Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21930 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21930 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME
nato il omissis in
COGNOME omissis
avverso l’ordinanza in data 08/09/2023 della Corte di appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procurat
generale NOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 08/09/2023 la Corte di appello di Milano ha dichiarato inammissibile per mancata allegazione di elezione o dichiarazione di domicili l’appello presentato da COGNOME D.M. COGNOME avverso la sentenza del G.i.p. del Tribunale di Lecco in data 01/03/2023, con cui il predetto è stato riconosciuto colpevole delitti di maltrattamenti e lesioni.
NOME.
Ha proposto ricorso
tramite il suo difensore.
Deduce violazione dell’art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen.
L’adempimento richiesto non avrebbe potuto dirsi omesso in quanto l’atto di appello indicava la domiciliazione dell’imputato presso la propria residenza, fermo restando che il predetto aveva in due circostanze effettuato la relativa dichiarazione, senza modificarla.
Era inoltre contraddittorio l’assunto della Corte in ordine al fatto che il riferimento alla domiciliazione avrebbe dovuto essere sottoscritto dall’imputato, comunque non equiparabile ad un deposito.
Il Procuratore generale ha inviato la requisitoria, concludendo per l’inammissibilità del ricorso.
Il ricorso è stato trattato senza l’intervento delle parti, ai sensi dell’art. 23 comma 8, d.l. n. 137 del 2020, in base alla proroga disposta dall’art. 94, comma 2, d.lgs. 150 del 2022, come via via modificato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
L’art. 581, comma 1 -ter cod. proc. pen., introdotto dall’art. 33, comma 1, lett. d) del d.lgs. 150 del 2022 e applicabile, ai sensi dell’art. 89, comma 3, d.lgs. 150 cit., alle sentenze pronunciate dopo l’entrata in vigore dello stesso decreto legislativo, prevede che con l’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata a pena di inammissibilità la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.
L’art. 581, comma 1 -quater, cod. proc. pen., anch’esso introdotto dal citato art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 150 del 2022 si riferisce invece all’impugnazione dell’imputato giudicato in assenza, stabilendo che a pena di inammissibilità è depositato specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente l’elezione o la dichiarazione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.
Ciò si correla alla previsione dell’art. 157 -ter, comma 3, cod. proc. pen., inserito dallo stesso d.lgs. 150 del 2022, secondo cui in caso di impugnazione proposta dall’imputato o nel suo interesse la notificazione dell’atto di citazione a giudizio è eseguita esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell’art. 581, comma 1 -ter e 1 -quater.
Tali disposizioni devono essere lette alla luce delle direttive contenute nella legge delega 134 del 2021, che, oltre a prefiggersi lo scopo di evitare procedimenti
inutili nei confronti dell’imputato inconsapevole, destinati ad essere travolti dalla rescissione -in tale prospettiva disciplinando il processo in assenza anche nei gradi di impugnazione-, aveva più in generale perseguito la finalità di rendere il processo più celere ed efficiente, prevedendo (art. 1, comma 6, lett. f) che nel caso di impugnazione proposta dall’imputato o nel suo interesse “la notificazione dell’atto di citazione a giudizio” nei suoi confronti deve essere effettuata presso il domicilio dichiarato o eletto e (art. 1, comma 13, lett. a) che “con l’atto di impugnazione, a pena di inammissibilità, sia depositata dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di impugnazione”.
Dai lavori preparatori e dalla relazione di accompagnamento si trae conferma dell’intendimento di facilitare la celebrazione dei giudizi di impugnazione, semplificando sia in via generale la “notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di impugnazione” attraverso l’onere imposto all’impugnante di dichiarare o eleggere domicilio, sia in modo specifico “la notificazione dell’atto di citazione a giudizio” per l’impugnazione proposta dall’imputato o nel suo interesse, utilizzando la dichiarazione o elezione di cui sopra.
Con specifico riguardo all’art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen., a seguito della sua entrata in vigore, la giurisprudenza si è pronunciata in modo non sempre uniforme.
