Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 37096 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 37096 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/10/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nata a Roma l’DATA_NASCITA avverso il decreto n. 1081/2025 del Presidente del Tribunale di sorveglianza di Roma del 17 giugno 2025, depositato il 20 giugno 2025; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio del decreto impugnato, con trasmissione degli atti al Tribunale di Sorveglianza per l’ulteriore corso.
RITENUTO IN FATTO
GLYPH Con decreto depositato il 20 giugno 2025 il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Roma ha dichiarato inammissibile l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME volta ad ottenere, ex art. 47 ord. pen., l’affidamento in prova al servizio sociale.
Ha evidenziato, a fondamento della decisione, che la richiesta non risulta corredata dalla prescritta dichiarazione o elezione di domicilio e, apprezzata la violazione del
disposto di cui all’art. 677, comma 2 -bis, cod. proc. pen., ha provveduto de plano ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen.
GLYPH NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo con il quale lamenta, ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. (recte: art. 606, primo comma lett. c), cod. proc. pen.), inosservanza della norma processuale «in punto di ritenuta necessità della dichiarazione o dell’elezione del domicilio ai fini dell’ammissibilità dell’istanza ex art. 47 ord. pen.».
Il difensore premette che all’atto della presentazione della richiesta, avvenuta in data 22 febbraio 2022, la COGNOME era ristretta in carcere perché raggiunta da ordinanza di custodia cautelare emessa nell’ambito di un distinto procedimento penale.
Rileva come detta circostanza di fatto fosse nota all’autorità giudiziaria procedente atteso che la ricorrente aveva, il precedente 17 febbraio 2022, nominato il difensore di fiducia in relazione al procedimento de quo a mezzo dichiarazione raccolta a modello I.P.1 resa presso l’ufficio matricola della Casa circondariale di S. Maria Capua Vetere.
Rimarca che la disposizione di cui all’art. 677, comma 2 – bis, c.p.p., che subordina l’ammissibilità dell’istanza di misura alternativa alla contestuale effettuazione della dichiarazione o di elezione di domicilio, non trovi applicazione ove il condannato sia a qualsiasi titolo ristretto in carcere.
GLYPH Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha chiesto l’accoglimento del ricorso, con conseguente annullamento senza rinvio del decreto impugnato e trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Roma per l’ulteriore corso richiamando il principio di diritto secondo il quale «nel procedimento di sorveglianza, la persona detenuta per altro titolo al momento della presentazione della istanza di applicazione di una misura alternativa non è tenuta ad effettuare la dichiarazione o l’elezione di domicilio, prescritta dall’art. 677, secondo comma bis, cod. proc. pen. ai fini dell’ammissibilità della domanda» (Sez. 1, n. 24 del 19/11/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 261704 – 01).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è meritevole di accoglimento.
Nell’esplicitare le ragioni che sorreggono il giudizio appena formulato, appare anzitutto opportuno premettere che, atteso l’espresso richiamo contenuto nell’art. 678 cod. proc. pen, il procedimento di sorveglianza risulta regolato dalle disposizioni di cui agli artt. 666 e 667 cod. proc. pen previste per il procedimento di esecuzione.
Anche nell’ambito del procedimento di sorveglianza può, quindi, trovare applicazione la disposizione di cui all’art. 666, comma 2, cod. proc. pen, a mente del quale il giudice competente è legittimato a formulare de plano un giudizio di inammissibilità della richiesta che appaia «manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge» o che costituisca «mera riproposizione di una richiesta già rigettata basata sui medesimi elementi».
La prima di dette condizioni ricorre, in particolare, allorché l’istanza sia priva di quei presupposti o requisiti che discendono direttamente dalla legge e la cui mancanza sia di immediata percezione e non implichi alcuna valutazione discrezionale da parte del giudice così da rendere superfluo il contraddittorio sul punto.
Tra le condizioni di legge deve certamente ricomprendersi l’obbligo posto dall’art. 677, comma 2 -bis cod. proc. pen. a pena di inammissibilità a carico del condannato non detenuto di «fare la dichiarazione o l’elezione di domicilio con la domanda con la quale chiede una misura alternativa alla detenzione o altro provvedimento attribuito dalla legge alla magistratura di sorveglianza».
Va altresì precisato che l’obbligo di rendere la dichiarazione o l’elezione di domicilio sussiste tanto ove l’istanza sia stata presentata personalmente dal condannato non detenuto quanto ove essa, come nel caso di specie è avvenuto, sia stata sottoscritta dal suo difensore.
In tal senso depone inequivocabilmente la previsione normativa di cui all’art. 656, commi 5 e 6, cod. proc. pen., che stabilisce che «l’istanza. .presentata dal condannato o dal difensore» deve essere in ogni caso «corredata dalle indicazioni e dalla documentazione necessari».
Tra le «indicazioni che la domanda deve contenere, in mancanza di espressa deroga» vi è, per l’appunto, «quella di cui al citato art. 677, comma 2 -bis, cod. proc. pen., richiesta in generale per tutte le istanze concernenti il procedimento di sorveglianza» che può assumere o gli estremi di un allegato all’istanza presentata dal difensore o di un’indicazione riportata «nell’istanza stessa, qualora questa sia firmata anche dal condannato e depositata nella cancelleria» (Sez. U, n. 18775 del 17/12/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv. 246720 – 01).
