Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 6819 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 6819 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 27/06/1962
avverso l’ordinanza del 08/11/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sejx6e le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di NOME COGNOME ha proposto ricorso ex art. 629bis cod. proc. pen. avverso l’ordinanza in epigrafe indicata, con la quale la Corte di appello di Firenze ha rigettato l’istanza di rescissione del giudicato presentata nell’interesse del condannato avverso la sentenza del Tribunale di Prato, emessa il 12 settembre 2022, divenuta definitiva il 28 dicembre 2022.
Con detta pronuncia NOME COGNOME è stato condannato alla pena di mesi sette di arresto ed euro 4000,00 di ammenda per il reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c) cod. strada, all’esito di un processo celebrato in assenza.
La Corte d’appello ha ritenuto che l’imputato avesse avuto conoscenza del processo, essendo state correttamente eseguite le notifiche dell’avviso ex art. 415-bis codice di rito e del decreto di citazione a giudizio presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME domicilio eletto dall’imputato. Ha sostenuto, ai fini della validità ed efficacia delle notificazioni, che non fosse necessaria una revoca espressa del domicilio precedentemente dichiarato presso la residenza, intervenuto in fase di indagini, allorquando l’attuale ricorrente fu denunciato per il reato di guida in stato di ebbrezza.
Ha altresì ritenuto di trarre elementi di convincimento in ordine alla effettiva conoscenza del processo pendente da parte dell’imputato dalla circostanza che l’Avv. COGNOME nell’udienza del 27 ottobre 2021, chiese, nell’interesse del proprio assistito, la sospensione del procedimento con messa alla prova ai sensi dell’art. 464-bis cod. proc. pen., in forza di procura speciale rilasciatagli dall’imputato contestualmente alla nomina.
Al riguardo ha precisato che il competente Ufficio di Esecuzione Penale Esterna di Prato, investito dal primo giudice della richiesta di elaborazione del programma, comunicò, con nota in atti, che l’Ufficio non aveva potuto elaborare il programma in quanto “l’imputato non ha espresso interesse a proseguire con la messa alla prova”.
Sempre in forza della procura speciale rilasciatagli, ha evidenziato la Corte d’appello, il difensore di fiducia del ricorrente chiese ed ottenne la definizione del procedimento nelle forme del rito abbreviato.
3. Con unico motivo il ricorrente lamenta violazione degli artt. 157 e ss., 420-bis cod. proc. pen.; nullità della dichiarazione di assenza dell’imputato per insussistenza dei presupposti di cui all’art. 420-bis, comma 2, cod. proc. pen.; nullità della notifica della vocatio in iudicium, eseguita in luogo diverso dal domicilio dichiarato, in assenza di una revoca espressa della precedente dichiarazione di domicilio.
L’ordinanza GLYPH impugnata, GLYPH sostiene GLYPH il GLYPH ricorrente, GLYPH sarebbe censurabile nella parte in cui ha ritenuto dimostrato che l’imputato fosse a conoscenza della pendenza del processo a suo carico e, dunque, corretta la dichiarazione di assenza dello stesso resa ai sensi dell’art. 420-bis cod. proc. pen. nel giudizio di primo grado.
Nel riepilogare i fatti, la difesa rammenta che, in data 15/8/2020, una pattuglia della Polizia Municipale accertava un sinistro stradale nel quale era rimasto coinvolto il ricorrente. In quella circostanza gli agenti sottoponevano NOME COGNOME ad accertamento del tasso alcolemico, che dava esito positivo. Gli agenti procedevano alla redazione del verbale d’identificazione, elezione di domicilio e nomina del difensore di fiducia. Il ricorrente nominava proprio difensore l’Avv. NOME COGNOME del Foro di RAGIONE_SOCIALE e dichiarava domicilio presso la propria residenza in Prato, alla INDIRIZZO
Successivamente, in data 24/8/2020, il ricorrente nominava un nuovo difensore di fiducia, nella persona dell’Avv. NOME COGNOME del foro di Prato, presso lo studio del quale eleggeva domicilio, senza tuttavia revocare la precedente dichiarazione di domicilio presso la propria residenza. A partire da quel momento, tutte le successive notifiche relative al procedimento penale (avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen. e decreto di citazione a giudizio innanzi al Tribunale) venivano effettuate presso lo studio del nuovo difensore di fiducia.