Innanzi tutto, si è rilevato che la disposizione non è applicabile nel caso di imputato detenuto (Sez.4, n. 4342 del 09/01/2024, COGNOME, Rv. 285749; Sez. 2, n. 51273 del 10/11/2023, COGNOME, Rv. 285546; Sez. 2, n. 33355 del 28/06/2023, COGNOME, Rv. 285021), ma, in un caso, è stata distinta la posizione dell’imputato detenuto per altra causa, rispetto al quale la norma è stata ritenuta applicabile (Sez. 5, n. 4606 del 28/11/2023, COGNOME, Rv. 285973), essendosi inoltre ritenuto in una circostanza che la restrizione agli arresti domiciliari parimenti non valga ad impedire l’applicabilità della disposizione (Sez. 4, n. 41858 del 08/06/2023, Andrioli, Rv. 285146).
In secondo luogo, si è posto il problema di stabilire se l’allegazione dell’elezione o dichiarazione di domicilio all’atto di appello implichi una specifica dichiarazione o elezione successiva alla sentenza impugnata ovvero possa aver ad oggetto una dichiarazione o elezione effettuata nella fase precedente: nel primo senso si è rilevato che «la dichiarazione o elezione di domicilio che, ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., va depositata, a pena di inammissibilità, unitamente al gravame delle parti private e dei difensori, dev’essere successiva alla pronuncia della sentenza impugnata, poiché, alla luce della nuova formulazione dell’art. 164 cod. proc. pen., quella effettuata nel precedente grado non ha più una durata estesa ai gradi successivi» (così Sez. 6, n. 7020 del
16/01/2024, COGNOME, Rv. 285985; Sez. 5, n. 3118 del 10/01/2024, NOME COGNOME, Rv. 285805), ma nel secondo senso si è sottolineato che «nel caso di imputato non processato “in absentia”, la dichiarazione o l’elezione di domicilio richieste ex art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. possono essere effettuate anche nel corso del procedimento di primo grado, e non necessariamente in un momento successivo alla pronuncia della sentenza impugnata, a condizione che siano depositate unitamente all’atto di appello, atteso che la contraria interpretazione ostacolerebbe indebitamente l’accesso al giudizio di impugnazione, in violazione dei diritti costituzionalmente e convenzionalmente garantiti» (Sez. 2, n. 8014 del 11/01/2024, COGNOME, Rv. 285936).
Peraltro, in altra occasione, si è sottolineato sullo specifico tema che è ammissibile l’appello che contenga, senza materiale allegazione, la domiciliazione, anche al fine della notifica dell’atto di citazione (Sez. 2, n. 16480 del 29/02/2024, COGNOME NOME, non massimata).
Ciò posto, si rileva che, nel caso in esame, non viene in rilievo né l’ipotesi dell’imputato assente né quella dell’imputato detenuto.
In concreto, l’atto di appello indicava la domiciliazione dell’imputato, ma senza che fosse allegato l’atto che la conteneva, senza che l’atto recasse la firma anche dell’imputato e senza che fosse specificata la precisa collocazione della dichiarazione di domicilio nel fascicolo processuale.
La Corte di appello, facendo applicazione dell’art. 581, comma 1 -ter cod. proc. pen., ha ritenuto l’appello inammissibile, in quanto privo dell’allegazione della dichiarazione di domicilio e della firma dell’imputato, pur non ritenendo necessario che tale domiciliazione fosse intervenuta dopo la sentenza impugnata.
Orbene, richiamando quanto osservato in ordine alla ratio della disposizione, che è quella di assicurare la celerità ed efficienza del processo e dunque, in primo luogo, l’individuazione sicura del luogo di notifica, non di rado fonte di incertezze, da cui possono discendere nullità processuali, deve ritenersi che la valutazione della Corte territoriale non si esponga in alcun modo alle censure proposte nel motivo di ricorso.
Va infatti rimarcato come l’adempimento previsto a pena di inammissibilità consista nel deposito della dichiarazione o elezione di domicilio e come tale adempimento sia funzionale alla notifica dell’atto di citazione.
La norma non chiarisce se la dichiarazione o elezione debba essere successiva alla sentenza impugnata, come previsto invece espressamente nel caso di imputato assente e come, nondimeno, ritenuto da una parte della giurisprudenza.
COGNOME
Sta di fatto che la nozione di deposito implica un’attività di materiale produzione, avente ad oggetto la dichiarazione o elezione di domicilio, quale atto proveniente specificamente dall’imputato e recante dunque la sua firma, al fine di consentire l’inequivoca individuazione del luogo della notifica.
Anche volendo ritenere sufficiente una dichiarazione o elezione anteriore alla sentenza impugnata, si tratta tuttavia di stabilire se tale produzione comporti un’allegazione all’atto di appello o possa risolversi nella sua riproduzione nel corpo dell’atto.