La ratio sottesa alla disposizione qui in esame appare agevolmente apprezzabile.
Essa, nel corpo di numerose pronunce del Supremo Collegio, è stata di volta in volta identificata ora nella necessità di assicurare ab origine il rapporto tra condannato e gli organi giurisdizionali del procedimento di sorveglianza, che per la sua peculiare natura e funzione «propone specifiche esigenze di interconnessione ai finì di una costante verifica dell’andamento e dell’esito delle misure alternative» (Sez. 1, n. 23907 del 16/03/2004, Cisterna, Rv. 229251 –
01), ora nell’esigenza di rendere certa la reperibilità del richiedente non solo per l’istruttoria, ma anche «ai fini degli accertamenti che debbono essere svolti sulla sua condotta» (Sez. 1, n. 22706 del 16/03/2004, COGNOME), ora nell’utilità di «rendere più spedito il procedimento davanti alla magistratura di sorveglianza» (Sez. 1, n. 34345 del 11/05/2005, COGNOME, Rv. 232411 – 01), o, comunque, di «agevolare la trattazione della domanda» (Sez. 1, n. 14934 del 25/02/2004).
La finalità della previsione normativa di cui all’art. 677, comma 2 -bis, cod. proc. pen. risiede, allora, nella necessità di soddisfare un’esigenza di immediata reperibilità del condannato richiedente, urgenza che per definizione non ricorre allorché quest’ultimo sia, alla data di presentazione dell’istanza, detenuto in carcere «sia pure per altro titolo» (Sez. 1, n. 43462 del 01/10/2004, Tavassi, Rv. 230344 – 01) e «restando del tutto irrilevante che l’interessato sia successivamente scarcerato così da risultare in stato di libertà al momento dell’emissione del decreto impugnato» poiché, in un caso del genere, non è certamente a lui imputabile «il diverso stato giuridico esistente nel momento in cui la sua istanza è stata presa in esame rispetto all’epoca della presentazione» (Sez. 1, n. 24 del 19/11/2014, dep. 2015, Di COGNOME, Rv. 261704 – 01).
I principi di diritto appena enunciati, cui questa Corte intende dare continuità, palesano, ove valutati in uno alle connotazioni fattuali della presente vicenda, l’erroneità della soluzione adottata nel corpo del provvedimento impugnato.
La causa di inammissibilità disciplinata dall’art. 677, comma 2-bis, cod. proc. pen. è prevista solo per il caso in cui il soggetto che invoca o nel cui interesse è chiesta una misura alternativa alla detenzione sia, all’atto della presentazione della relativa istanza, in stato di libertà.
La stessa non può, di contro, trovare applicazione nel diverso caso in cui l’istante sia, nel summenzionato contesto temporale, soggetto sottoposto, per qualsiasi titolo, a restrizione carceraria, pena un’interpretazione analogica in malam partem, violativa del principio di tassatività delle cause di invalidità di cui all’art. 177 cod. proc. pen. («il principio di tassatività trova applicazione non solo in materia di nullità, ma anche in materia di inammissibilità, con la conseguenza che detta causa di invalidità può essere ritenuta solo quando la espressa previsione o comunque la inequivoca formulazione della norma lo consentono»: Sez. 2, n. 4354 del 17/10/1994, P.m. in proc. Miceli, Rv. 199705 – 01).
Non può cioè affermarsi che gravi, a pena di inammissibilità, anche sul condannato detenuto che invochi la concessione di una misura alternativa un onere di rappresentare l’esistenza di detto status nel corpo della relativa istanza.
La correttezza dell’assunto si apprezza agevolmente ove, proprio muovendo dall’apprezzamento della ratio sottesa alla disposizione qui in esame, si consideri
che la verifica della sussistenza della condizione di soggetto detenuto in carcere è, in termini generali, agevolmente operabile dall’autorità giudiziaria attraverso la consultazione dei sistemi informatici e ove, poi, avuto riguardo alle specifiche connotazioni del caso in esame, si ricordi che la COGNOME aveva provveduto a nominare il difensore avvalendosi della facoltà prevista dall’art. 123 cod. proc. pen..
La condannata aveva cioè, reso, nel proc. n. 4312/21 SIEP instauratosi presso il Tribunale di sorveglianza di Roma a seguito della presentazione dell’istanza del 22 febbraio 2022, una dichiarazione presso l’ufficio matricola della casa circondariale che è immediatamente efficace come se ricevuta direttamente dall’autorità giudiziaria e che agevolmente conduceva ad apprezzarne la condizione di soggetto detenuto.
GLYPH Quanto appena illustrato impone l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Roma per un nuovo esame dell’istanza, libero nell’esito, ma emendato dal segnalato vizio processuale.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Roma.
Così deciso il 29 ottobre 2025
Il C GLYPH igliere es ensore
GLYPHIl Presidente