Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1801 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1801 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME COGNOME, nato a LOCRI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/03/2024 della CORTE di APPELLO di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO Generale NOME COGNOME che ha chiesto di rigettare il ricorso;
si dà atto che ricorso è stato trattato ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Reggio Calabria, con ordinanza emessa in data 8 marzo 2024, dichiarava inammissibile l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza di condanna del Tribunale di Locri pronunciata in data 21 dicembre 2023, ritenendo che l’appellante con l’atto di impugnazione aveva depositato la procura speciale per impugnare, ma non anche la prescritta dichiarazione o elezione di domicilio, ragion per cui l’appello andava dichiarato inammissibile ai sensi del combinato disposto di cui agli articoli 581, comma 1-ter e 591 cod. proc. pen.
Avverso la suddetta decisione NOME COGNOME propone, a mezzo del proprio difensore, ricorso per cassazione, formulando un unico motivo seppur articolato in
tre distinti punti, per cui chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata e, in subordine, di voler dichiarare rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. In primo luogo, con il ricorso si eccepisce la violazione dell’art. 606, lett. B), cod proc. pen. in relazione all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., rilevando che NOME COGNOME aveva eletto domicilio presso la propria residenza sia in sede di interrogatorio davanti ai RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE, sia in sede di notifica all’indagato dell’avviso di conclusioni delle indagini. La difesa deduce che la norma citata (successivzmente abrogata) non prevedeva che l’elezione di domicilio dovesse avvenire dopo la sentenza impugnata, né che dovesse esserci una dichiarazione/elezione di domicilio espressamente finalizzata alla notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello, ragion per cui la disposizione citata, prevista a pena di inammissibilità dell’impugnazione, sarebbe stata, invece, osservata da NOME COGNOME, in quanto la sua elezione di domicilio era, comunque, già in atti.
In secondo luogo, deduce in subordine la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. in relazione agli artt. 3, 24, 27 e 111 Cost., osservando che la facoltà di appellare le sentenze di condanna a pena detentiva senza limiti e preclusioni ingiustificate, rappresenta un profilo assolutamente insopprimibile dell’effettività del diritto di difesa dell’imputato, così come concretamente strutturato nell’assetto costituzionale vigente, che non può essere di fatto ostacolato introducendo un’asserita inammissibilità legata solo ad aspetti formali. Osserva, altresì, che la limitazione del diritto ad appellare per inosservanza delle formalità previste dalla norma citata costituisce la negazione di un’effettiva parità fra le parti processuali in materia di impugnazione, e ciò mediante lo svuotamento della difesa tecnica in un momento assolutamente cruciale per l’esito del giudizio.
Infine, viene rilevata l’irragionevolezza della disciplina introdotta in tema di deposito, a pena di inammissibilità, della elezione di domicilio, in quanto l’imputato appellante ha già avuto modo di dichiarare o di eleggere domicilio in precedenza per l’intero procedimento a suo carico, con espresso avvertimento dell’esigenza di comunicarne l’eventuale modifica, mentre l’articolo 164 cod. proc. pen. chiarisce che detta elezione avrà appunto effetto proprio per l’atto di citazione in giudizio «ai sensi dell’articolo 601 cod. proc. pen.». Da un lato, non si ravviserebbe, pertanto, l’esigenza di alcun ulteriore adempimento in sede di impugnazione, dall’altro il previsto “deposito” sembrerebbe in ogni caso potersi riferire anche alla “elezione di domicilio” già presente in atti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve essere rigettato per le ragioni di seguito esposte.
La decisione delle Sezioni unite del 24 ottobre 2024, come comunicata dall’informazione provvisoria della Suprema Corte, è stata la seguente: «La disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. – abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024. La previsione ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. deve essere interpretata nel senso che è sufficiente che l’impugnazione contenga il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione».
2.1 Il Collegio intende conformarsi ai principi di cui sopra, ragion per cui si afferma che l’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., successivamente abrogato, si applica al presente procedimento in quanto il ricorso di NOME COGNOME è antecedente alla data del 24 agosto 2024. Quanto, poi, alla seconda questione, quella riguardante la presenza in atti dell’elezione di domicilio del ricorrente presso la propria residenza, si ritiene che tale circostanza, su cui si fonda il motivo di ricorso, non può essere ritenuta sufficiente ai fini dell’osservanza del citato art. 581, comma 1-ter, poiché di tale elezione di domicilio non vi è alcuna menzione nell’atto di appello, sicché da esso non emergeva l’immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione del decreto di citazione. La decisione della Corte territoriale risulta perciò corretta sotto ogni profilo, poiché essa dava atto che non era stata depositata unitamente all’atto di appello la dichiarazione o elezione di domicilio, né la difesa aveva richiamato nell’impugnazione una dichiarazione già in atti e neppure indicato ove essa fosse.
2.2. Quanto, infine, alla domanda subordinata di sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. in relazione agli artt. 3, 24, 27 e 111 Cost., si osserva che la Suprema Corte, in più occasioni, ha dichiarato manifestamente infondata la questione stessa. In particolare, si segnala la sentenza Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023, dep. 2024, Rv. 285900-01, che ha affermato in massima il seguente principio: «E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dei commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581, cod. proc. pen., introdotti dall’art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per contrasto con gli artt. 24, 27 e 111 Cost., in quanto tali disposizioni, laddove richiedono che unitamente all’atto di impugnazione siano depositati, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l’elezione di domicilio e, quando si sia proceduto in assenza dell’imputato, lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, non comportano alcuna limitazione all’esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all’imputato, ma solo regolano le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà riconosciuta al suo difensore, sicché essi non collidono né con il principio della inviolabilità del diritto di difesa, con la presunzione di non colpevolezza operante fino alla definitività della condanna, né con il diritto ad impugnare le sentenze con il ricorso per cassazione per il vizio di violazione di legge». (si vedano anche Sez.4, n.43718 del 11/10/2023, Rv. 285324-01; Sez. 4, n.47032 del 15/11/2024, n.m.; Sez.3, n.46764 del 09/07/2024, n.m.). Il Collegio, richiamandosi ai principi espressi dalla Suprema Corte, ribadisce la manifesta infondatezza della prospettata questione di
legittimità costituzionale dell’art. 581, commi 1-ter, cod. proc. pen., in quanto la previsione normativa de qua non comportava alcuna effettiva limitazione all’attività difensiva ed alla pienezza del diritto all’impugnazione, rimanendo entro i limiti della discrezionalità del legislatore nell’utilizzo di strumenti processuali funzionali a corretto e tempestivo esercizio della giurisidizione.
Per le considerazioni sin qui esposte si rigetta il ricorso e si condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma in data 19 novembre 2024
Il Consigliere estensore