Quel che pare certo è, da un lato, che debba emergere la provenienza sicura dell’atto e che dunque possa con certezza attribuirsi la dichiarazione o elezione all’imputato e, dall’altro, che ciò possa farsi senza equivoci fin dal momento della presentazione dell’atto di impugnazione.
In tale prospettiva deve escludersi che possa ritenersi bastevole il generico richiamo del luogo della domiciliazione nell’atto di appello, ove la stessa non sia corroborata e accompagnata dalla firma dell’imputato, giacché quel richiamo, al di là dell’assunzione di responsabilità da parte del legale, non varrebbe comunque a conferire certezza alla domiciliazione fin dal momento della presentazione dell’impugnazione.
Tutt’al più, in una prospettiva volta, sul piano interpretativo, a ridimensionare la portata dell’onere previsto ma, nel contempo, ad assicurare in pari misura la provenienza e la certezza della domiciliazione, potrebbe ritenersi se del caso idonea, alla stregua di una produzione, la puntuale, specifica e precisa indicazione della collocazione della domiciliazione nel fascicolo processuale, così da inverarne l’attualità senza la necessità di imporre una incerta esplorazione dell’incartamento, tanto più problematica nel caso di fascicoli particolarmente ponderosi.
Sta di fatto che nel caso di specie, come detto, non ricorre neppure tale ipotesi, dovendosi dunque ribadire la valutazione formulata dalla Corte di appello.
Una siffatta conclusione non si pone in contrasto con la tutela dei diritti difensivi e in conflitto con garanzie costituzionali, sia pur mediate da norme convenzionali.
E’ stato più volte rilevato come le nuove disposizioni introdotte dagli artt. 581, comma 1 -ter e 1 -quater cod. proc. pen., non si pongano in contrasto con le invocate garanzie (Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285900; Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, COGNOME NOME, Rv. 285324; cfr. anche Sez. 6, n. 223 del 07/11/2023, dep. 2024, COGNOME, non massimata).
Con particolare riguardo all’art. 581, comma 1 -ter cod. proc. pen. va infatti richiamata la nitida ratio sottesa alla disposizione, funzionale alla salvaguardia di un’esigenza che trova tutela e riconoscimento nella Carta costituzionale: la norma
non è volta a limitare il diritto di difesa e si risolve nella definizione di una modalit strutturale dell’atto di impugnazione, che non implica un adempimento irragionevole e inutile, in quanto volto, semmai, a rafforzare il rispetto delle garanzie senza un aggravio intollerabile e tale da costituire di fatto una limitazione nell’esercizio delle facoltà difensive.
Si tratta infatti di assicurare una permanente vigilanza da parte dell’imputato in ordine all’indicazione del luogo della notifica, senza peraltro pretenderne una non esigibile collaborazione, tale da eccedere il limite di quella minima vigilanza e da interferire con gli adempimenti, per contro, esigibili dagli organi deputati all’amministrazione della giustizia.
Ciò non determina alcuna tensione con il principio di uguaglianza, con il diritto di difesa e con il diritto di impugnazione e dunque con la facoltà di accesso ai rimedi previsti, essendo introdotta una modalità che non si risolve in un vuoto formalismo tale da comprimere irragionevolmente quella facoltà, al contrario idoneamente calibrata in modo assicurare il contemperamento di tutte le esigenze, senza tuttavia incidere sul ruolo del difensore, creando un’indebita frattura con la sua pregressa azione.
Ciò vale a fortiori ove l’adempimento richiesto sia inteso riduttivamente non come nuova elezione o dichiarazione ma come allegazione di una dichiarazione precedente o addirittura come mera puntale indicazione della collocazione nel fascicolo della dichiarazione precedente, essendo evidente come un siffatto adempimento possa essere agevolmente assicurato dalla parte interessata o dal suo difensore, a fronte di uno scopo legittimo e della concreta proporzione della prescrizione, rispettosa dei canoni evocati in generale dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (sul punto Corte edu, 28 ottobre 2021, Succi et al. c. Italia, ric nn. 55064/11, 37781/13 e 26049/14).
Su tali basi deve concludersi che il ricorso è radicalmente infondato.
All’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ma non anche quella al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, dovendosi valutare la peculiarità della situazione, coinvolgente il diritto di difesa avverso ordinanza emessa, pur legittimamente, de plano.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali.
Così deciso il 16/04/2024