Il giudice di primo grado, instauratosi il giudizio, dichiarava l’assenza dell’imputato.
Tale dichiarazione, lamenta il difensore, sarebbe nulla per violazione degli artt. 157 e ss., in quanto: a) l’elezione di domicilio presso lo studio dell’Avv. COGNOME non era stata preceduta dalla revoca della precedente dichiarazione di domicilio presso la residenza dell’imputato; b) la nomina a difensore e procuratore speciale in favore dell’Avv. COGNOME e l’elezione di domicilio presso il suo studio
erano intervenute nella fase delle indagini preliminari; c) le notifiche dell’avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen. e del decreto di citazione diretta a giudizio erano state eseguite presso il difensore anziché nei luoghi indicati nell’art. 157 cod.proc.pen.
Diversamente da quanto sostenuto dalla Corte d’appello, osserva la difesa, l’elezione di domicilio dell’imputato conserva il suo valore finché non venga revocata espressamente nelle forme prescritte; ne consegue che il domicilio eletto successivamente presso il difensore di fiducia non comporta l’automatica revoca della dichiarazione di domicilio ab origine effettuata presso la propria residenza.
In ragione di ciò, non essendo intervenuta una revoca espressa della precedente elezione di domicilio, le notifiche avrebbero dovuto essere effettuate presso la residenza dell’imputato.
Quanto alle ulteriori argomentazioni illustrate nella motivazione della ordinanza impugnata, non sarebbe condivisibile l’assunto in base al quale, per effetto del rapporto fiduciario instauratosi con il difensore, presso il quale era stato eletto domicilio, il ricorrente fosse a conoscenza della effettiva pendenza del procedimento. Il rilascio di una procura in fase d’indagini, in mancanza di un preciso addebito formulato e di una citazione a giudizio, non è idonea a dimostrare che l’imputato abbia avuto effettiva conoscenza del processo. Ne deriva che il Tribunale, prima di procedere alla dichiarazione di assenza, avrebbe dovuto provvedere a rinnovare la notifica del decreto di citazione a giudizio presso l’imputato.
Nondimeno, non può inferirsi dal rilascio di procura speciale per la definizione del giudizio con riti alternativi la conoscenza del processo. Ciò, infatti, vale solo quando la procura speciale sia stata rilasciata successivamente alla notifica dell’atto introduttivo del giudizio.
Il Procuratore Generale presso la corte di Cassazione, con requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, infondato, deve essere rigettato per le ragioni di seguito illustrate.
La Corte di appello ha desunto la conoscenza legale del procedimento da parte dell’imputato dalla nomina del difensore di
fiducia presso il quale l’imputato aveva eletto domicilio e dalla regolarità della notificazione del decreto di citazione a giudizio presso il domicilio eletto, quale condizione legittimante la celebrazione del processo in assenza ai sensi dell’art. 420-bis cod. proc. pen.; ha poi desunto la conoscenza effettiva del processo dal fatto che il ricorrente avesse conferito al difensore di fiducia – sia pure nominato nel corso delle indagini preliminari – procura speciale per la definizione del giudizio con un rito alternativo e che avesse richiesto al Tribunale, in apertura del dibattimento, di accedere alla sospensione del processo con messa alla prova.
Le argomentazioni a sostegno della decisione adottata, diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, sono assolutamente rispettose del tenore dell’art. 420-bis cod. proc. pen. nella formulazione risultante dalla modifica introdotta nel 2014 e non sono agganciate a dati puramente formali, essendo il provvedimento di rigetto fondato sulla valutazione di precise circostanze, suscettibili di rivelare la conoscenza del processo da parte del ricorrente e di dimostrare che la sua mancata comparizione in giudizio fosse dipesa da una scelta volontaria.
Giova in primo luogo evidenziare come non sia sostenibile che l’elezione di domicilio presso lo studio del difensore di fiducia avrebbe dovuto essere accompagnata dalla revoca espressa della precedente dichiarazione di domicilio presso il luogo di residenza.
