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Elezione di domicilio: non serve per il detenuto

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di un Tribunale che aveva dichiarato inammissibile l’appello di un imputato detenuto per mancata elezione di domicilio. La Suprema Corte ha stabilito che l’obbligo di elezione di domicilio, introdotto dalla Riforma Cartabia (art. 581 comma 1-ter c.p.p.), si applica solo agli imputati liberi e non a quelli in stato di detenzione, per i quali le notifiche avvengono sempre presso il luogo di detenzione.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Elezione di domicilio per l’appello: la Cassazione esclude l’obbligo per l’imputato detenuto

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 47292/2024) ha fatto chiarezza su un punto cruciale della Riforma Cartabia: l’obbligo di elezione di domicilio nell’atto di appello non si applica all’imputato che si trova in stato di detenzione. Questa decisione riafferma un principio fondamentale di garanzia, assicurando che un formalismo, pensato per gli imputati liberi, non si trasformi in un ostacolo insormontabile per chi già sconta una restrizione della libertà personale.

Il Caso: L’Appello Dichiarato Inammissibile

La vicenda trae origine da una decisione della Corte di Appello di Torino, che aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto da un imputato. La ragione? La mancata allegazione, all’atto di impugnazione, della dichiarazione o elezione di domicilio, un requisito introdotto dall’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale a seguito della Riforma Cartabia. La Corte territoriale aveva applicato la norma in modo letterale, senza considerare una circostanza determinante: l’imputato, al momento della presentazione dell’appello, era detenuto. Un fatto, peraltro, che emergeva chiaramente dalla stessa sentenza di primo grado che si intendeva impugnare.

L’impatto della Riforma Cartabia sulla elezione di domicilio

L’articolo 581, comma 1-ter, c.p.p., è stato introdotto con l’obiettivo di accelerare i tempi della giustizia. L’obbligo di indicare un domicilio per le notifiche del giudizio di appello mira a evitare i ritardi causati dalla difficoltà di reperire l’imputato libero. Tuttavia, la questione sollevata nel ricorso alla Cassazione era se questa regola dovesse applicarsi indiscriminatamente a tutti gli imputati, compresi quelli il cui recapito è certo e stabile per definizione: il luogo di detenzione.

Le Motivazioni della Cassazione: Un’Interpretazione Sistematica

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza di inammissibilità. Il ragionamento dei giudici si fonda su un’interpretazione sistematica e logica delle norme processuali.

La Centralità dello Stato di Detenzione

Il punto chiave della decisione risiede nella disciplina specifica delle notifiche all’imputato detenuto, contenuta nell’art. 156 c.p.p. Questa norma stabilisce che le notifiche, anche quelle successive alla prima, sono sempre effettuate nel luogo di detenzione, mediante consegna di copia alla persona. Questa regola speciale prevale su quella generale. Pertanto, richiedere a un detenuto l’elezione di domicilio sarebbe un atto superfluo e privo di senso pratico, dato che la legge già individua con certezza il luogo per le notifiche.

La Ratio della Norma

La Corte ha evidenziato come la ratio dell’art. 581, comma 1-ter, sia quella di prevenire il rallentamento del processo d’appello dovuto a difficoltà notificatorie. Tale esigenza non sussiste per l’imputato detenuto. Imporre anche a lui questo adempimento, a pena di inammissibilità, si tradurrebbe in una sanzione sproporzionata e ingiustificata, che finirebbe per ledere il diritto di difesa senza perseguire alcun interesse processuale concreto.

Le Conclusioni: La Tutela del Diritto di Difesa

In conclusione, la sentenza ribadisce un principio di coerenza e ragionevolezza del sistema processuale. Le norme devono essere interpretate non solo alla lettera, ma alla luce del loro scopo e in armonia con le altre disposizioni. La Corte ha stabilito che l’obbligo di eleggere domicilio è un onere che grava esclusivamente sull’imputato libero. Per l’imputato detenuto, lo stato di restrizione della libertà personale è di per sé sufficiente a garantire la sua reperibilità. Annullando la declaratoria di inammissibilità, la Cassazione ha garantito che il processo d’appello possa svolgersi nel merito, tutelando il diritto fondamentale dell’imputato a un doppio grado di giudizio.

L’imputato detenuto deve eleggere domicilio quando presenta un appello?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’obbligo di dichiarazione o elezione di domicilio previsto dall’art. 581, comma 1-ter, cod.proc.pen. non si applica all’imputato che si trova in stato di detenzione, poiché le notifiche gli vengono sempre effettuate presso il luogo di detenzione ai sensi dell’art. 156 cod.proc.pen.

Perché la Riforma Cartabia ha introdotto l’obbligo di elezione di domicilio nell’atto di appello?
La norma è stata introdotta con lo scopo di evitare il rallentamento dei giudizi di impugnazione, garantendo una rapida e certa notificazione del decreto di citazione a giudizio all’imputato che si trova in stato di libertà.

Cosa succede se un appello viene erroneamente dichiarato inammissibile per questo motivo?
Come avvenuto in questo caso, la decisione di inammissibilità può essere impugnata davanti alla Corte di Cassazione. Se la Corte accoglie il ricorso, annulla l’ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti alla Corte di Appello affinché proceda con il giudizio, assicurando così che l’appello venga esaminato nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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