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Elezione di domicilio: non basta per l’assenza

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che rigettava un’istanza di rescissione. La Suprema Corte ha stabilito che la semplice elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, specialmente se da questi non accettata, non è sufficiente per ritenere che l’imputato abbia avuto conoscenza del processo e per dichiararlo legittimamente assente. Per procedere in assenza, servono prove concrete di un rapporto professionale effettivo tra avvocato e assistito o la prova della volontaria sottrazione al giudizio.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Elezione di Domicilio non Accettata: Non Prova la Conoscenza del Processo

L’elezione di domicilio presso il proprio avvocato è un atto fondamentale nel processo penale, ma non sempre è sufficiente a dimostrare che l’imputato sia a conoscenza del giudizio. Con la sentenza n. 11163/2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio cruciale: se il difensore d’ufficio non accetta formalmente la domiciliazione, non si può presumere la conoscenza del processo da parte dell’assistito e, di conseguenza, non si può procedere legittimamente con la dichiarazione di assenza.

I Fatti del Caso

Un uomo, condannato in contumacia, presentava un’istanza di rescissione del giudicato, un rimedio previsto per chi non ha avuto effettiva conoscenza del processo a suo carico. La Corte d’appello di Milano rigettava la richiesta, sostenendo che l’imputato dovesse essere considerato a conoscenza del procedimento. La motivazione si basava su un unico elemento: l’avvenuta elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio nominatogli.

Il difensore, tuttavia, ricorreva in Cassazione, evidenziando un’illogicità di fondo. Egli aveva infatti dichiarato espressamente di non accettare l’elezione di domicilio, come consentito dalla legge. Inoltre, aveva documentato l’assenza totale di contatti con il proprio assistito durante tutto il processo. Unica interazione era stata una richiesta di pagamento degli onorari inviata dopo la conclusione del giudizio, una volta appreso che l’uomo era stato arrestato. Secondo la difesa, questo non poteva in alcun modo dimostrare una conoscenza pregressa e consapevole del processo.

La Decisione della Cassazione e l’elezione di domicilio

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza e rinviando il caso alla Corte d’appello per un nuovo esame. La decisione si fonda su principi giurisprudenziali consolidati, anche a Sezioni Unite, che mirano a tutelare il diritto a un giusto processo e a una partecipazione consapevole dell’imputato.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha chiarito che, ai fini della dichiarazione di assenza, non è sufficiente la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, anche qualora questi l’abbia accettata. È necessario che vi siano altri elementi concreti che dimostrino l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra legale e assistito. Questo rapporto deve essere tale da far ritenere con certezza che l’imputato abbia avuto conoscenza del processo o che si sia volontariamente sottratto ad esso.

Nel caso specifico, la situazione era ancora più chiara: il difensore aveva esplicitamente rifiutato la domiciliazione. Secondo l’art. 162, comma 4-bis, del codice di procedura penale, l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non ha effetto se questi non la accetta. Di conseguenza, le notifiche avrebbero dovuto seguire le vie ordinarie (ricerca dell’imputato presso la residenza, il domicilio, ecc.) e non la semplice consegna di una copia al difensore. Le notifiche effettuate in modo diverso sono, secondo la Corte, radicalmente inidonee ad assicurare la reale conoscenza del processo e comportano una nullità assoluta.

La Cassazione ha inoltre censurato la Corte d’appello per aver dedotto l’esistenza di un rapporto professionale dalla richiesta di onorari post-processo, ignorando la documentazione che provava l’esatto contrario, ovvero la totale assenza di contatti.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa sentenza rafforza una garanzia fondamentale del processo penale: non si può presumere la conoscenza del processo da parte dell’imputato sulla base di un formalismo come l’elezione di domicilio non accettata dal difensore d’ufficio. Per poter dichiarare un imputato “assente” e procedere senza di lui, il giudice deve avere la prova certa che egli sia stato messo nelle condizioni di conoscere il processo e abbia scientemente scelto di non partecipare. In mancanza di tale prova, specialmente quando le notifiche non sono state eseguite correttamente a causa del rifiuto del difensore di accettare la domiciliazione, la dichiarazione di assenza è illegittima e la sentenza emessa può essere annullata tramite l’istituto della rescissione del giudicato.

La semplice elezione di domicilio presso un difensore d’ufficio è sufficiente per dichiarare un imputato assente?
No. Secondo la Cassazione, la sola elezione di domicilio non è un presupposto idoneo, specialmente se non è accompagnata da altri elementi che dimostrino un’effettiva instaurazione di un rapporto professionale e, quindi, una reale conoscenza del processo da parte dell’imputato.

Cosa accade se il difensore d’ufficio non accetta l’elezione di domicilio?
L’elezione di domicilio non produce alcun effetto. Di conseguenza, le notifiche degli atti giudiziari non possono essere effettuate con la semplice consegna di una copia al difensore, ma devono seguire le procedure ordinarie di ricerca dell’imputato (artt. 157 e 159 c.p.p.). Una notifica eseguita diversamente è affetta da nullità assoluta.

La richiesta di pagamento degli onorari da parte del difensore dopo la fine del processo può dimostrare una conoscenza pregressa del processo da parte dell’imputato?
No. La Corte ha stabilito che tale richiesta, avvenuta dopo la conclusione del giudizio e motivata dall’arresto dell’imputato, non può essere utilizzata per desumere retroattivamente l’esistenza di un rapporto professionale o la conoscenza del processo, soprattutto se vi sono prove documentali che attestano l’assenza di contatti precedenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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