Invero, in base a consolidato orientamento di questa Corte, il sopraggiungere di una nuova elezione di domicilio, ove ritualmente comunicata all’autorità procedente, come verificatosi nel caso in esame, non richiede una espressa revoca della precedente elezione o dichiarazione di domicilio (cfr. in argomento Sez. U, n. 41280 del 17/10/2006, C., Rv. 234905:”In tema di notificazioni, la dichiarazione di domicilio prevale su una precedente elezione di domicilio, pur non espressamente revocata”; Sez. 5 n. 40487 del 10/09/2019, COGNOME, Rv. 277749; Sez. 6 n. 30767 del 03/07/2013, COGNOME, Rv. 257740; Sez. 6, n. 20384 del 21/04/2009, COGNOME, Rv. 243856, così massimata:”Il mutamento della elezione di domicilio, se ritualmente effettuato e comunicato all’autorità procedente, comporta la revoca della precedente elezione”).
Ne discende la correttezza di quanto osservato dalla Corte di appello in ordine alla ritualità delle notificazioni degli atti del
procedimento e del processo presso lo studio del difensore di fiducia dell’imputato, avv. COGNOME domiciliatario dell’imputato.
In merito alla ritenuta conoscenza della pendenza del processo da parte del ricorrente, è d’uopo osservare come la Corte d’appello abbia fatto buon governo della norma che si assume violata.
Occorre precisare come la dichiarazione di assenza sia intervenuta sotto la vigenza dell’art. 420-bis cod. proc. pen., nella formulazione introdotta dalla legge 28 aprile 2014 n. 67, che, al comma 2, prevedeva:”Salvo quanto previsto dall’articolo 420 ter, il giudice procede altresì in assenza dell’imputato che nel corso del procedimento abbia dichiarato o eletto domicilio ovvero sia stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare ovvero abbia nominato un difensore di fiducia, nonché nel caso in cui l’imputato assente abbia ricevuto personalmente la notificazione dell’avviso dell’udienza ovvero risulti comunque con certezza che o stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo”.
La modifica introdotta ha elevato il livello di garanzie per l’imputato assente, prevedendo che il processo possa svolgersi in assenza quando esistano elementi idonei a dare certezza del fatto che l’imputato sia a conoscenza della pendenza del processo e che la sua assenza sia dovuta ad una scelta volontaria e consapevole.
Il presupposto per procedere in assenza, è stato individuato in «una situazione di piena conoscenza personale (o comprovato rifiuto) della chiamata in giudizio» (Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail, Rv. 279420), fondando, quindi, sulla conoscenza effettiva – non solo presunta, né meramente legale della chiamata in giudizio – la condizione idonea a far ritenere che l’assenza dell’imputato all’udienza sia dovuta ad una scelta volontaria e consapevole.
A tal fine si è precisato che i c.d. indici di conoscenza del processo devono essere dotati di caratteri di effettività rispetto alle modalità con le quali sono realizzati, sicché l’elezione domicilio deve essere “seria” e reale, dovendo essere apprezzabile un rapporto tra il soggetto ed il luogo presso il quale dovrebbero essere indirizzati gli atti e anche la nomina del difensore di fiducia deve essere effettiva essendo, quindi, necessario verificare se l’imputato sia effettivamente venuto a conoscenza della vocatio in iudicium oppure se, nonostante
la regolarità formale delle notifiche presso il domiciliatario, l’imputato non abbia avuto consapevolezza dell’inizio del processo a suo carico.
E’ stato, inoltre, chiarito che la volontaria sottrazione alla conoscenza del processo richiede «condotte positive», da acclarare tramite «un accertamento in fatto, anche quanto al coefficiente psicologico della condotta», non potendosi fare «rientrare automaticamente in tale ambito le situazioni comuni quali la irreperibilità, il domicilio eletto etc.»; è stata, altresì, sottolineata la necessità di non esasperare «il concetto di “mancata diligenza”» informativa dell’imputato «sino a trasformarla automaticamente in una conclamata volontà di evitare la conoscenza degli atti, ritenendola sufficiente per fare a meno della prova della consapevolezza della vocatio in ius per procedere in assenza», poiché ciò equivarrebbe al ritorno alle «vecchie presunzioni» che si era inteso superare (Sez. U, n. 23948/2019, dep. 2020, cit.).
