?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26510/2024, ha stabilito che l’obbligo di elezione di domicilio previsto dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., si applica anche ai ricorsi contro i decreti che dispongono misure di prevenzione. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’appellante non aveva depositato la necessaria dichiarazione. La Corte ha chiarito che l’esenzione vale solo per i detenuti in carcere, non per chi è sottoposto a sorveglianza speciale.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Elezione di Domicilio: Obbligatoria anche per i Ricorsi contro le Misure di Prevenzione?

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 26510 del 2024, ha affrontato una questione procedurale di grande rilevanza: l’obbligo di elezione di domicilio si estende anche ai ricorsi presentati contro i decreti in materia di misure di prevenzione? La risposta, netta e argomentata, è affermativa, e consolida un principio fondamentale per la validità delle impugnazioni in questo delicato settore.

I Fatti del Caso: L’Appello contro la Misura di Prevenzione

La vicenda trae origine dal ricorso di un soggetto contro un decreto della Corte di Appello di Palermo. Quest’ultima aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto avverso un provvedimento del Tribunale che applicava la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno. La ragione dell’inammissibilità era puramente formale: il ricorrente non aveva depositato, unitamente all’atto di appello, la dichiarazione o l’elezione di domicilio, come richiesto dall’articolo 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale. Contro tale decisione, il soggetto ha proposto ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso e l’Obbligo di Elezione di Domicilio

Il ricorrente basava la sua difesa su due argomenti principali:

1. Soggetti esentati: Sosteneva che l’obbligo di eleggere domicilio non si applicasse ai soggetti detenuti, agli arresti domiciliari o, come nel suo caso, sottoposti a sorveglianza speciale.
2. Natura del provvedimento: Argomentava che la norma sull’inammissibilità si riferisse esclusivamente alle impugnazioni contro le “sentenze”, mentre nel procedimento di prevenzione vengono emessi “decreti”, una forma di provvedimento differente.

La questione centrale, quindi, era stabilire se una norma pensata per il processo penale ordinario potesse essere estesa al procedimento di prevenzione, caratterizzato da regole e finalità proprie.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità Confermata

La Suprema Corte ha respinto entrambi i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile e confermando la decisione della Corte di Appello. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per fare chiarezza su un punto controverso, fornendo un’interpretazione rigorosa e coerente con il sistema normativo.

Le Motivazioni: L’Applicabilità dell’Art. 581 c.p.p.

La Corte ha smontato le tesi difensive con un’analisi dettagliata.

In primo luogo, ha chiarito che l’esenzione dall’obbligo di elezione di domicilio opera solo per i soggetti detenuti in carcere. La giurisprudenza ha già stabilito che tale esenzione non si estende né ai soggetti agli arresti domiciliari, né tantomeno a chi è sottoposto a sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno. Il motivo del ricorrente su questo punto è stato ritenuto, inoltre, generico, poiché non specificava nemmeno con precisione il suo status.

In secondo luogo, e questo è il cuore della sentenza, la Corte ha rigettato la distinzione basata sulla forma del provvedimento (sentenza vs. decreto). Ha spiegato che l’applicabilità delle norme generali sulle impugnazioni al procedimento di prevenzione è stabilita da un preciso rinvio testuale, operato dall’art. 10 del D.Lgs. 159/2011 (Codice Antimafia) e dall’art. 680 del codice di procedura penale. Queste norme estendono le regole generali delle impugnazioni penali, inclusa quella sull’elezione di domicilio, ai ricorsi in materia di prevenzione, a condizione che siano “compatibili”.

Secondo la Corte, la finalità dell’art. 581, comma 1-ter – ovvero garantire la celerità del giudizio di impugnazione – è perfettamente compatibile con le esigenze del procedimento di prevenzione. Pertanto, la diversa forma del provvedimento impugnato non costituisce un ostacolo all’applicazione della sanzione di inammissibilità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza consolida un principio fondamentale: chiunque intenda impugnare un provvedimento in materia di misure di prevenzione deve, a pena di inammissibilità, depositare contestualmente all’atto di appello la dichiarazione o elezione di domicilio. Questo onere formale non ammette deroghe basate sulla natura del provvedimento (decreto) o sulla condizione personale dell’interessato (se non detenuto in carcere). La decisione rafforza il rigore formale richiesto negli atti di impugnazione, sottolineando che le norme procedurali, anche se previste per il processo di cognizione, possono trovare piena applicazione in ambiti speciali come quello delle misure di prevenzione, quando un rinvio di legge lo consente e non vi sono ragioni di incompatibilità.

È obbligatorio depositare la dichiarazione o elezione di domicilio quando si appella un decreto in materia di misure di prevenzione?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che l’obbligo previsto dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., si applica integralmente anche agli appelli nei procedimenti di prevenzione, nonostante la decisione abbia la forma di un decreto e non di una sentenza.

Un soggetto sottoposto a sorveglianza speciale è esentato dall’obbligo di elezione di domicilio?
No. La sentenza chiarisce che l’esenzione da questo obbligo è prevista unicamente per gli individui detenuti in un istituto penitenziario (carcere). Non si estende a chi si trova agli arresti domiciliari o è sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale.

Perché l’art. 581 cod. proc. pen., previsto per le sentenze, si applica anche ai decreti delle misure di prevenzione?
Perché esistono specifiche norme di rinvio (in particolare l’art. 10, comma 4, del D.Lgs. 159/2011 e l’art. 680, comma 3, cod. proc. pen.) che estendono le disposizioni generali sulle impugnazioni del codice di procedura penale ai procedimenti di prevenzione, a patto che siano compatibili. La Corte ha ritenuto che la norma sull’elezione di domicilio sia pienamente compatibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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