La successiva pronuncia a Sezioni Unite COGNOME (Sez. U, n. 15498 del 26/11/2020), ha affermato che l’accertata ricorrenza delle condizioni previste dall’art. 420-bis, comma 2, cod. proc. pen., non esime il giudice della rescissione dal compito di valutare la sintomaticità dei comportamenti tenuti dall’imputato rimasto assente nel corso dell’intero processo, specie nel caso in cui egli abbia avuto cognizione della pendenza del procedimento («Al fine di rafforzare il sistema di garanzie a favore dell’imputato e di assicurare che la sua mancata partecipazione al processo sia oggetto di determinazione volontaria e consapevole, quale condizione per assicurare l’equità del processo secondo le indicazioni della Corte EDU, si è abbandonato il meccanismo di conoscenza presuntiva, legato alla regolarità formale delle notificazioni. La novella ha subordinato la possibilità di celebrare il processo “in assenza” dell’imputato all’effettiva informazione sul contenuto dell’accusa, sulla pendenza del procedimento e sui tempi e luoghi della sua celebrazione. L’incertezza sulla conoscenza della citazione a giudizio ne comporta la sospensione e ne inibisce l’ulteriore corso, compresa la pronuncia della sentenza, sino al verificarsi di una delle ipotesi alternativamente previste dall’art. 420 quinquies cod. proc. pen.. E’ compito, dunque, del giudice della cognizione, una volta condotta la verifica sulla regolare costituzione delle parti e, quindi, sulla validità del procedimento notifica tono degli atti introduttivi ai sensi dell’art. 420, comma 2, cod. proc. pen., accertare la rituale instaurazione del contraddittorio e la corretta
costituzione del rapporto processuale, in modo da garantire che la mancata partecipazione dell’imputato sia ascrivibile alla conoscenza del processo e ad una determinazione volontaria, in dipendenza della ricezione personale dell’atto di citazione in giudizio, oppure, secondo l’elencazione dell’art. 420-bis, comma 2, cod. proc. pen., di situazioni definibili quali “indici di conoscenza”»).
5. Alla luce di tali coordinate ermeneutiche risultano immuni da censure le argomentazioni sviluppate dalla Corte d’appello a sostegno del decisum e le valutazioni espresse in ordine alle circostanze di fatto che hanno legittimato la celebrazione del processo in assenza.
Nell’ordinanza impugnata si dà atto che le notifiche dell’avviso delle conclusioni delle indagini preliminari del decreto di citazione a giudizio sono state correttamente eseguite presso il domicilio eletto dall’imputato.
La nomina di un difensore di fiducia, con elezione di domicilio presso lo stesso, è di regola elemento idoneo a fondare il convincimento della conoscenza effettiva del processo in capo all’imputato (cfr. Sez. 3, n. 14577 del 14/12/2022, dep. 2023, G., Rv. 284460 – 01; Sez. 1, n. 27629 del 24/06/2021, Rv. 281637).
A ciò deve aggiungersi che al difensore fu rilasciata, contestualmente alla nomina, procura speciale per la definizione del giudizio nelle forme di un rito alternativo.
La circostanza che l’imputato abbia avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e dell’accusa formulata nei suoi confronti si desume anche dal concreto sviluppo della vicenda processuale, avendo il difensore del ricorrente richiesto, all’udienza del 27 ottobre 2021, nell’interesse del proprio assistito, la sospensione del procedimento con messa alla prova ai sensi dell’articolo 464-bis cod. proc. pen.
Nell’ordinanza si dà atto che l’Ufficio di esecuzione penale esterna di Prato, incaricato di elaborare il programma di trattamento, comunicò che l’imputato non aveva espresso interesse a proseguire con la messa alla prova.
L’interlocuzione dell’UEPE con l’imputato e con il suo difensore, come osservato congruamente dalla Corte di merito, dimostra che il ricorrente fosse pienamente consapevole della pendenza del processo a suo carico.
Consegue al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In Roma, così deciso il 5 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente